martedì 21 settembre 2010

questo blog è chiuso.
ringraziamenti, baci ed abbracci per tutti.

lunedì 26 luglio 2010

Costa Morena

Caro diario,

sono in una terra in fermento, tutto si muove. sembrerebbe che anche le pietroline che compongono l'asfalto non hanno più voglia di restare dove sono, cioè nell'asfalto per terra, e vorrebbero cambiare posizione nel mondo urbano dei compaesani.

si sente da un lato una spinta forte ed emozionante nella quale alcuni sperano, dall'altro un pò di rassegnazione per quel blob che, incorporando le proprie vittime ad ogni suo passaggio, diviene sempre più grande.

volevo anche dirti, caro e stimato diario sempre pronto ad ascoltarmi, che l'altro giorno mi sono avventurato sulla costa a nord della centrale federico secondo di cerano. se mai dovesse capitarti, facci un giro, è quasi un dovere che si ha nei confronti della propria residenza. non c'è un granché da vedere, si tratta di una "no mans land", impianti chimici e scarichi molesti che scaricano molestamente nel mare sostanze che, se ricordo bene, mi è stato detto chiamarsi mutagene, nel senso che a contatto con altre forme di vita ne modificano i loro geni, e poi è tutto un casino.

ettari ed ettari di terra abbandonati insieme ai loro casolari per i quali non sapere il nome mi fa un pò vergogna; eppure io vengo da questa terra, io ce l'ho una terra! troppo grande la tentazione di immaginare come fosse fiorente e bella un tempo..

stranamente ascoltavo in macchina un pezzo che mi diceva "se t'inoltrerai/lungo le calate/dei vecchi moli", beh, mi sono inoltrato, ho visto una laguna, tanti isolotti che sarebbero potuti essere meravigliosi, ma invece colonizzati da attrezzature, macchinari, impianti, moli e pescatori che pescano in quei moli con tanto di interdizione alla pesca, alla mollusco coltura (in sostanza cozze), alla balneazione e, in alcune zone, anche alla respirazione dell'aria.

cartelli con divieti d'accesso in zone militari, telecamere sicuramente non funzionanti, desolazione, una palla rossa che a ovest inizia ad arrossirsi dipingendo uno dei tramonti più macabri cui abbia mai assistito.

tanta gente lavora dentro questi impianti tipo detroit, tanta gente magari non è poi così felice di lavorarci dentro. la spinta del sistema sta portando le aziende a ricominciare il ciclo di sviluppo in territori che ancora non lo conoscono, tipo albania o senegal, quasi a dire che qui non c'è più molto da fare, non conviene più produrre. ringraziamoli, hanno elevato il nostro standard economico pro-capite e martoriato la nostra costa facendo qualcosa alla cazzo di cane. la questione è più o meno sempre la stessa, pensarci prima.

bref, non voglio cadere nei soliti giri di parole, caro e stimato diario perchè sono cosciente che in quel caso smetteresti di essere il mio diario, volevo essere sicuro di lasciare un segno da qualche parte di ciò che ho visto, possibilmente stimolare la curiosità di qualcuno a spingersi verso quei luoghi.

da parte mia, non l'avevo mai fatto in 26 anni di vita ed adesso che ho incartato tutte queste parole, posso finalmente concludere con quelle semanticamente più adatte:
scioccante-sconvolgente-macabro-che fa innervosire-che ci mette a confronto con l'impotenza di fare qualcosa- offeso-raggirato- si promette si mantiene a volte- scombussolante-nascosto- sterminato- sgarrupato- incolto-ribrezzo- incazzato- andate a fare in culo tutti, ma proprio tutti!

giovedì 22 luglio 2010

in ferie dalle ferie in fìeri

Di nuovo seduto su quel divano invernale che vestito di un lenzuolo di cotone cerca di fare l’estivo senza grandi risultati.
Una leggerissima brezza si sente nell’aria grazie alle finestre non del tutto aperte per non far entrare il caldo in o far uscire il fresco da casa, e permette l’esistenza degli esseri viventi tra cui il sottoscritto. Steso boccheggio e rubo aria a questa corrente che accarezza la polvere dei mobili immobili, solo il lampadario gira a vuoto senza farsi notare con tutti i suoi 40 watts di timidezza.

