domenica 29 novembre 2009

punkabbestisceddhru


ho cambiato la tasca del permesso di soggiorno, dalla posteriore destra alla posteriore sinistra dei pantaloni. ieri mattina ho notato sbirri svizzeri, equipaggiati come la police di detroit in robocop 1 e 2, che controllavano i cugini punkabbestia o come li volete chiamare voi. lì per lì il mio primo riflesso è stato quello di toccare la tasca destra posteriore dei pantaloni, vuota! ho setito il viso che veniva irradiato di sangue a fortissima pressione, poi mi sono ricordato del cambio tasca, ho estratto il permesso di soggiorno, ho guardato la foto e mi sono rassicurato, constatando, non senza un certo tipo di pensieri di orwelliana memoria, che io esisto.

solo nel pomeriggio, grazie al prode amico commentatore ed alla telefonata ansiosa dei cari che chiedevano delucidazioni, ho realizzato dei disordini verificatisi.

critica: ribellioni legittime ma vane, dotate a volte della stessa goffaggine con la quale i cugini di cui sopra ti parlano sbiascicando sotto l'effetto della benedetta special K, che dio la salvi!

sabato 28 novembre 2009

un'ottava ottica

vorrei giusto sottolineare l'importanza di un risveglio che si può definire solo con la parola placido. il sole fa sempre la sua parte, è il sole. ma era talmente tanto tempo che non ne vedevo uno, che quasi quasi mi ero abituato ad un mondo cromaticamente diminuito di un' ottava.
oggi c'è talmente tanta luce che persino l'accappatoio blu mi sembra bianco, o comunque svolge la medesima funzione dell'accappatoio bianco. c'è talmente tanta luce che... ma dove avrò messo gli occhiali da sole? e soprattutto, come si usano?

venerdì 27 novembre 2009

buon compleanno

si tratta del tempo.
ebbene, come un fulmine, come un flash, come il piü classico dei clic mentali, mi è tornata in mente una frattura nel cemento del marciapiede di fronte alla casa in cui sono cresciuto. vi ero seduto sopra quando, ad un'età direi preinfantile, mio cugino mi aveva convinto a cambiare squadra per cui tifare. la linea nel cemento, la divisione fra due ere (forse ero troppo impressionabile all'epoca, ma mi tranquillizzo pensando che certe qualità, o difetti- dipending on the angle of the dangle- sono inversamente proporzionali all'età). come un effetto cascata mi sono tornati in mente tutti i tombini della strada, i sette tombini di ockuto, i tornei di arti marziali fra i miei pupazzi - l'uomo tigre ed E-man ricevevano un trattamento di riguardo - che avevano come premio un casto accoppiamento con la barbie di turno sul non-troppo-immacolato (altrimenti non starei qui a dire quello che sto dicendo) letto nuziale della mater e del pater, sotto gli occhi impassibili di svariate madonne, in svariati tessuti e materiali, ora bi ora tridimensionali. a queste immagini se ne sono aggiunte altre, a bizzeffe, e se ne possono aggiungere altre, mie, tue, sue, nostre, vostre. il punto è quella sensazione di nostalgia, di sfuggito, di irrecuperabile, che tanto è vera quanto è banale. quella sensazione di coscienza di aver avuto troppa fretta, di non aver avuto pazienza nel crescere, come se, se fossi stato piü paziente, sarebbe cambiato qualcosa.

martedì 24 novembre 2009

l'effetto levier

a volte succede che delle persone non godano più di considerazione in quanto tali. l'espediente è quello di incominciare a inventarsi nuove identità, nuovi modi di essere, per godere di nuovo credito con altre persone, nuove anche loro. il meccanismo è perverso. ci si può inventare infiniti modi di essere di se stessi e godere di nuova considerazione con infinite persone che si possono incontrare. il rischio è quello che qualcuno dei noi stessi inventati e messi in piedi, inizi a scricchiolare, si sgretoli, scompaia davanti alle persone di cui sopra. chi ti ha dato credito allora cerca di risalire al te stesso immediatamente superiore e, se non è un Agosto ed è veramente incazzato, sente odore di bruciato e cerca di risalire i te stessi fino a quell'ameba che, incapace di svilupparsi, ha creato infinite versioni di se stessa, vuote. il principio è quello della matriosca. direi che ogni punizione è vana, vivere così è già di per sè una gran condanna..

