venerdì 19 dicembre 2008

8:oo a. m.

si è vero, è un pò di tempo che non ho cose da dire; è un pò di tempo che la routine mi sta ammzzando di piacere perché i giorni scivolano via senza che me ne accorga, senza peso e senza pensieri, senza preoccupazioni particolari. mi confronto con la mancanza e la progettazione per la quale non mi sento molto tagliato, però ci provo.
continuo ad indossare gli stessi vestiti da settembre perché la temperatura non è cambiata e mi stupisco ogni volta innanzi allo stupore, anche quello costante perché si verifica ogni volta, di coloro che vedendomi in giacca mi avvisano che sono leggeretto, che è "sempre dicembre" ed io rispondo con uno sguardo teso ad esprimere a pieno i 18 gradi esterni al mio corpo, e poi scuoto la testa in su ed in giù: sì diciotto gradi hai capito bene! muoio dalla voglia di andare a vedere il colore del mare in questo periodo, ma proprio no mi avanza tempo durante il giorno e, francamente, non avrebbe tanto senso andare a vedere il mare di notte, a parte l'effetto suggestivo di qualche lumino a terra,si ridurrebbe il tutto ad una distesa oscura che fa un rumore rilassante (beh mica poi tanto male). una cosa ho capito e sto capendo, anche se sono spesso in ritardo, soprattutto nel capire le cose: l'ansia mi rilassa!

mercoledì 10 dicembre 2008

llà

attenzione a non sbagliare barbiere, ci si può ritrovare con il viso stagliuzzato con macchiette sparse di sangue coagulato. attenzione a non dare troppo retta a ciò che ti si dice in maniera leggera, se quello che ti si dice assomiglia a quello che temevi significa che quello che temevi era una stronzata leggera. a volte, invece, è proprio vero che bisognerebbe riflettere un attimo prima di parlare, pensare che ciò che si dice proviene da se stessi, non è solo un contributo che si dà a chi sta fuori e che vive di vita prorpia. azione reazione conseguenza, buongiorno.

domenica 7 dicembre 2008

di questi tempi, almeno l'altisonanza

questo grido il vessillo
la fiamma d'amore e di fede
di dovere cui lor fiorenti vite
sacrarono di questa san pietro vernotico

lunedì 24 novembre 2008

stato di abbandono

come tutte le cose, ma io mi sono chiesto e mi chiedo : come si fa ad iniziare qualcosa ed essere costanti? è poi così difficile? sarà forse il cielo nuvolo, così grigio e compatto che pare tapparti le emozioni - ammesso che esista un punto dal quale esse escono fuori - e ti fermenta tutto dentro. vorrei avere un naso sensibile agli odori dell'anima, passeggerei per strada e sarebbe per me sempre san martino, tipo il "cielo sopra berlino", ma gli angeli sentirebbero gli odori di ciò che pensa e prova la gente, non le parole. vi sarebbe poi tutto un problema di deontologia, cosa per la quale non mi sento pronto, dunque non mi resta che aspettare un raggio di sole, godendo dell'invecchiamento di ciò che porto dentro sedimentato assieme a pochi ingredienti personali: ciocche di capelli biondi e pelle candida più candida della pelle candida di biancaneve, dita affusolate con anelli dorati ed unghie rosse di smalto, guance dalla capacità contenitiva inverosimile, capelli ricci, qualche amico e la bava del mio cane.

mercoledì 12 novembre 2008

they don't speak for us

l'annuvolamento del pomeriggio non è d'aiuto all'umore, ed è subito sera disse Qualcuno.
sta finendo il momento nel quale ho delle certezze sulle quali far poggiare le mie opinioni, riguardo a tutto, anche alla più semplice delle questioni mi viene da rispondere con quella smorfia della faccia che butta giù le estremità della bocca e contrae i muscoli del mento, bah, sospirando. inizio ad aver paura della comunicazione e più di tutto della comunicabilità. non avevo mai pensato quanto fosse difficile farsi capire, capire come farsi capire dagli altri e, in definitiva, capirsi. il prossimo dramma, dopo l'inquinamento e la crisi dell'acqua, se un mondo ancora esisterà, sarà la comunicabilità. quanto è difficile riportare un'atmosfera con le parole, una sensazione, un intendimento, un barbaglio dell'istinto, quanto la comunicazione non verbale ci attanagli il cervello, non dico nell'esprimere, ma soprattutto nel comprendere ciò che ci viene detto. ho l'impressione che esistano mille strati delle cose, della realtà, mille verità e nessuna verità. la conclusione del circolo di pensieri è sempre quell'espressione di cui sopra. forse anche noi umani avremmo bisogno di andare in letargo, di prenderci una pausa e riflettere al calduccio della nostra tana, portandoci tutto al seguito, ovviamente, i vizi non vanno mai trascurati. in un ambiente che non ci comunichi niente, che non ci dia sensazioni particolari, in astratto pensare veramente dove vogliamo arrivare, cosa vogliamo fare, se la parola coerenza è solo un vezzo che si usa quando si criticano gli altri oppure è uno strumento che serve per vivere a noi. tutto quello che mi sta venendo fuori in questo pomeriggio, forse, tocca temi molto più grandi di me, forse, anzi sicuramente, altri lo hanno trattato con molto più acume di me, ma io non li ho letti o non li ho capiti o non li ho ascoltati, per la prima volta mi sento turbato senza sapere esattamente perché, semplicemente perché intravedo dei contrappesi che non fanno il loro dovere, che non mantengono l'equilibrio ed io sto cadendo dal filo, giù negli abissi dell'incertezza verso tutto. non lo so quanto serva spegnere questo computer e continuare ad occuparmi di niente in particolare in maniera superficiale, godendo del piacere superficiale che mi dà farlo. nell'attesa di raffinarmi l'arsenale critico con cui affronto la realtà, praticherò lo stretching dei muscoli del mento, mi hanno detto, tra l'altro, che serve a prevenire il doppio mento.

mercoledì 29 ottobre 2008

fiori gialli di rughetta selvatica

un gallo bianco lungo il ciglio della strada che zompetta per rientrare aldilà della bassa rete, il canto delicato e talvolta acuto degli uccelli di campagna, ci siamo, sono uscito dal centro abitato.

il pomeriggio è tiepido ed il cielo leggermente velato, il sole disegna delle macchie di leopardo sul terreno sul quale spuntano maestosi i centenari alberi di ulivo. fra le foglie i raggi, visti in controluce, formano delle stelle brillanti che colorano di sfumature il verde delle foglie. l'erba spontanea che ricopre tutti i terreni pare arredare meglio la campagna e la terra sotto i piedi è morbida, accogliente.

metto la mano nel taschino ed inizio a prendere foto di ciò che mi circonda. i tronchi contorti formano dei buchi attraverso i quali si può guardare il mondo da un'altra prospettiva, il silenzio interiore è interrotto da sensazioni di piacevolezza ed armonia.
l'odore della campagna mi riporta alla "rimesa" della casa dei nonni. continuo a camminare e mi accorgo che le piante di fichi d'india, rinsecchite, quasi si inchinano ossequiosamente al mio passaggio solitario.


mi viene da pensare a quando riguarderò le foto, a come un così bel momento resterà un ricordo beffardo, quasi vile nel suo silenzio immobile e privo di odori.