Cerco di rimediare ad una notte fatta di sonno superficiale per opposizione a profondo, ma basterebbe dire non vero.
Le palpebre socchiuse e percepisco come i movimenti di ciò che mi sta dentro: un flusso di memorie un po’ oniriche ed impolverate come i mobili vengono a galla in superficie, la mia coscienza sprofonda, finalmente, in un sonno vero, ma basterebbe dire profondo per opposizione a superficiale.

Solo una cosa mi spiazza, l’orologio sul muro eternamente fermo sull’una e trentacinque, forse antimeridiane, ha ripreso a ticchettare e sembra quasi fare compagnia a quel ronzio del frigo che ha tenuto invece a me compagnia per un numero spropositato di notti.

giovedì 1 luglio 2010

!

questo blog è in ferie.

sabato 12 giugno 2010

le trasparenze di enza

ivo camminava per il lungo lago, osservava la gente ed il loro modo di camminare, di vestirsi, di sorridere, di tenersi per la mano o prestare attenzione ai piccoli che trotterellavano intorno.

si divertiva ad indovinare chi fra la gente ferma in dei punti strategici lungo il parchetto della riva ovest del lago fosse un pusher. cercava di capirlo dalla postura, dal modo di guardare i passanti prima che fossero loro stessi ad annunciarsi con un inconfondibile movimento del capo o schiocco della bocca, delle labbra, come se stessero richiamando un gatto.

si sentiva che sentiva guardando la città che galleggiava fra l'azzurro del lago e l'azzurro del cielo, la città "flottante" che offriva come massime punte della sua architettura i due campanili della cattedrale protestante.

la tranquillità fu turbata dall'ancheggiare di una donna, quasi elegante, con un vestitino verde appiccicato addosso che lasciava trasparire le forme del suo corpo che, detto tra noi, non era neanche un granché, tuttavia si faceva notare: i capelli sulle spalle, le scarpe aperte, i seni generosi come la scollatura, l'aderenza del vestito che lasciava poco spazio all'immaginazione, specie se in controluce. la battezzò enza per via dell'assonanza con trasparenza.

il suo corpo scoperto e la reazione degli ancora assopiti occhi dall'invernata coperta, quelle forme ancheggianti, quella civetteria visiva che durante la stagione fredda non era altro che rumore di tacchi e dunque civetteria uditiva - per inciso vi dico che non v'è nulla al mondo che civetta di più del rumore dei tacchi in quanto tale - lo scossero, lo agitarono.

guardando il jet d'eau che si issava a 120 metri o forse più, capì che presto, come per tutte le cose, si sarebbe abituato anche alla vista di eventuali e future trasparenze di eventuali e future enze..

martedì 1 giugno 2010

la festa della repubblica italiana

allora occorre un attimo intendersi.
domani è la festa della repubblica, salvo confusioni con il 25 aprile, ma ne sono abbastanza certo, domani è la festa della Repubblica Italiana.

Mi sento italiano assai, mi sento italiano all'estero, ecco perché mi sento italiano. è la solita storia che le cose le capisci solo quando non le hai più, e non intendo sviluppare oltre l'argomento, potrebbe portare a dei pipponi di cui non voglio essere fautore, sostenitore e/o vittima.