lunedì 23 novembre 2009

la meccanica sociale è un misunderstanding ovvero agosto ed adamo

Agosto non si dava pace.
Gli piaceva credere all’idea dell’esistenza di un albero di ulivo grande quanto un baobab. il capo albero che comanda su tutta la vegetazione e che le ordina di produrre nell’aria, a mezzo di fotosintesi clorofilliana e secondo il suo arbitrio, sostanze che ora assopiscono i sensi e bloccano il cervello sulla superficialità, ora esaltano quel meraviglioso essere che è un uomo pensante.
Non era la prima volta che un’idea di questo tipo attraversava la sua mente. Era abituato a pensare a cose che lo sollevassero in qualche modo da qualsiasi responsabilità, che gli permettessero di dire “non è colpa mia”.
Ma la stessa ragione che lo portava ad elaborare questa idea, non gli permetteva di liberarsene: era rinchiuso in un circolo vizioso di autogiudicamento del tipo perché-sei-così? E-se-ti-domandi-che-sei-così-vuol-dire-già-che-sei-così!?
“devo pensare a cose che mi danno piacere.. che mi danno piacere e mi fanno sentire appagato. Gli sembrava di essere vicino ad una svolta, ma ad ogni porta che riusciva ad aprire se ne presentavano delle altre “ma cos’è che mi dà piacere? Che mi fa contento, dov’è finita quella calma che si spandeva dal centro del petto irradiando di tranquillità e piacevolezza tutti gli arti per il solo fatto di essere degli arti?”..”perché le mie sopracciglia non si rilassano?” “devo cercare la pace nelle discipline orientali? -Con tutto il rispetto delle discipline orientali ovviamente-si affrettò a farfugliare fra le labbra come qualcuno che parla da solo per strada senza neanche avere la scusa di un auricolare nell’orecchio. era importante per lui non offendere a causa della sua ignoranza.