Questa mattina- mentre mi recavo in quel palazzo dal quale le parole escono fuori dalle finestre, come fossero note di uno spartito ripetuto all'infinito che si staccano dal foglio, esse si staccano dai fogli, vincono la resistenza dei timbri e dei fermacarte, lettere volanti, una ciminiera di parole come il fumo che esce fuori dalla centrale a carbone visibile lungo il corso della strada, formano dei vortici sopra il cielo del grande edificio sul quale si legge "palazzo di giustizia"- mi hanno chiesto "ma cosa ti dà constatare il patrimonio, cioè perché?" ho risposto "lo faccio perché mi dà piacere, perché ti nobilita l'animo, credo". ho ottenuto come risposta un sorriso silenzioso, poi, tra me e me ho pensato che con la nobiltà d'animo non ci paghi neanche le marche da bollo! .

sabato 25 ottobre 2008

il colore delle caramelle mou

nella piazza centrale, lungo uno dei lati di essa, il cartello "sala da barba", con calligrafia pubblicitaria d'altri tempi nero su bianco, salta subito agli occhi, è quasi vetusto. una tenda a treccioline di spago lascia intravedere le sedie da barbiere e le sagome degli abitués, al centro della sala una figura quasi maestosa piegata sul cliente con i gomiti verso l'alto. sposto la tenda con il dorso delle mani e esordisco con un timido buonasera, affronto gli sguardi indagatori dei presenti, ho l'impressione di aver interrotto qualcosa, di aver rovinato l'armonia, persino quella figura che intravedevo da fuori, cambiando la sua posizione eterna, ora mi squadra. non ha l'ombra di un pelo sul volto, ha movimenti rapidi e precisi anche nel camminare, una ruga in mezzo agli occhi tra fronte e naso, gli conferisce l'espressione seria e sicura di colui che fa la barba agli altri. indossa il grembiule da lavoro e la pelle, dal pomo di adamo, scende in una cascata, due flussi di epidermide scivolano fino alla base del collo strozzato da una cravatta nera con cerchietti rossi e dorati, l'impressione, rafforzata dal labbro superiore appuntito, è che abbia fuori la testa dal guscio, come una tartaruga. lo sguardo è intenso insieme al colore castano degli occhi, sulla mano destra un anello in oro giallo troneggia sull'anulare, fra qualche minuto intravederò lo scintillare di quell'anello mentre il rasoio scorrerà sulla mia faccia. i capelli sparuti dal colore candido, come fili di nuvole stanno sul capo rotondo. la luce al neon tenuto da una catena che si biforca scendendo verso il basso, illumina la stanza: un lato composto da specchi ampi, di fronte due sedie da lavoro, il soffitto a volta, alto ed immobile, la radiocronaca delle partite di serie b conferisce all'ambiente un suo tempo, un cliente seduto attende il suo turno sfogliando "cronaca vera" e cerca di esporre la teoria secondo la quale l'ora legale sortisce effetto su chi studia e non su chi va ib campagna. resto in rispettoso silenzio ascoltando e osservando lo spettacolo di autenticità che mi si compie davanti agli occhi.
mentre mi rilassavo col capo riversato all'indietro, così come le pupille negli occhi socchiusi. i piedi sul poggia-piedi alto e comodo, una domanda mi è giunta come una lama di ghigliottina sulla nuca, mi ha riattaccato alla realtà che avevo abbandonato pensando di essere chissà dove e chissà in che anno-"sei forestiero?"- scuoto il capo in senso negativo-"e a chi sei figlio?".

venerdì 24 ottobre 2008

safari

prorpio l'altro giorno, mentre mi chiedevo come fossero fatte le camelie, ho avuto una specie di illuminazione. il gentil sesso ha questa visione delle cose ma non ne è cosciente, occorre dunque spiegarlo. il colore dei capelli di una donna è legato a doppio filo con il suo intestino. le leggiadre fanciulle non producono feci, esse sono intimamente convinte di espellere dal proprio corpo entità vegetali odorose, fiori per intendersi, ma questo lo ammettono solo dopo essersi cintrerate dietro la bugia che, semplicemente, loro non defecano. mi sarebbe piaciuto avere un pensiero riguardo la questione già da bambino, solo per vedere che tipo di fiori espellessero mia madre o mia sorella o magari le mie cugine, che coprono più o meno lo spettro dei colori di capelli possibili, tuttavia questa è una conquista che mi trovo a sistematizzare solo durante il mio glorioso 25esimo anno di età. dicevo che l'intestino di una donna è legato a doppio filo con il colore dei suoi capelli, o viceversa,il risultato sarebbe lo stesso, è il colore dei capelli, comunque, la variabile indipendente. dunque ho subito pensato che, nonostante non abbia mai visto come sia fatta una camelia, anzi fino a poco tempo fa pensavo fossero quelle spille con profili a mezzo rilievo, bianchi o crema su sfondo rosa antico, di donne con acconciatura ottocentesca -spero di aver reso l'idea-, le bionde espellano per via anale delle camelie bianche e, durante i riposi stellati, delle belle di notte che si aprono al contatto con l'acqua del water; mi sono chiesto che tipo di fiore potessero espellere le rosse, mi sono venuti in mente i glicini fuctsia, se esistono; le castane sicuramente dei tulipani di vari colori, per via delle sfumature che i tulipani hanno sulla punta dei petali, per una questione di riflessi; le brune delle violette a forma di campana. prendete la mia teoria per buona, ma se una notte vi svegliate e lasciate per qualche minuto la vostra partner rossa nel letto per recarvi al bagno e vi trovate un profumo di rose, dovete prendervela ed unicamente ed esclusivamente con la "mamma te li fiuri".

venerdì 17 ottobre 2008

un capocollo da capogiro

è proprio mentre gli occhi stanno per chiudersi o faticano ad aprirsi che sta quella sensazione di ovattato, quella sensazione che ti permette di pensare, riflettere, anche giudicare con un certo distacco: le cose che ti fanno felice ti lasciano indifferente e le cose che ti fanno soffrire si comportano nella stessa maniera. tuttavia ti dà buon umore, appena chiudi gli occhi, perché piombi in un sonno profondo con un leggero sorriso sulla faccia, emetti dei suoni muti con la bocca chiusa e ti stringi al cuscino, ed anche il giorno dopo, quando, riemergendo da sogni confusi e mattutini il cui ricordo si perde non appena si esce dal torpore, ci si risveglia piano piano, si esce dal limbo sorridendo, contenti della prestazione onirica, pronti per la giornata, ancora per un'oretta si cercherà il ricordo del sogno che ti stava piacendo, ancora per dieci miunuti si gusterà il café raffreddato del mattino, ancora una volta il piede sinistro sarà il primo a posarsi per terra insieme alle immancabili gocce di urina che, in preda ad una crisi, fuoriusciranno dalla trraiettoria cercando una morte più onorevole che non sia nel cesso.

venerdì 10 ottobre 2008

una chitarra da portar via

esiste il sole anche a berlino, è un piaere scoprirlo mentre hai la sensazione del calore sulla faccia. esistono anche e soprattutto dei momenti nei quali, come un fiume inarrestabile, le emozioni ti saltano fuori dalla bocca, dal naso dagli occhi e dalla pelle. è un piacere svegliarsi la mattina e sinteirsi dire che iil cuore batte piano, lentamente e differentemente dal solito, dalle mattine nelle quali aprivi gli occhi ed un tamburo minimal ti batteva nel petto, gli occhi sbarrati e le mani mai ferme, il sangue come una perrier ora è divenuto champagne, non tante bollicine, ma una sola ed elegante, parte dal fondo dell'anima e si dissolve in un sorriso nel momento in cui comincia il giorno.

martedì 23 settembre 2008

cerchio

si tratta di un giochino facile facile. qualcosa che ha a che fare con i manoscritti che viaggiano e, man mano che passano di mano, ognuno aggiunge dei pezzetti di una storia. libero arbitrio e connessione logica, anche per il finale. la prima frase, di qualche riga, sarà un post, il resto della storia lo si scriverà dai commenti.---------------------------

"In un pomeriggio soleggiato sedeva sul balcone, con il suo libro in mano e l'indice infilato fra le pagine per non perdere il segno. davanti a lui la città sonnecchiante in un primo pomeriggio estivo, pochi i rumori, molti i pensieri..

domenica 21 settembre 2008

vergine


pensi che c'è tempo, è sempre così, poi arriva tutto ad un tratto e ne diventi cosciente di fronte al fatto compiuto. dove ho messo le scarpe? e la giacca un pò calda che avevo messo là? non si ritrova più nulla. me ne accorgo anche passando velocemente da steso a seduto, mi gira la testa e nonn significa che sto male, semplicemente che è settembre un pò più settembre che gli altri anni. ho sempre pensato che si potesse andare al mare fino ad ottobre da me, ma quest'anno no, lo scorso neanche, quello prima non me lo ricordo. dicevo, che te ne accorgi davanti al fatto compiuto, guardi una foto e senti il contrasto, almeno climatico, per non dire mentale, rispetto al presente. l'ultimo bagno, già solitario, mentre il sole dipingeva di rosso le nuvole sopra la dirupe ed il mare assomigliava sempre di più ad una distesa di olio. il tramonto delle sette e trenta e via via sempre prima. ti si scurisce il cuore prima e pensi a quando sarà peggio. spero di esserne cosciente, del peggio, quando ormai sarà passato, davanti al fatto compiuto della primavera, dell'aprile odoroso e del maggio fiorito delle campagne sottostanti la centrale, se starò anora qui..