però è vero che da un punto di vista internazionale facciamo abbastanza cagare, visto come stanno le cose a casa nostra, ma questo lo lascio dire a chi ne capisce e si occupa di queste cose. per quasi tutto quello che pensi, spesso, c'è sempre qualcuno che lo ha già pensato oppure, addirittura, che per lavoro pensa, analizza e dice, utilizzando vari metodi di comunicazione, quel qualcosa che tu pensi essere un divano su cui accomodarsi, spaparanzarsi e guardare la gente che non ha capito, o magari che semplicemente se ne frega ed ha il buono o cattivo gusto di compiacerti.

qui stiamo parlando delle certezze, dei luoghi del sapere che per quanto sono risaputi, sono diventati comuni. così si può parlare di "Piazza Italia che va a rotoli"che con il tempo i cittadini hanno incominciato ad abbreviare con un semplice Piazza Italia. I meccanismi di evoluzione dei concetti, delle parole, dei modi di pensare mi spaventano perché sono incerti, imprevedibili.

se riseco a tirare le somme di questo sfogo pomeridiano, dovrebbe saltar fuori una cosa di questo genere che, in quanto io appartenente ad una cerchia sociale sicuramente categorizzabile, mi prendo la libertà di pluralizzare:

le certezze sono molto comode ma per un cazzo interessanti, spesso annoiano e ti rammolliscono il cervello.
le incertezze sono affascinanti, ma spaventano in quanto imprevedibili e scomode.

sviluppando ulteriormente diviene:
le certezze sono dei materassi ad acqua, le incertezze sono dei puff.

venerdì 21 maggio 2010

mi manca un Mi, o forse è La minore

stasera o stamattina, non fa poi tanta differenza, vorrei parlare del mio rapporto di amore odio con le biblioteche.

le ragioni di odio surclassano quelle dell'amore in quantità, ma il secondo è un sentimento più nobile e quindi, anche se in minoranza, oppone una forte resistenza qualitativa.

partiamo dal presupposto che se sei in una biblioteca per dovere sei già scazzato.

ve ne sono alcune, abbastanza grandi, nelle quali se cerchi un libro per consultazione o addirittura per prenderlo in prestito, devi rispettare degli orari del tipo entro le e venti di ogni ora devi richiedere il testo che ti serve ed a e venti dell'ora successiva ti sarà consegnato tra le mani. le biblioteche più sofisticate, quelle che se la tirano, hanno addirittura un tabellone con i numerini che si illuminano e, se il numero che hai tra le mani che ti è stato dato al momento della richiesta si illumina, vuol dire che devi recarti al bancone per ritirarlo.

altre invece, meno esagerate, propongono la stessa qualità bibliografica ma richiedono di andarti a prendere da solo i volumi ricercati fra gli scaffali che si distendono davanti a te, a perdita d'occhio, come ordinati e selvaggi pannelli solari.
ora se le biblioteche del primo tipo ti spezzano il ritmo, quelle del secondo hanno anche loro i loro lati negativi.

ciò che voglio raccontarvi ha a che fare con le biblioteche del secondo tipo.

tradizione vuole che quando ricerchi un volume devi recarti alla apposita colonnina informatica della banca dati per interrogare il sistema e vedere se il volume che ti interessa è presente oppure, altre volte, per saggiare semplicemente l'offerta della biblioteca rispetto all'argomento che devi o, nelle migliori delle ipotesi che non appartengono a questo mondo sensibile, vuoi trattare.

capita che trovi il volume che ti interessa e devi giusto o stamparti la pagina, ma la coda alle stampanti è sempre consistente, oppure riportare sul primo pezzo di carta che ti ritrovi gli estremi di ciò che cerchi, sovente una serie di numeri e lettere abbastanza incomprensibili. capita a volte che il suddetto pezzo di carta non sia nelle prossime vicinanze del tuo corpo ed allora trascrivi l'identificativo sulle mani, sudate in maniera direttamente proporzionale allo scazzamento, ed è difficile, visto il presupposto da cui siamo partiti, che esse non siano sudate.

