sabato 12 giugno 2010

le trasparenze di enza

ivo camminava per il lungo lago, osservava la gente ed il loro modo di camminare, di vestirsi, di sorridere, di tenersi per la mano o prestare attenzione ai piccoli che trotterellavano intorno.

si divertiva ad indovinare chi fra la gente ferma in dei punti strategici lungo il parchetto della riva ovest del lago fosse un pusher. cercava di capirlo dalla postura, dal modo di guardare i passanti prima che fossero loro stessi ad annunciarsi con un inconfondibile movimento del capo o schiocco della bocca, delle labbra, come se stessero richiamando un gatto.

si sentiva che sentiva guardando la città che galleggiava fra l'azzurro del lago e l'azzurro del cielo, la città "flottante" che offriva come massime punte della sua architettura i due campanili della cattedrale protestante.

la tranquillità fu turbata dall'ancheggiare di una donna, quasi elegante, con un vestitino verde appiccicato addosso che lasciava trasparire le forme del suo corpo che, detto tra noi, non era neanche un granché, tuttavia si faceva notare: i capelli sulle spalle, le scarpe aperte, i seni generosi come la scollatura, l'aderenza del vestito che lasciava poco spazio all'immaginazione, specie se in controluce. la battezzò enza per via dell'assonanza con trasparenza.

il suo corpo scoperto e la reazione degli ancora assopiti occhi dall'invernata coperta, quelle forme ancheggianti, quella civetteria visiva che durante la stagione fredda non era altro che rumore di tacchi e dunque civetteria uditiva - per inciso vi dico che non v'è nulla al mondo che civetta di più del rumore dei tacchi in quanto tale - lo scossero, lo agitarono.

guardando il jet d'eau che si issava a 120 metri o forse più, capì che presto, come per tutte le cose, si sarebbe abituato anche alla vista di eventuali e future trasparenze di eventuali e future enze..

martedì 1 giugno 2010

la festa della repubblica italiana

allora occorre un attimo intendersi.
domani è la festa della repubblica, salvo confusioni con il 25 aprile, ma ne sono abbastanza certo, domani è la festa della Repubblica Italiana.

Mi sento italiano assai, mi sento italiano all'estero, ecco perché mi sento italiano. è la solita storia che le cose le capisci solo quando non le hai più, e non intendo sviluppare oltre l'argomento, potrebbe portare a dei pipponi di cui non voglio essere fautore, sostenitore e/o vittima.

però è vero che da un punto di vista internazionale facciamo abbastanza cagare, visto come stanno le cose a casa nostra, ma questo lo lascio dire a chi ne capisce e si occupa di queste cose. per quasi tutto quello che pensi, spesso, c'è sempre qualcuno che lo ha già pensato oppure, addirittura, che per lavoro pensa, analizza e dice, utilizzando vari metodi di comunicazione, quel qualcosa che tu pensi essere un divano su cui accomodarsi, spaparanzarsi e guardare la gente che non ha capito, o magari che semplicemente se ne frega ed ha il buono o cattivo gusto di compiacerti.

qui stiamo parlando delle certezze, dei luoghi del sapere che per quanto sono risaputi, sono diventati comuni. così si può parlare di "Piazza Italia che va a rotoli"che con il tempo i cittadini hanno incominciato ad abbreviare con un semplice Piazza Italia. I meccanismi di evoluzione dei concetti, delle parole, dei modi di pensare mi spaventano perché sono incerti, imprevedibili.

se riseco a tirare le somme di questo sfogo pomeridiano, dovrebbe saltar fuori una cosa di questo genere che, in quanto io appartenente ad una cerchia sociale sicuramente categorizzabile, mi prendo la libertà di pluralizzare:

le certezze sono molto comode ma per un cazzo interessanti, spesso annoiano e ti rammolliscono il cervello.
le incertezze sono affascinanti, ma spaventano in quanto imprevedibili e scomode.

sviluppando ulteriormente diviene:
le certezze sono dei materassi ad acqua, le incertezze sono dei puff.