giovedì 18 settembre 2008

demodé

bene, è il caso di dire che, ormai, le cose semplici non vanno più di moda. vale comunque la pena spiegare, a titolo esemplificativo, che, primo, le rotatorie, o rondò, possono seguire due sitemi: classico, allora si arriva e si dà la precedenza, oppure alla ravennate, che è esattamente il contrario. questi sono gli unici due modi concepibili di funzionamento e, ciò che importa di più, visto che non siamo a ravenna, qui il funzionamento è quello classico. secondo, quando si chiama un cellulare all'estero, la gente non deve avvertire che lo zero iniziale non va digitato, è da anni che lo abbiamo abolito anche noi, dirlo fa solo confondere. terzo,quando ti chiedono "come stai", si può semplicemente rispondere "bene grazie", si chiama retorica e fa parte dei costumi umani, non è un'occasione per evidenziare fatti e persone che pongano la luce su chi parla, è complicato da seguire perché spesso non si conosce niente dei fatti e delle persone di cui sopra che illuminano l'interlocutore. quarto, quando si invita qualcuno l'altro dovrebbe limitarsi a dare una risposta positiva o negativa, tutto il resto è noia. quinto, il pesce crudo si chiama pesce crudo, non sashimi, quella è iun'altra cultura. sesto, se si va all'ikea poi non bisogna farci su dell' umorismo, in questo caso è troppo semplice, meglio limitarsi a far su in macchina quando si ritorna con il cervello in tilt.
cerco di semplificare e cado nel paradosso, cos'è più à la page, essere fuori moda o non dire le cose in maniera semplice? in ogni caso, ragionare per paradossi fa bene al cervello, lo hanno detto filosofi e studiosi con un minimo di senso dell'umorismo,e qualora non ve ne fossero, trionfa comunque l'argomento "il pallone è mio e decisdo io!".

venerdì 12 settembre 2008

beroza!

una sera come le altre, forse di metà agosto, la sabbia poco illuminata da una notte di luna crecente, appena nata. ho ricordi confusi di facce e bicchieri in plastica che si vuotano lasciando al loro interno del lime e del ghiaccio, giusto per pemettere di calibrare meglio il lancio verso la pattumiera. "a capocchia!" m i dice qualcosa, le tempie ed i capelli madidi di sudore, (che sembra che sei fatto anche se non è vero, mi dice una mia amica), danze scriteriate e sorrisi abbozzati, scompaiono le remore sotto la pioggia d'alchool, inizia l'illusione fatua del divertimento. tu non te lo ricordi ma in terza media impazzivi per me, anche questo mi dice qualcosa, qualcuno ha inventato il braccialetto, qualcun'altro ha deciso che il miglior posto dove allisciarsi i capelli con aria annoiata e scambiarsi reciproci complimenti sulla tenuta del make-up, è il dance-floor. non c'è tempo per riflettere. presto presto un'altra bottiglia, presto una sigaretta, dove sarà il bagno? che pezzo.. bella musica stasera.. ciao di dove sei? cosa fai? ah interessante...ma vai a fare delle pugnette, ma va a cagher... si insomma ha suonato bene diciamo...che fame...ma dove hai parcheggiato?...Inizia a fare freschetto, vorrei riprendermi, non vorrei sbiscicare mente parlo, contegno cazzo! resta poca gente, ovviamente si sentono tutti amici, ma davvero amici, tipo condivisione del pane la domenica, tra scambi di promesse ed appuntamenti per i prossimi eventi degli sgoccioli estivi. sbuffo e mi poggio su una pedana tenendomi la testa tra le mani per recuperare fiato, "te mieni?", un secondo per realizzare la richiesta e ad un tratto, dopo aver ben aspirato, un magnifico esemplare dell'essere umano ancora integro,dalla discutibile costituzione fisica, si spoglia e si getta nel mare, un bagno nell'alba che spunta tra gli sguardi sbigottiti degli astanti del cool, e non fa nulla se ho sovrapposto delle serate, sarà stato l'alchool, ma ogni considerazione è vana, il premio freschezza dell'estate 2008 è stato conferito, all'unanimità.

giovedì 4 settembre 2008

della bruma sulla cappotta

in una giornata di scirocco l'aria ti si appiccica addosso. dopo un risveglio un pò sudato, apprezzi davanti allo specchio del bagnetto incorniciato da ripiani di plastica - tanto è la casa del mare- le rughe sulle guancie che segnano il tuo volto. il cervello non parte, ti senti ovattato come le nuvole folte e scure che disegnano delle linee curve nel cielo evidenziandone l'azzurro sullo sfondo. aria calda ed afosa, umida ed appiccicaticcia sulla pelle, sui capelli, sui pensieri. è colpa del tempo, è colpa dell'aria, il cervello fatica sempre di più, dalle orecchie esce quasi del vapore, il caffè è troppo caldo, la brioche troppo secca e l'acqua troppo fredda, forse anche troppo frizzante. la svolta pomeridiana, il cielo ripulito, la centrale e i raggi del sole ben visibili, ma il cervello continua a sbuffare, procede lentamente lungo i binari di una giornata marittima, l'aria che scioglie l'orizzonte smette di soffiare, ciò che resta è una quiete comunque calda. continui a chiederti il perché della sonnoloenza e della svogliatezza, dài la colpa alla sera prima, a qualsiasi cosa, anche alla chitarra che risulta sempre scordata, per non parlare della voce. è tutta colpa dello scirocco, concludi un circolo di pensieri, ma il colore del mare è ipnotizzante, si vedono abbozzi di onde gonfie, destinate a mai infrangersi perché abortite a metà strada, creano al massimo delle piccole schiumette che fanno pensare ai riccioli a forma di occhielli di un maglione mentre lo si scuce tirandone il filo, rabbrivisici e poi sorridi pensando che sia di lana.

sabato 12 luglio 2008

di un pomeriggio sudato su di un divano usato e fuori stagione

inizia così certe volte: con un lento pulsare alla base del cranio, si espande alle tempie quando ormai è troppo tardi. tutto ciò dopo qualche lavoretto mattutino, o meglio pomeridiano del primo pomeriggio, libri spostati da qua e messi là, poi andranno da un'altra parte. ho l'abitudine di segnare luogo e data sulla prima pagina dei libri quando li compro, dovrò iniziare a scrivere, sui prossimi libri che acquisterò, che questa abitudine mi piace e non voglio perderla per un motivo semplice: lasciare il segno è bello. ovviamente quando riscopri le scritte guardandoci hai qualche ricordo che ti torna in mente, ma questa è la parte superficiale della storia. mi piace pensare a me che lascio il segno su qualcosa che ritroverò, mi piace pensarmi mentre l'ho fatto e, mentre lo faccio, pensare a quando lo rivedrò per caso. non è solo una mania, un altro vezzo del genere "amelie" e che non ha un perché, è qualcosa che cerco di non far sembrare importante, impegno la mente in un pomeriggio settentrionale, afoso e mal sintonizzato. le realtà pensate o immaginate ti emozionano comunque anche se sei rinchiuso in casa a parlare con i muri. Gli stessi muri che hanno visto tante persone e tante cose passare, hanno sentito profumi di donna e puzza di scarpe, fos-spaltai, sono stati ricoperti di poster e poi denudati, grattati dipinti e ridipinti, ridipinti ancora. stanze e pavimenti che mi danno l'impressione di sentirmi in uno spazio mio, vestiti vecchi e nuovi, scarpe senza lacci, borse e borsoni, quaderni ricoperti dalla polvere del primo anno di università. e poi ancora polvere tanta polvere, dio solo sa quanta polvere hanno visto questi muri. dimenticavo le scale, i quattro semplici piani lungo i quali ho trasportato in su ed in giù ogni sorta di genere alimentare, elettrodomestico o pezzo da arredo-design. ho trasportato alcolici, droga, me stesso vestito in vario modo e me stesso nudo in certi casi,me stesso con le sigarette in tasca, una sigaretta fra le dita, senza sigarette, con un mozzicone di qualunque cosa in bocca ad aspirarne gli ultimi tiri. ancora mi diverto, mentre salgo e scendo, a sputare sui pianerottoli dei condomini poco graditi e a lasciare il masticante sul passamano, proprio all'inizio di ogni rampa dove, secondo i miei calcoli, è più probabile che si posi la mano della vittima. guarda un pò di cosa sono finito a parlare, mi sono perso in digressioni...dicevo che inizia così il mal di testa forte, così forte da non farti sopportare l'aria "libiamo ne' lieti calici" della traviata. allora spegni anche lo stereo e cerchi di trovare un pò di spazio nel cartone dei cd, anche loro da là finiranno da un'altra parte, ma non hanno tanti segni, se vogliamo escludere le poco nobili copertine scritte a mano di quelli masterizzati, dunque poche pippe mentali sulla storia dei segni, una al giorno, nel pomeriggio caldo, è più che sufficiente. Mi sembra quasi indegno di voler racchiudere ciò che è successo fra queste mura con qualche riga, solo perché questo pomeriggio mi gira di scrivere della casa in cui ho abitato un certo numero di anni. sì, quasi indegno, per certe cose è molto più bello e poetico conservare degli schizzi, è lì che risiede l'intuizione, l'idea prima che si ha di qualcosa, ciò che si esterna di noi ma che è ancora semilavorato, il subfornitore inconscio del conscio, così la sparo grossa e non ne parliamo più!
adesso vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi fra qualche giorno, saltare il tempo o magari saltare lo spazio in poco tempo. vorrei che smettesse questo mal di testa e rinfrescarmi la gola con un bel boccale di birra ghiacciata, questa si che è una bella parola, ghiacciata, lo ridico ancora, ghiacciata, chissà che non mi aiuti a passare dal tardo pomeriggio ad una serata di brezza, una brezza così fresca da farmi andare a cercare una maglia in un altro scatolone pieno di vestiti, quei vestiti che con me hanno salito e sceso le scale di via cimabue.