sei accurato, riporti tutto od almeno credi, ti rechi allo scaffale dopo una ventina di minuti di passeggiata disorientata fra volumi di tutto il mondo e ti accorgi che alle coordinate che hai riportato sulla tua mano corrispondono una cosa come cinquanta volumi. tenti la fortuna, capisci di non essere fortunato, ti accorgi della grandezza dell'impresa che hai intrapreso, e ti rechi sconfitto nuovamente verso la colonnina della banca dati.

scopri abbastanza contrariato che sarebbe bastato ricordarsi di riportare "J KOT" e avresti già avuto il tuo volume tra le mani. Altre volte succede con l'anno che, non si sa per quale connessione sinoptica il tuo cervello ha deciso che sia 2004 ed invece il volume che cerchi è del 2005.

dopo la verifica, trionfante ti rechi allo scaffale e scorri aiutandoti con l'indice i volumi alla ricerca di CA/CH blblblà J KOT. ovviamente il volume che ricerchi non c'è ed è il terzo che cerchi e che non è fra gli scaffali. provi non perderti d'animo, esci a fumare una sigaretta di decompressione, lasci che la riflessione, classica di chi scopre che qualcuno stia potendo fare la stessa cosa che stai facendo tu ed offensiva del proprio ego per un difetto di unicità che può derivare dalla possibile replica di ciò che fai per il tramite di qualcun altro, ti sfiori debolmente senza lasciare troppo il segno.

rientri dal cortile riservato alle sigarette con il solo volume trovato sui quattro ricercati e ti incammini verso il tuo banco ricoperto di fogli come un puzzle da comporre.

è tardi, hai l'illuminazione di fotocopiare le parti che ti interessano perché, ovviamente, è quasi impossibile che il libro che ti interessi non sia escluso dal prestito. comunque ciò che importa è che, nell'eventualità avessi potuto prenderlo in prestito, avresti comunque dovuto lasciare le pagine immacolate ed intonse, perché sei una persona civile ed hai rispetto per i posteri che poseranno sulle medesime pagine i loro occhi ed attiveranno le loro meningi per effetto degli stimoli visivi suscitati dalla combinazione di segni stampati sulle medesime pagine. ti auto-convinci della validità e necessità di fotocopiare le parti del libro che ti interessano.

ti alzi soddisfatto noncurante dell'orario e di qualsiasi riflessione sull'impiego effettivo del tempo, dopo tutto anche le partite di calcio durano 90 minuti ma il tempo effettivo di gioco non supera mai i 40 minuti.

entri nello stanzino della fotocopiatrice ed hai l'impressione di essere in un film di sergio leone dalla colonna sonora che risuona fintamente nelle orecchie e si materializza nei sibili della tua bocca semiaperta.
ti fai coraggio, apprezzi la grandezza del libro che hai fra le mani e decidi bene di impostare il mostro meccanico con una riduzione della pagina al 93%, basterà ti dici. invece scopri che no. concedi alla tua pazienza altri 6 punti percentuali e ti accorgi di nuovo che non basta, mancano sempre delle lettere. decidi di tributare alle mancate potenzialità della fotocopiatrice qualche decimo della tua vista in cambio di una riduzione al 70%. ti senti offeso di controllare, basterà ti dici di nuovo imponendoti di non controllare! fai le trenta pagine di fotocopie che ti servono e, solo alla fine, dopo circa 45 minuti passati davanti all'infernale aggeggio, scopri che le pagina fotocopiate, oltre che scarsamente leggibili per via della risoluzione, mancano sistematicamente delle prime 4 lettere di ogni riga in senso verticale.

provi a mantenere la calma e ti dici, a quel punto, che hai il diritto di mandare tutto a cagare e di rimandare le operazioni al giorno dopo confidando nel fatto che la notte porta consiglio e visualizzandoti il mattino dopo, alle otto in punto, fresco di letto, nuovo lì: tutto andrà per il verso senza nessun problema, perché a quel punto avrai più esperienza.

