sabato 12 luglio 2008

di un pomeriggio sudato su di un divano usato e fuori stagione

inizia così certe volte: con un lento pulsare alla base del cranio, si espande alle tempie quando ormai è troppo tardi. tutto ciò dopo qualche lavoretto mattutino, o meglio pomeridiano del primo pomeriggio, libri spostati da qua e messi là, poi andranno da un'altra parte. ho l'abitudine di segnare luogo e data sulla prima pagina dei libri quando li compro, dovrò iniziare a scrivere, sui prossimi libri che acquisterò, che questa abitudine mi piace e non voglio perderla per un motivo semplice: lasciare il segno è bello. ovviamente quando riscopri le scritte guardandoci hai qualche ricordo che ti torna in mente, ma questa è la parte superficiale della storia. mi piace pensare a me che lascio il segno su qualcosa che ritroverò, mi piace pensarmi mentre l'ho fatto e, mentre lo faccio, pensare a quando lo rivedrò per caso. non è solo una mania, un altro vezzo del genere "amelie" e che non ha un perché, è qualcosa che cerco di non far sembrare importante, impegno la mente in un pomeriggio settentrionale, afoso e mal sintonizzato. le realtà pensate o immaginate ti emozionano comunque anche se sei rinchiuso in casa a parlare con i muri. Gli stessi muri che hanno visto tante persone e tante cose passare, hanno sentito profumi di donna e puzza di scarpe, fos-spaltai, sono stati ricoperti di poster e poi denudati, grattati dipinti e ridipinti, ridipinti ancora. stanze e pavimenti che mi danno l'impressione di sentirmi in uno spazio mio, vestiti vecchi e nuovi, scarpe senza lacci, borse e borsoni, quaderni ricoperti dalla polvere del primo anno di università. e poi ancora polvere tanta polvere, dio solo sa quanta polvere hanno visto questi muri. dimenticavo le scale, i quattro semplici piani lungo i quali ho trasportato in su ed in giù ogni sorta di genere alimentare, elettrodomestico o pezzo da arredo-design. ho trasportato alcolici, droga, me stesso vestito in vario modo e me stesso nudo in certi casi,me stesso con le sigarette in tasca, una sigaretta fra le dita, senza sigarette, con un mozzicone di qualunque cosa in bocca ad aspirarne gli ultimi tiri. ancora mi diverto, mentre salgo e scendo, a sputare sui pianerottoli dei condomini poco graditi e a lasciare il masticante sul passamano, proprio all'inizio di ogni rampa dove, secondo i miei calcoli, è più probabile che si posi la mano della vittima. guarda un pò di cosa sono finito a parlare, mi sono perso in digressioni...dicevo che inizia così il mal di testa forte, così forte da non farti sopportare l'aria "libiamo ne' lieti calici" della traviata. allora spegni anche lo stereo e cerchi di trovare un pò di spazio nel cartone dei cd, anche loro da là finiranno da un'altra parte, ma non hanno tanti segni, se vogliamo escludere le poco nobili copertine scritte a mano di quelli masterizzati, dunque poche pippe mentali sulla storia dei segni, una al giorno, nel pomeriggio caldo, è più che sufficiente. Mi sembra quasi indegno di voler racchiudere ciò che è successo fra queste mura con qualche riga, solo perché questo pomeriggio mi gira di scrivere della casa in cui ho abitato un certo numero di anni. sì, quasi indegno, per certe cose è molto più bello e poetico conservare degli schizzi, è lì che risiede l'intuizione, l'idea prima che si ha di qualcosa, ciò che si esterna di noi ma che è ancora semilavorato, il subfornitore inconscio del conscio, così la sparo grossa e non ne parliamo più!
adesso vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi fra qualche giorno, saltare il tempo o magari saltare lo spazio in poco tempo. vorrei che smettesse questo mal di testa e rinfrescarmi la gola con un bel boccale di birra ghiacciata, questa si che è una bella parola, ghiacciata, lo ridico ancora, ghiacciata, chissà che non mi aiuti a passare dal tardo pomeriggio ad una serata di brezza, una brezza così fresca da farmi andare a cercare una maglia in un altro scatolone pieno di vestiti, quei vestiti che con me hanno salito e sceso le scale di via cimabue.

martedì 1 luglio 2008

pesto, non alla genovese


per ritornare in tema di sopracciglia corrugate e giusto per trovare un argomento originale, vi dico che il caldo mi uccide. sento la calura che spazia nella mia mente vuota ed inerme a ciò che succede fuori. il sudore aiuta a concentrare, l'ho detto in passato, ma se nella testa non hai neanche l'embrione di un pensiero, il caldo serve a ben poco. lo puoi giusto usare come capro espiatorio, ecco, per tutto è sempre e solo colpa del caldo. ora provo a mangiare qualcosa che non sia acqua frizzante.