martedì 1 luglio 2008

pesto, non alla genovese


per ritornare in tema di sopracciglia corrugate e giusto per trovare un argomento originale, vi dico che il caldo mi uccide. sento la calura che spazia nella mia mente vuota ed inerme a ciò che succede fuori. il sudore aiuta a concentrare, l'ho detto in passato, ma se nella testa non hai neanche l'embrione di un pensiero, il caldo serve a ben poco. lo puoi giusto usare come capro espiatorio, ecco, per tutto è sempre e solo colpa del caldo. ora provo a mangiare qualcosa che non sia acqua frizzante.

lunedì 16 giugno 2008

essere superstiziosi porta sfortuna

il vento grecale spira da est, il vento grecale fa sbattere le porte e muovere le tende della mia casa al mare. vi confido che morivo dalla voglia di ingerire degli antibiotici, una sorta di nostalgia malsana che mi perseguita. eccomi accontentato, ogni dodici ore una pastiglia di media dimensione passerà per l'esofago e si discioglierà nel mio stomaco. quando hai un'infezione pare sia questa la procedura. poi, però, senti dentro qualcosa che assomiglia ad una preparazione di un temporale, ti vorresti sfogare, ci provi urlando ma nessun risultato. ho capito che il segreto sta nel saper piangere, anche per nessun motivo cosciente, infatti non c'entrrerebbe un beneamato piangere adesso, proprio adesso. "ciao che fai?" "beh vado a farmi un pianto", oppure "che si fa stasera?" "dai andiamo a svuotare insieme ed allegramente le nostre sacche delle lacrime, comunque esse si chiamino e soprattutto senza nessun motivo". il pianto è l'orgasmo dell' anima, è il momento in cui la si lascia con gli ultimi tre bottoni della camicia sbottonati, a mostrare il petto villoso e sguarnito, non più adorno di un crocifisso che quando si era piccoli forse era d'oro, ma era quasi sempre oro finto, pura rappresentazione di una educazione religiosa acquisita senza spirito critico perchè non lo si aveva ancora. in tutto questo le spracciglia sono fondamentali, sempre ben aggrottate a trattenere, e sopratutto guai se non sono ben spennacchiate e disegnate finemente! pare ci sia un'epidemia delle sopracciglia, povere ed indifese vengono saccheggiate dalle pinzette dell'estetista noncurante dello scempio che sta compiendo, con il consenso del povero sottoposto e per di più a pagamento. grazie a questi particolari che noto sulla maggioranza degli abitanti di sesso maschile, in età pubere, di questa landa, in cui la radio si sintonizza solo su due stazioni(ed una di queste è radio maria), risco a farmi grasse risate, fino a far sfogare le mie lacrime che scendono sorridendo tra i solchi profondi che si formano sul viso a causa del riso. alziamo i calici signori, il lecce è in serie A e non importa come, l'importante è il risultato.

venerdì 13 giugno 2008

l'insidia del nocciolo di oliva

dopo un blocco ti ritrovi mezzo sudaticcio, hai nello stomaco un sacco di roba e l'alcool deleterio del pranzo inizia a battere nelle tempie. caldo, molto caldo, ti attanaglia tutto il corpo, la ferita continua a grondare sangue prorpio quando pensavi che si fosse richiusa, tutta colpa di Yves! l'altro giorno chiedevo a mia sorella se le piace usare i punti esclamativi negli sms, mi ha detto di no, io ho confermato il suo no. ho avutio una sensazione strana nel battere sulla tastiera il punto esclamativo, quasi ad alzare la voce per farmi sentire. invece non ne ho nessuna voglia, sono stato vittima delle regole apprese nei primi anni di scuola. non ne ho nessuna voglia perché sto passando dei giorni placidi di tempo denso, niente foulards al collo ancora, poco stress, ma non perché le cose da fare non ci siano, semplicemente perché non mi va, semplicemente perché, qui, le stagioni hanno il tempo delle stagioni, come deve essere. persino l'arrivo di un temporale, annunciato dai boati di luce ed il fragore che ne segue da lantono, è rallentato, come diviene rallentata la mi a andatura in macchina, mentre con la testa girata su di un lato, sento qualcoisa dentro guardando le scosse e sentendo l'acqua doppia sbattere contro il parabrezza facendoe da sottofondo alla boheme. mi ritrovo ora con un dente nuovo di zecca nella bocca, è un sogno per la mia lingua indugiarci sopra, accarezzarlo meraviìgliandosi della differenza con l'abitudine.
l'altro giorno ho visto una casa in campagna mezza sgarrupata, sono salito al piano superiore, ne ho visitato il piuano inferiore apprezxzando la grandezza dei camini, ho notato un pozzo sommerso dalla vegetazione. mi hanno detto che lì' è stato trovatop lo0 scheletro di un amante di una donna che venne ucciso dal marito di questi. delitto d'onore la parola usata più e più volte. faccio appena in tempo ad uccidere la banale idea della casa degli spiriti, mi rittrovo in mano un impacco di carta di riso e canapa, aspiro guardando l'orizzonte formato dal tetto di uliveti che sio stendono a perdita d'occhio, il delitto d'onore di un tempo che fu, l'orizzonte invece è sempre là, che tu abbia o meno l'onore, è sufficiente respirare sé per poterlo aspprezzare e resapirandolo ciò che hai dentro cresce. circolo di pensieri interrotto, il telefono suona, la mia mente già pensa "continuate pure a fare quello che state facendo, io me ne voglio sapere niente(!)"