capita spesso che gli esseri umani si dicano lo farò domani, e la cosa non sorprende, ma il fatto che lo facciano fiduciosi che il giorno dopo tutto sarà diverso è abbastanza irrazionale, fatto sta che funziona.

te ne vai ed hai una gran bella festa cui presenziare quella sera e, anche se la riduci al 70%, sarà altamente improbabile che la mattina dopo, alle otto in punto, sarai di nuovo lì, perché fondamentalmente è in dubbio anche il solo fatto che ti sveglierai, il giorno dopo, di mattina.

e come recita rossella 'hoara- e segnalo che all'estero il suo personaggio si chiama scarlett -: dopo tutto, domani, è un altro giorno.

lunedì 17 maggio 2010

rassegna rassegnata, nessune dimissioni

ammetto di essere rimasto un pò deluso, gli occhi appiccicati e il caffé sul fuoco, mentre le pagine di repubblica, corriere, il sole ed il giornale (è bene sempre avere una visione più ampia), apparivano sullo schermo.

il governo non è caduto, ma giuro che ieri sera, dai titoli sembrava un buon preludio, ma nulla.

campeggiavano dappertutto titoli ed immagini sull'Afghanistan: non ho le competenze e la preparazione per parlarne e quindi ci stendo sopra un rispettoso e preoccupato no comment.
Ero interessato soprattutto alle questioni interne ed ho trovato qualche sporadica referenza ad una storia di pensioni ed alla ritardata possibilità di affaciarvisi dentro, sarebbero queste le finestre, e vorrei sottolineare che "porte" forse sarebbe stato più appropriato, ma meno figo. lo scudetto all'inter, ma non ne vale più la pena di guardare le fotostorie del campionato o addirittura le immagini perché durante il campionato se ne fa indigestione, non voglio entrare nel merito di discussioni sportive che francamente mi annoiano. l'euro e la sensibilità emozionale dei mercati, perché questo è il problema e questa è la sua delizia, il fatto che la gente pensi che se si immettono dei fantastiliardi per rattoppare una situazione che sta degenerando sia una cosa che dura un giorno, o che dico, tre ore.

ho passato varie notizie in rassegna, alcune personalmente meno interessanti perché non apportavano nulla di nuovo a quello che già dicevano, thailandia, petrolio, nadal che batte federer a madrid, la nube che ha stancato, l'uranio in turchia ed il presidente iraniano che mi fa ribrezzo, ma è un diritto che si ha di fare ribrezzo agli altri, ed a volte anche a se stessi.

una cosa l'ho trovata di interessante, la natura umana ti riserva sempre delle sorprese, all'unanimità fra l'altro..

giovedì 13 maggio 2010

meterepatia, quanti neuroni mi porti via

come ogni spirito umano fa quando si protrae una situazione che sta, perdonate il termina ma ci sta, sul cazzo, mi chiedo se non sia una maledizione, se non ci sia in atto una congiura, se qualcuno o qualcosa ce l'abbia con me.

ora mi si dovrebbe spiegare come mai è da tre, dico tre, settimane che puntualmente al mattino, a qualunque ora, magari nel fine settimana nel pomeriggio, quando mi sveglio, vado per aprire la tenda, di cui vi parlerò fra breve, e scopro delle pozzanghere d'acqua sul balconcino, e mi incazzo, per poi terminare l'incazzatura volgendo gli occhi al cielo ed assumendo, senza nessuna aria di sorpresa, l'espressione facciale de "ma andate a cagare voi le nuvole e tutto il resto!".