domenica 18 maggio 2008

la martinella


in una giornata di constatazione del patrimonio, in giro per le proprietà, è facile che la mente spicchi il volo. MI hanno detto che le nostre unità di misura della suoperficie per i fondi agricoli risalgono al medioevo, quando gruppi di persone si riunivano per decidere quanto si dovesse indicare, in termini di lunghezza e larghezza, con una parola inventata. poi ho scoperto che le piante di alloro nelle case non sono un buon presagio ed allo stesso tempo che i boccioli della stutua di apollo e dafne del canova suonano, fischiano se colpiti da soffi d'aria. il sole ha continuato a splendere, la mente ha continuato a vagare in questi paesaggi ripetitivi ma mai uguali. provo ad immaginare questi posti nel passato, le immagini le elaboro in bianco e nero , forse per quell'odioso limite della nostra generazione abituata a pensare così perché limitata dalle immagini di uno schermo, o dai colori delle foto trovate nei cassetti o esposte nella casa dei nonni: chi prima poteva vedere le foto solo in bianco e nero magari immaginava comunque a colori il passato degli altri. mentre si scorre lungo gli ulivi e i vigneti, le filare sempre più dritte e parallele,
sorpassiamo lungo il ciglio di una strada troppo stretta un calesse con un cavallo vero ed a bordo un uomo grassotto che è il ritratto della salute con le gote rubizze ed il sorriso stampato sulla faccia. vago ancora con la mente ma vengo distratto, ci siamo fermati e si mima e ci si muove si recita parlando di ciò che potrebbe esserci dove non c'è e ciò che, con quello che c'è, non potrebbe farsi.
alberi di mandorlo non ancora pronti, ma già buoni: le mandorle quando non sono mature contengono, sotto il morbido e voluttuoso guscio verde e la tenera corrazza lignea, un frutto fatto di gelatina, fresca freschissima, credo anche ringiovanente e anche se me lo sto inventando adesso penso sia vero, semplicemente perché ci credo.
vi sono delle piante di fave, qua e là sparse senza alcun criterio, ma in questo periodo pare sia un pò troppo tardi, sono ingrassate e le fave ingrassate non hanno gusto, esempio di regola della natura che verbalmente si traduce con un poco nobile il troppo stroppia, e la natura è quanto di più nobile ci sia.
arrivo in fondo alla giornata troppo stanco, ho bisogno di riposare, mi stendo su di un non molto comodo divano tra le mura di stanze che trasudano antichità,lo si può vedere da una torcia a dinamo e dalle lire ordinatamente appese alla parete che che si ricongiunge con le altre in un soffitto a stella. già le stelle, nel giardino dei limoni vicino ad un camino di una camera che fu, e che ora non è più, degli amici mangiano e bevono, ridono e continuano ad immaginare. un bougan ville risplende di fucsia nella notte che diviene fonda.

venerdì 16 maggio 2008

uno spaccato

sono convinto di avere più charme quando ho la barba. ho capito che è la convinzione che conta. ero in fila alla cassa di quel crocevia di culture che si chiama lidl ed ho notato un uomo, dichiaratamente indossava un parrucchino di qualità discutibile, che gesticolava e si muoveva, sorrideva ed ammiccava ed in tutta la sua ridicolaggine, mentre contava fino al centesimo e ad alta voce con qualche inflessione vicina ad una lingua vagamente inglese gli spicci del conto, mi ha dato un sorriso interiore. nelle orecchie avevo una canzone di Dalla ed il momento è stato "toccante", la strofa era "il silenzio m'ingrossava la cappella ho fatto le scale tre alla volta mi son steso sul divano ho chiuso un poco gli occhi e con dolcezza è partita la mia mano.

lunedì 12 maggio 2008

rigato o meglio: a strisce orizzontali


scivolavo lungo la strada principale dopo aver litigato con lo stereo che non legge i dischi masterizzati, ho notato una coppietta che noto sovente in queste mie sortite cicliche e regolari, rilassanti e riposanti, in quel del mio paese. immediatamente mi si è fissato un sorriso sulla faccia, forse un pò dovuto ad altro a seguito di attraversamento dell'ennesima campagna fiorita, scorgendo queste figure lei rotondetta come un birillo che finisce con un fondo rotondo, lui mastodontico in tenuta aderente e pettinatura al millimetro, il tutto condito da andatura spaccascialla (significato intuibile perché parola onomatopeica). "a volte non sai ascoltare" mi è stato detto, ho dato ragione, forse è vero mi sono detto. il giorno dopo sono stato ad ascoltare ogni rumore, il fischio della macchina che causa gentili urla dei passanti "la cinghia!", il ronfare del cane, il silenzio a cui non sei più abituato. poi sono passato ad ascoltare le persone, forse alcune semplicemente sentirle, mi sono imposto di fare caso a quello che mi veniva detto da chiunque, con il pensiero ho schiaffeggiato più volte la mano della coscienza irrispettosa che ha cercato di abbandonarmi premendo il pulsante del pilota automatico di me stesso. ho continuato ad ascoltare, risultati altalenanti, ma ho concluso che alla fine non ne vale tanto la pena,un filtro serve sempre; capitano quelle giornate in cui si è fissati in qualco9sa, esse rimarranno solo delle giornate isolate e quelle fissazioni solo delle fissazioni di una giornata. oggi, mi viene da dire finalmente, è nuvolo, occorre rimettersi a lavoro, con tutto il suo corredo di caffé e concentrazione dovuta al "lo devo fare". un dubbio mi si sta presentando nella testa, mentre deglutisco ansiosamente con la voglia di testare lo stato di salute delle mie mucose esofagee, mentre con la punta delle dita tolgo dalle palbebre questa materia giallina che non ho mai capito come sia possibile che si formi, mentre penso a dei seni, mentre penso a mio nonno, mentre penso a dei disegni che ormai mi hanno deluso, al succo e polpa alla mela e alla fave ingrappate, al marrone ed al prosecco, alla mancanza, alla poco educata carne di montone, allo spreco ed alla vocazione, alle maestranze al denaro al sole al mare al cane a de andré, alla mono alla stupida emozione che mi ha preso ieri mentre passeggiavo con le mani occupate da un bicchiere ed una sigaretta, sbaglio oggi se ascolto me stesso?

lunedì 5 maggio 2008

I love you maryanna

oggi il sole viene e va, chissà quanti stamane lo hanno guardato, quanti hanno guardato la pioggia questa notte ovunque essa ci sia stata, e quanti hanno il privilegio di guardare lo smalto rosa- poco uniforme a causa dlla doccia- su delle mani esili e bianche che carezzano il tuo corpo. poi ho pensato a quanti guardandosi allo specchio hanno contratto i muscoli della faccia in quell'espressione che si fa quando ci si guarda in faccia sapendo di essere soli, o comunque non esposti al giudizio degli altri. pensieri sterili ed innocui che mi fanno riflettere che lui là, o io qua, o quell'altro ovunque egli sia, un giorno potrò essere io o viceversa, una linea trasversale ci attraversa a noi tutti su questa terra. molte frasi finiscono con uno scaramantico "non può mai dirsi", ma tutta il nostro impegno nel fare le cose, nel trovare la giusta dose di caffè ed acqua per ottenere una miscela che ci faccia schioccare la lingua dal gusto e dalla soddisfazione -questa vuole essere una metafora perché è chiaro che molti hanno la macchinetta con le cialde e nel caso del caffé non possono farci niente, viene fuori così e basta- è orientata e tende per natura a farci dire di qualcosa, a evitare il non può dirsi. converrete però, affezionati miei, se vi dico quanto è bella alcune volte l'incertezza, quanto è bella l'incertezza quand'anche nelle acque sicure e calme di un lago di emozioni, profondo e limpido che ti ci puoi specchiare dentro e, ancora una volta, fare piccole smorfie con la faccia che si raggrinza sotto le leggere onde di emozioni che increspano la superficie acquosa.

lunedì 28 aprile 2008

un semplice fiocco al collo ovvero fenomenologia dei pensieri applicata alla vita

sotto questa tramontana capricciosa mi copro il collo con un foulard antico ed ambiguo. le persone sono legate da mille relazioni, non voglio richiamare la teoria dei sei gradi di separazione, ma se ci si fa caso prima di parlare, anche solo un'esclamazione fuori posto piuò avere conseguenze impensabili e sopratuuto a catena, dipende dal tessuto sociale in cui ti ritrovi. una semplice riflessione, forse banale e scontata, ma ne ho bisogno per sentire il cervello che funziona, che continua a girare in maniera cosciente: l'istinto stimolato dalla primavera rischia di assorbire tutte le mie energie mentali. per quanto bello sia abbandonarsi e lasciarsi trasportare, capire che siamo tutti legati attraverso dei foulards-alcuni di seta, griffati, alcuni bucati vecchi e sfibrati-mi risulta necessario. immergo i miei pensieri in un mare fatto di onde di foulards che ondeggiano ai soffi della tramontana, che si afflosciano sotto il caldo scirocco che inebria di umidità le foglie ed i boccioli nuovi. non voglio che smetta di muoversi questo mare, non voglio essere bravo a capire quando è tempo di aspettare, voglio rimanere così, con la smania di fare le cose, la fretta che non me le fa venire bene. l'autocontrollo e la programmazione che ha a che fare con la vita pratica uccide la vita pratica, la rende un cruciverba delle prime pagine della settimana enigmistica. la capacità di emozionarsi non ha filtri o ragioni di grandezza. mi rende felice sapere che per ironia della sorte, in una famiglia composta da cane femmina, madre, padre e tre figli maschi, la cagna faccia pipì alzando una gamba comne i cani maschi per la disperazione della madre di famiglia, mi piace prendere una spremuta d'arancia e mntre sto uscendo chiedere il conto e ricevere come rispostra che è stato già pagato dal signore che è appena uscito, mi piace pensare che non ho mai fatto un telegramma e quando mi è stato detto che se ne sarebbero occupati ho avuto quasi un sollievo, mi piace pensare che forse non avrei dovuto dire a quello di questa cosa o della taòaltra ma che alla fine gliel'ho detto e chi se ne frega, staremo a vedere..
sono pensieri da piccolo uomo? làddove i giudizi di valore tra piccoli e grandi uomini appartengono sicuramente ai primi e certo non ai secondi mi astengo dal rispondere. esiste una prosa musicale della vita che ha a che fare con il rosso dei pomodori pachini che odorano di terra ed i carciofi sott'olio, esiste uyna poesia della vita che ha a che fare con l'amore verso una creatura divina, o0gnuno di noi dovrebbe averne una, io credo di averla trovata, tra l'altro insigni mi hanno detto, riferendosi al ceppo familiare, che noi la si ha in vena la poesia, a me è scappato da ridere al pensiero di ciò che mi scorre in vena adesso. credo manchi una coerenza di fondo in quello che sto scrivendo, ma proprio non riesaco a staccare le dita dalla tastiera, i foulards hanno rotto le dighe dei pensieri, un fruscio setoso e piacevole continua a prodursi, non voglio arrestarlo, non voglio controllarlo. si dice che la musica non sia altro che un insieme di regole che rispettano una cosa che si chiama armonia, che la stessa armonia può avere delle applicazioni alla vita. pensate di applicare le regole dell'armonia e della musica alò comportamento che si tiene nei momenti di noia, io già vedo i sorrisi sgangherati dei vecchieti risvegliati dal torpore della loro malattia mentre aspettanoi il loro turno in ambulatorio dal loro medico curante, già vedo un intero vagone della metropolitana insensibile alla deferenza ma sensibile alla vita qui ed ora, una fila nell'ufficio della posta che balla l'hully gully, una station wagon in coda nelkla quale la famiglia al completo continua a ridere e parlare non-curante dei micro avanzamenti della fila davanti a loro, un giovane ragazzo che capisce e finisce di battere le proprie gonfie dita su di una tastiera i cui tasti non stanno mai a loro pèosto, un lettore che giunge alla fine di ciò che sta leggendo.

mercoledì 23 aprile 2008

memoria breve, III


le mani gonfie sotto il sole, la pelle piacevolmente riscaldata e nella mente ancora l'armonia della natura di villa borghese e lo scricchiolìo dei sassi sotto l'incedere dei passi lento e fluido, trasportato dai colori che riverberano nell'aria. diverse intensità di verde ed il soffitto immenso, cielo. una nuvola offusca il sole ma i colori rimangono intensi, romani, ad ogni angolo di questa città di cui non conosco niente ricevo la piacevole sensazione di qualcosa di profondo ed indefinito, qualcosa ma non so esattamente cosa: mi sento vivo e non solo vivente, basta un niente per aprire la porta della bocca dello stomaco, una foglia un sorriso un bar una scala una vigilessa un urlo un caffé una birra uno sbuffo.. Sia da bisimare o meno sento l'esigenza di comunicare e di condividere tutto questo attraverso un cellulare.
mi guardo intorno e registro le mie emozioni, i miei pensieri le mie riflessioni che si fermano in suoerficie, nonostante i crampi all'avambraccio mentre scrivo a penna, i rigurgiti di acidità che sfociano in legggeri conati di vomito, i crampi ai polpacci mentre dormo per la prima volta in una casa su di un letto comodissimo, sono pur sempre stato risvegliato da un sole in piena forma, un cielo azzurro come solo l'azzurro del cielo può essere, ho preso il caffè con un amico ho riso fumato e mangiato, ho atteso, ho realizzato che potrei essere innamorato di tutto ciò che faccio.

sabato 19 aprile 2008

brain storming


si preferisce il sabato alla domenica soprattutto perché il giorno dopo non si va a lavorare. Lavoro lavoro lavoro, i muri di questa città non parlano d'altro, vociare di corpi ben vestiti, brunch and brand, sunglasses watta sgeps, tutto un pò branché, sotto la pioggia battente, stimolatori di riflessioni di tipo commerciale ai limiti dell'inconscio posizionati ad ogni angolo, così tanto eccesso da sembrare una parodia dell'eccesso, il divano con le onde rosse e le foto, i tacchi e le pozzanghere, gli ombrelli, una patina opaca ma a tratti splendente sui colori di una serata da pedone, stipato in ambienti di presunto design dove anche le persone sono vestite da arredamento di quel certo tipo di arredamento. mi aggiro per le strade affollate di mediolanum con il freno a mano del cervello ben tirato aldilà della porta delle mie orecchie un gran vocio difficile da indere: dai facciamo che ci vediamo direttamente là ti faccio sapere per gli inviti, si un diverso concept perché poi dipende anche dal target, dai punta a domani, uh uh uh uh, necessito di cibo, kebabbaro e quanto è brutta questa parola.

giovedì 17 aprile 2008

dal vostro affezionato

dal corrispondente estero arrivano importanti notizie, quella principale è che quando in italia c'è il sole, non esiste nessun altro posto migliore in europa.
mentre ero davanti ad un foglio leggermente scarbocchiato ho notato che delle linee creavano un triangolo rettangolo. una grandissima idea mi è balenata nella mente ancora semi-addormentata: il Teorema di Pitagora. Semplice e semplicissimo, formula splendidamente ricordata dai miei neuroni piu' anziani, enunciato a menadito e conseguente autoesaltazione. un piccolo neo, una piccola macchietta ha iniziato a farsi avanti: come la mettiamo con la dimostzrazione? il tempo ha iniziato a scorrere, lo sgurdo fisso sul foglio, la domanda ha iniziato ad avere dei contorni kafkiani, le pulsazioni sono aumentate, i conati di vomito si sono affacciati alla base della gola in corrispondenza all'aumento del nervosismo dovuto all'incapacità di comprensione. da grande cittadino del mondo ben calato nell'epoca contemporanea quale sono, ho provato a bagnarmi nel fiume digitale del sapere di wikipedia, a stento sono riuscito ad uscirmene, a causa delle correnti di spiegazioni che davano tutto per scontato ho rischiato di annegare. mi sono imbattuto su di un'altra pagina "l'immediatezza della spiegazione permette una facile comprensione del teorema ai ragazzi di tredici anni" un tonfo al cuore mi ha preso, ho cercato rifugio in me stesso e sto scrivendo adesso queste cose per sentirmi meglio, per starmene tranquillo con me al riparo da ipotenusa e cateti in caduta libera, zavorre legate all'autostima, preferisco le ali dell'ignoranza, preferisco l'ingenuità e la brevità, dé' molto per scontato, ho votato berlusconi.

giovedì 10 aprile 2008

papaya, essiccata

ho dimenticato di ricordare il compleanno del blog, non che abbia una particolare importanza, era il 27 marzo 2007, gran bel post di debutto. ognuno festeggia quello che ha e quello che fa. non ho dati da snocciolare, tempistiche e ricorrenze particolari, la scusa dell'anno del blog mi serve per girarmi un attimo indietro e guardare la strada dietro di me, la linea di mezzadria un pò vintage, le ciocche di capelli biondi che volteggiano nell'aria, pezzi di carta più o meno bollata, rubrica telefonica ridotta di oltre la metà, fioriture d'animo da riso ed occhi lucenti di vita, risveglio di lobi in letargo, letture sparse ed eventuali, sapori nuovi, odore di treni, parole nuove e di recente kili nuovi. oggi non c'è il sole, oggi la casa è tutta sporca, scappo via, prendo un biglietto di prima e me ne torno giù, prendo un biglietto low e me ne vado ancora più su dell'alt'italia, prendo le banche dati e le faccio saltare in aria, prendo me stesso e lo infilo sotto la doccia, anche se è un bluff, alleluja alleluja!