una piccola parentesi sulle tende: quelle che ho qua sono una meraviglia della tecnica, dall'interno hai un braccio meccanico che ti permette di tirarle su o giù e, soprattutto, di cambiare l'angolazione delle strisce di cui sono composte, per fare entrare o meno la luce da fuori, con un semplice movimento rotatorio quando oramai sono completamente dipanate lungo la superficie della finestra e sono chiamate a svolgere la loro funzione di tende.
sto cercando sul vocabolario il nome di questo tipo di tende e gli affari di cui sono composte, ma non sto trovando nulla, proverò a descriverle: sono fatte da tante strisce di una lega non meglio identificata, abbastanza flessibile, e fra una striscia e l'altra intercorre dello spazio, l'unica cosa continua sono i fili alle due estremità. avete capito? il prototipo è quello delle case della nonna o, per i meno fortunati, delle proprie case, per l'uso del quale è necessario un corso intensivo perché l'inclinazione giusta per far ritornare giù la tenda è qualcosa che si può apprendere solo dopo anni ed anni di esperienza; al posto del mio attuale braccio meccanico ci sono due fili, a volte legati insieme alla fine da un nodo plurimo direttamente proporzionale al tempo di utilizzo ed inversamente proporzionale all'età delle mani che utilizzano la tenda. si faceva e si fa, perché ne esistono ancora, tutto attraverso quei due fili, tiri su, tiri giù, inclini, tutto in base all'angolo di apertura del tuo braccio rispetto al punto da cui discendono i due fili. altra cosa odiosa è rumore che produce lo strofinio delle strisce contro i muri nelle giornate di tramontana o forte scirocco, da accapponare la pelle. mi successo in passato di accanirmi contro quelle tende a mezzo pallonate, ma era tutto inutile, con un semplice tocco le strisce ritornavano uguali, il segreto stava e sta nel materiale (un materiale simile che mi viene in mente è: vi ricordate quei braccialetti semi-rigidi che a contatto con il polso si arrotolavano su se stessi e che probabilmente poi vennero interdetti dalle istituzioni europee perché ad un certo punto ci furono non so quanti bambini che si tagliavano fisso i polsi con le vene dentro e tutto il resto? insomma tipo così..). per me, comunque, il funzionamento di quelle tende rimane un mistero e, se qualcuno abita in case con quel tipo di tende, devo davvero fare uno sforzo per entrarci.

Ritornando al discorso iniziale, digressioni permettendo:
cerco quindi di sbollentare l'incazzatura mattutina con il benessere causatomi dall'avere io delle tende semplici da usare, ma non basta, come non basta il caffé e tutto il resto. prima di gettarmi a piene meningi nella giornata, mi ripeto che non sono metereopatico, che se sono ostile verso il mondo non è perché è da tre settimane che non fa altro che piovere - che da un punto di vista logico è una situazione nella quale non cambia nulla come se da tre settimane ci fosse sempre il sole senza variazioni, ma il mito della logicità e della razionalità è tramontato con l'umanesimo, quindi lasciamolo stare nel passato - ma è perché, che ne so, ho dormito male: otto ore sono state troppe (altra spudorata cazzata che provo a ripetermi senza crederci tanto e che prima o poi la si dovrà finire con questa storie che il troppo sonno fa male!). Per di più non ho neanche la piccola consolazione del "tempo di permanenza esatto del biscotto del latte in modo che non si rompa e lo si perda irreparabilmente nella tazza" perché è un tipo di colazione invernale quella, il suo corrispettivo estivo, "il tempo di permanenza esatto della frisella nell'acqua in modo che non si sponzi troppo" è un'attività crepuscolare e, diciamocelo, che cazzo di crepuscolo è se è sempre tutto grigio? e poi, a quel punto, che consolazione è se sei quasi arrivato in fondo alla giornata?

oggi comunque qui è come se fosse domenica, si festeggia la pentecoste, una festa inizialmente ebraica e poi cristiana, una festa mobile come le tende, che cade dopo cinquanta giorni dalla pasqua e, visto che anche la pasqua è mobile, hai bisogno di una formula algebrica che tenga conto dell'altezza o della bassezza della pasqua per calcolare quando cadrà, tenendo ben presente che se la prima viene buona, verrà buona anche la seconda.

domenica 9 maggio 2010