mercoledì 9 aprile 2008

la vita è fatta te carta

le dita battono a stento sui tasti e le palpebre cadenti incedono davanti agli occhi, in mezzo ai fischi che strisciano nelle orecchie sento come una baraonda, un frastuono basso e continuo nella stanza, tutto questo accade nell'attesa che il frigo attacchi con il suo ronzio. momenti notturni di stalli cristallizzati sul divano, a gambe orizzontali con i piedi che ti si addormentano dopo pochi minuti: ho strinto più di 500 mani in questi giorni, ho sorriso falsamente e con cordialità, ho guardato valutato ed aguzzato, riflettuto con fulmini di pensieri eterei, con il formaggio tra i denti mi sono sorpreso dello sputa-vino, della sua funzione e del fatto che fosse utilizzato spesso. poi vediamo, direi che non finisce qui, c'è qualcos'altro, sicuramente qualcos'altro c'è, ma prometto che vado a dormire, ci penso e poi non ve lo dico.

lunedì 31 marzo 2008

pensiero di un mattino ancora senza sole

leggere un libro per non pensare è brutto, mangiare la carne alla brace con le mani è bello.

domenica 23 marzo 2008

la betta

azzurro pulito di un cielo spazzato dal vento che soffia, piega foglie ed alberi che sbadigliano di primavera.
salendo sul ponte che costeggia il paese, verso il tardo pomeriggio, tornando da sud -est, hai il sole che ti languisce di fronte, bello grande e rotondo, potente quanto basta per permetterti di guardarlo, i suoi riflessi sul vetro evidenziano dei puntini, dei piccoli boccioli di fantasia naif scatenata dai paesaggi noti. ogni colore più vivo, ogni odore che matura ed orna l'ascolto di una canzone che si sente quasi per caso, tutto mi colpisce come leggere delle righe evidenziate, mi fa nascere un piccolo piccolo groppo alla base della gola, una piccola emozione indescrivibile che non mi permette di dare attenzione a ciò che si dice.

azzurro pulito di un cielo spazzato dal vento che soffia, scombina i capelli e ti serra gli occhi mentre metti a fuoco le increspature del mare plumbeo d'umore.
pugni stretti in tasca, guance arrossate dall'aria densa e leggera che solleva le masse di alghe trasportate dal mare a riva, catene montuose vegetali di un nero pece venute dai fondi della "secca".

blu pulito di un cielo stellato dove tante stelle stanno, brillano sfervorose il cambio di stagione.
mani tra le gambe a riscaldarsi dal fresco dell'aria di mare, spifferi provenienti dal finestrino leggermente socchiuso, soffi di fumo che escono dalla bocca che espira, mentre fuori la campagna sfila ondeggiante e pronta per addormentarsi, l'attimo di colori del crepuscolo da poco concluso non c'è più.

lunedì 10 marzo 2008

...work in progress...

martedì 4 marzo 2008

quadro bianco giallo chiaro

ho un piccolo problema, sono ospite da un amico e lui non ha lo spazzolino per gli ospiti. circostanza strana, io ce l'ho sempre avuto lo spazzolino per gli ospiti, uno solo, di qualità taumarin, uno solo per tutti gli ospiti.

sabato 1 marzo 2008

venerdì 29 febbraio 2008

no alla sant'anna frizzante

mi hanno proposto un massaggio aiurvetico: delle spezie innocenti vengono avvolte in dei pezzi di cotone, il tutto è ad elevata temperatura, serve per farti sudare ed eliminare le tossine. ma ora che ci penso, io ho sempre amato le tossine, ho speso tanto tempo e soprattutto soldi per intossicarmi, autolesionismo infantile, o per usare una formula inflazionatissima, senso di appartenenza ad un gruppo, ma a me piace prendere tossine anche da solo, non necessariamente in compagnia, saturo e pieno delle mie amate tossine mi privo del sonno, mi privo della concentrazione, ma tutto volontariamente. adesso che devo intossicarmi per necessità e mi propongono addirittura dei trattamenti per eliminare ciò che mi stanno dando, quasi non mi va. inizio ad aver voglia di purezza, idee strane del tipo spicchio di limone nel bicchiere d'acqua mi hanno sfiorato la mente, ma arrossendo ho subito abbassato lo sguardo, preso la bottiglia in mano ed addolcendo il ghigno di vergogna che si era affacciato sulla guancia sinistra ho bevuto alla spina.

lunedì 25 febbraio 2008

pipì & romance

se devo pensare alla nottata, mi viene in mente un sonno nero, buio pesto, profondo e riposante. alle luci dell'alba l'innocente esigenza, di irrefrenabile pressione e conseguente improcrastinabile svolgimento, di recarmi nella salle de baigne mi ha fatto destare e risalire dall'abisso ovattato in cui mi trovavo. per non svegliarmi troppo da quella sensazione rilassante non ho cercato le pantofole, ho ignorato il fresco del pavimento sotto la pianta dei piedi ed ho fatto pipì senza essere sveglio tuttavia centrando il bersaglio. rientrato nel letto era ormai troppo tardi, uno stato mentale del tutto fuori controllo, nel quale le sinapsi sfrecciavano ad inaudita velocità, si è presentato ed ha mandato in frantumi ogni mia speranza di riprendere il viaggio sonnolento e pieno di benessere di qualche minuto prima. in questi casi, nella tua mente ti capita di incontrare lo spremiagrumi cromato della tua infanzia che non vedi più da ché so, millenni, i particolari del pavimento della casa della nonna e poi, tutta un tratto, dei signori di nero vestiti, tonache e cappelli medioevali che sormontano facce seriose e rasate, rigorose, ve ne sono tantissimi come l'uomo con la bombetta di magritte. portano degli stendardi, il capofila è monsieur ansia del futuro prossimo vicino, se guardi nei suoi occhi ti vedi in una grande aula, vestito di tutto punto davanti a tanti signori, ma regna il silenzio, qualcuno ti parla ma non riesci a distinguere i suoni e a dire delle cose sensate perché non hai avuto il tempo di pensarle, di scriverle, hai ignorato cose macroscopiche come ti succede sempre; lo segue un altro uomo esattamente uguale con un altro stendardo fra le mani, questi è l'uomo terapia dal quale è possibile vedere attraverso gli occhi la luce diafana degli ospedali, le flebo e tutto il resto. sposto lo sguardo sul terzo della fila, dietro di loro solo una massa confusa di immagini innalzate e cappelli ondeggianti, questi ha negli occhi madama scelte, con tutto il suo arredamento tutt'altro che minimal: tempo che passa, introspezione, cose concrete ed ingresso nel cono delle possibilità che si riducono. Io mi tengo alla larga, li osservo con il battito del cuore che aumento, maledico la pipì che mi strappato da un sonno raro, muovo la testa, muovo il corpo attraverso il letto ancora caldo, unico ricordo di una notte piacevolissima. cerco un diversivo con lo sguardo e scorgo delle ciocche di capelli biondi, inizio ad esaltarmi, sì togliamo questo neo nero di processione, voglio fiumi di "bionidità"! lo sfondo è illuminato dalla luce di due occhi azzurri intensi che danno felicità e sono incorniciati da un volto conosciuto, impresso nella coscienza e nel subconscio, il colore candido della sua pelle mi tranquillizza, la temperatura diviene tepore, la processione medioevale scompare nel fumo del "sonniveglia", il cuore rallenta, i muscoli delle palpebre si rilassano, la schiena si distende, l'amore trionfa, spero rimanga ancora abbastanza tempo prima della sveglia.

sabato 23 febbraio 2008

wie spät ist es?

gli effetti benefici di un bagno mattutino sono indubitali. sensazione di pulito che per me è sempre una cosa strana e nuova, una cosa a cui non sono così abituato, costantemente in equilibrio tra l'eccessivamente pulito e l'eccesivamente sporco, margine che sembra largo, ma io mi ci situo esattamente al centro con rare ma cicliche sortite verso la mancanza di igiene dovuta a trascuratezza casalinga. non è però delle mie abitudini igieniche che volevo parlare, anche se causeranno un leggero sorriso a coloro che mi conoscono o talvolta una smorfia di ribrezzo accompagnata dall'irrigidimento degli sternocleidomastoidei, muscoli che solo da poche settimane inizio a "sentire". non è di questo, dicevo, che voglio parlare, per quanto nonostante il bagno, gli effetti benefici di cui sopra si siano frantumati, letteralmente andati in fumo, nello stesso fumo che occupava tutti gli ambienti della casa nel momento in cui sono uscito dal bagno,il fumo di peperoni arrostiti frutto del work in progress culinario di mia madre. pazienza, ragione in più per starsene sul balcone, elegantemente e charmosamente avvolti in un accappatoio morbido e lavato, anche questo un'eccezione.mentre facevo colazione, prima di tutte queste avventurose riflessioni ed azioni su igiene ed abitudini, sono stato semplicemente etonnato (neologismo coniato fresco fresco, dal francese étonnant, la traduzione in italiano non mi viene, è per questo che l'ho coniato!): prima l'umore era legato a doppio filo con la capacità di calcolare il tempo esatto di permanenza del biscotto nella tazza, tanto quanto bastava per non farlo rompere e perderne i pezzi irrimediabilmente negli abissi del caffellatte evidentemente troppo caldo; ora la variabile indipendente è costituita dalla capacità di spalmare il burro sul pane tostato senza romperlo ed in maniera più o meno uniforme. il tempo passa e le abitudini cambiano, questo il risultato e se hai l'accortezza di mettere il burro esattamente sopra o vicino al fornetto che scalda il pane, meraviglia delle meraviglie, hai scoperto come migliorarti! adesso non mi resta che applicare questo schema a cose un pò più importanti, ma forse in fondo, è già sufficiente averci riflettuto, "e bada bene di non rifletterci a fondo" mi dice una vocina dentro di me,
nella sistematica io non ci ho mai creduto.

domenica 10 febbraio 2008

vetro satìn, cielo azzurro

sole, sole giallo e caldo e aria frizzante.
muri della casa, amici confortevoli.
dolce far nulla, dolce creatura affianco sul divano,
la presenza di qualcosa mi sovviene e non mi preoccupa.
appetito, cibo e poco vino,
baci fino a consumarsi le labbra.

domenica 3 febbraio 2008

venerdì 1 febbraio 2008

solo con io

mentre cerco di dormire con i tappi nelle orecchie sento il mio cuore dentro tutto il corpo. sento il suo ritmo che si rincorre con il pensiero che ha cura della sua regolarità, ora aumenta e ora languisce, aumenta di potenza, diminuisce di pressione, lo sento nella gola, sento nella testa la sua eco. sono disteso, supino sotto la leggera spinta del piumino, ho le braccia contigue al corpo, poi le sposto e le metto disordinatamente sul tronco, piego gli alluci e sento la pressione del sangue che indugia fra le caviglie, che batte sotto la pianta dei piedi. cerco un sonno che non trovo ed il contrasto è forte con la stanchezza delle membra che si sono trascinate lungo una giornata inerme. sento nelle vene lo scorrere di una vita anestetizzata, stordita, lontana da quella quiete dopo la tempesta, naturale o procurata, assomiglia piuttosto ad un'idea di limite ancora da scoprire, da testare per conoscerlo ed imparare ad usarlo. un guinzaglio che lega un cane e che non lo fa uscire dal recinto, passeranno tante notti prima che si abitui e smetta di abbaiare.

lunedì 28 gennaio 2008

gin tonic lavato


che dire,mai il ticchettìo dell'orologio è stato così forte, mai ho così tanto desiderato l'amichevole ronzìo del frigo che questa notte non c'è e non so perché.
la tapparella è abbassata e non riesco a vedere se fuori c'è della nebbia. ho guardato dentro di me, e non ne trovo neanche, tutto liscio, tutto limpido, ma fuori non ci voglio guardare, ho scoperto di essere una persona suggestionabile.
continuo a bere a grandi sorsate dell'acqua frizzantina e spero di non dover scendere dalla soffitta durante la notte, spero in un sonno tranquillo, spero di non iniziare a leggere, altrimenti è finita. spero, spero tante cose, e visto che il frigo ha ricominciato il suo ronzìo, qui pare che tutto cominci bene.

domenica 27 gennaio 2008

mercoledì 23 gennaio 2008

stilaga


ascolto il tic tac del nuovo fornetto della casa, un nuovo oggetto estraneo dalla forma ed il volume diversi da chi lo precedeva. questo ha più tecnologia, questo è ventilato ed ha il grill, e se un forno ha il grill significa davvero tanto. se un forno ha il grill è come se il telefono fa delle foto decenti, è come se non fa troppo freddo anche se è inverno, è come se nella stanzina là dietro hai sempre del buon vino rosso e nel frigo del buon vino bianco, è come sapere sempre dove sono le forbicine ed il caricabatterie del cellulare, è come scoprire con sorpresa il taglia unghie mentre cerchi altro, è come avere sempre un paio di calzini puliti, è come avere la spillatrice sempre e comunque carica, è come avere qualcuno che ti fa le fotocopie, è come svegliarsi nel bel mezzo della notte per una telefonata inutile e provare ugualmente piacere.

martedì 22 gennaio 2008

spigola in crosta di sale

stamattina c'era un bel sole, ma dalla soffitta non si vedeva. scendendo i pìoli della scala che collega questa stanza al resto della casa, ho toccato un casco che ti si attaccava alle mani da quanto era sporco, sono scivolato, caduto o quasi, ed ho subito imprecato, nopn ricordo esattamente se qualche santo o proprio il capo. il capo, che significa anche la testa, la testa che sta lavorando lentamente, a piccoli passi, ogni tanto distratta da odori chimici di solventi e disinfettanti usati da mia madre per disinfestare questa casa, regno della polvere, della pruma si dice anche, ma non saprei se si tratta di un termine italiano.
buste su buste e spese su spese, cibo tanto, tantissimo, un pò di dolore nella parte bassa della schiena, un pò di umore che va su su e poi, come se non trovasse più dei pìoli per continuare a salire, come se questa scala non terminasse in un luogo insonorizzato dove ancora l'odore di un ricordo vivo mi trasporta nel sonno, come se questa scala a un certo punto finisse e non vi fosse altra soluzione che mollare la presa, ritombo giù tra la polvere.
adesso alle 12 e 48 è tutto grigio fuori, pare che il sole si sia trovato pentito di essere uscito, anch'io allora sarei potuto rimanere nel letto, non sarei uscito, ma io voglio splendere perché sono splendente, perché sono agile e su quella scala riesco a montare con un sacco di Cose nelle mani, nelle tasche e negli elastici delle mutande; io di quelle altre cose ne farò a meno, io di quelle altre cose me ne infischierò..

venerdì 11 gennaio 2008

capelli a zero

si dice che la privazione, le difficoltà e la riflessione che ne deriva ti rendono più forte, più profondo, più "che capisci un pò meglio le cose.."
al momento però mi ritrovo assonnato e cerco di risvegliarmi ingozzandomi di caffé, facendomi tante e tante domande su i miei prossimi mesi, e pensando a come fare a rendere questo post almeno lontanamente allegro, un pò divertente. forse è colpa sempre del caffé senza zucchero, amaro lui, amari i pensieri, amare notizie, amara voglia di amare la vita nonostante tutto:nonostante non c'entrasse un cazzo quello che mi sta succedendo, nonostante non c'entrasse davvero un cazzo di niente!

venerdì 4 gennaio 2008

alcool interdetto

silenzio, svogliato prima e disinteressato dopo.
come un bacco ancora non malato, come un reo in attesa del giudizio che
si sente innoncente: sta bene ed i limiti imposti lo fanno ancora
più soffrire, perchè nel suo corpo non incontra limiti più
vicini di quelli degli altri.
il sole non aiuta, il grigio imperversa ed il cane chiede le coccole
sul divano, lo scirocco si appiccica addosso dando la sensazione di aria
densa, di rumori sordi e pagine classiche.
il cibo opulento e le taviole imbandite, la luce diafana di un ospedale ed il
fondoschiena di un'infermiera. la mancanza di lei e il non posso farci niente, il miagolio dei gatti che si accoppiano e gli sguardi indiscreti dei compaesani, il traffico e la noia, l'emozione degli amici...