Adamo era dall’altra parte della strada, camminava nella sua testa, un deserto di sabbia fra cui giacevano qua e là fossili di neuroni. “stasera devo andarci, metterò la mia camicia con i polsini bianchi e chi se ne frega del caldo, i polsini bianchi, se la camicia è nera, fanno figo…guarda questa come mi ha guardato! Lo sapevo già che spaccavo grazie…devo camminare più scocciato, più menefreghista, si è così che si fa bravo bravo” Si fermò di scatto per guardarsi nel riflesso del suo volto emesso dal finestrino dell’auto, una faccia anonima contornata da capelli scuri a spazzola, una faccia da centomila facce. “si sono ok” pensò “ma non capisco come mai a volte mi accorgo solo io di certe cose…guarda quello come cammina e quell’altro come lo guardano, guarda agosto com’è bravo a sembrare scocciato, lui si che è figo, le donne impazziscono tutte per lui, è bravissimo a recitare la parte di quello con la testa fra le nuvole, devo imparare da lui”.
Evidentemente nella concezione del mondo di adamo, gli uomini erano tutti uguali - cosa che da un certo punto di vista dovrebbe essere vera - si distinguevano per la capacità che avevano di interpretare situazioni standard della vita; mi spiego, il successo sociale, che per lui era la vita, dipendeva dalle capacità di fare ciò che era ben considerato di volta in volta, indipendentemente dalle contingenze, dai sentimenti propri, dalle personali inclinazioni, gusti e culture. Le contingenze, i sentimenti propri, le personali inclinazioni, i gusti e le culture erano degli accessori intercambiabili e variabili e soggetti a multiproprietà che servivano all’occorrenza per giustificare la miglior interpretazione attesa in una particolare situazione (come le virgole che avrei dovuto usare per questa frase…) lui non era cosciente di questo, sarebbe stato più mediato nei comportamenti se avesse avuto una capacità di astrazione che gli permettesse simili pensieri. “ricorda di dare tre baci, è così che si fa ora”
-Ciao agosto, che combini di bello- gli disse adamo avvicinandosi per baciarlo ben tre volte.
-Oi adamo che piacere- aveva risposto pensando al fatto che adamo fosse stato ingiusto con le sue guance alle quali aveva dato un numero di baci differente, tuttavia una persona sorridente e felice in una giornata così è sempre la benvenuta. Scostandosi si era guardato nel vetro del finestrino per assicurarsi che le sue guance fossero uguali.
“guarda con che non chalance si guarda allo specchio!? per controllarsi i capelli sicuramente, chissà come fa ad avere questo effetto spettinato, come si chiamava quella cosa autovped? Me la devo comprare” pensò con stupore adamo. “devo entrare nel bar con lui così mi vedranno tutti”
-Birretta? Chiese
-Why not!- sibilò agosto ottenendo uno sguardo allibito di adamo.
“ainoc…deve essere un giuoco di parole da ricordare…ma si, tipo caino, traditore che mi vuoi fare bere, è più figo di dire perché no” pensava adamo mentre felice come una pasqua entrava nel bar abbondantemente frequentato.
Agosto si sedette ad un tavolo presso un albero, adamo registrò subito l’informazione eleggendo quel tavo lcome il-miglior-tavolo, senza pensare ai benefici dell’ombra.
-Che mi racconti di bello? Iniziò adamo dopo aver fatto toccare la propria bottiglia con quella di agosto seduto di fronte.
Agosto non rispose subito, era impegnato a cercare un verbo che in italiano, a parte brindare, indicasse l’azione di urtarsi fra i contenitori di bevanda alcholica possibilmente in vetro.
Adamo attese ostentando finta tranquillità, era così che si faceva, senza fretta, e che diamine!
-caro adamo è una giornata un po’ del cazzo, sei la prima persona sorridente che ho incontrato oggi- cercò di riassumere agosto.
- beh io sorrido di mio, non ho tempo di pensare a quello che fa la gente, dentro di me è tutto un uolkin progress- Aveva risposto adamo auto-complimentandosi per i suoni di ciò che aveva detto.
Agosto non ascoltò veramente, il profumo dei gerani lo aveva distratto, tuttavia sorrise di rimando, per cortesia, per gratitudine quasi, dopo tutto era stato invitato.“come diamine fa questa persona che ho davanti ad essere così felice, ride, ammicca, ok con quelle sopracciglia rifatte è un po’ ridicolo come quasi tutti in questo posto, ma non ero io che poco fa criticavo l’estetica non riflettuta qualunque cosa essa voglia dire ed inizio a pensare che non voglia dir nulla?”
Dall’altro lato del tavolo adamo cercava un argomento di conversazione che stimolasse il suo nuovo compagno. decise di raccontargli, inventandoselo di sana pianta e senza neanche cercare degli appigli per sostenere la sua storia, che era innamorato.
-ok, visto che siamo alla seconda birra, te lo posso dire, sono cotto di una che ho incontrato ieri sera in piazza, una straniera, ci siamo messi fitti fitti a parlare tutta la sera e quando l’ho salutata mi ha spinto in un vicolino ed abbiamo fatto l’amore in piedi. Ora quando cammino mi sembra di volare.
-beh mi sembra giusto che tu abbia questo bel sorriso stampato in faccia, ora capisco tutto.

Permettetemi ora di lasciare per qualche riga i due stimati protagonisti con la loro terza birra a mezz’aria per sottolinearvi in maniera molto sintetica l’ingenuità di Agosto e la sua credulità, l’assenza di capacità critica nei confronti delle persone con cui si confronta. Questa assenza è una del genere di ragioni per le quali agosto, dopo aver capito in ritardo l’attendibilità di un racconto o un messaggio non verbale comunicato da una situazione, si impegna ad elaborare teorie del tipo il-grande-ulivo-baobab-re-della-vegetazione, per non dire a se stesso che era stato un coglione patentato nell’ aver creduto a ciò che gli era stato detto o non aver capito ciò che era successo. Per quanto fosse notoria la sua intelligenza.
Accadeva tutto nella sua testa, ma non era granché tagliato per il mestiere di vivere. A volte però era fortunato.

- avrai modo di rivederla? Chiese agosto scolando la piccola bottiglietta ricoperta di bruma e ricordandosi che brindare si potrebbe dire anche tintinnare.
Vi fu un attimo di silenzio nel quale adamo si impose di non rispondere per sembrare calmo, agosto pensò che il silenzio fosse la risposta e si alzò per svuotare la vescica riempita dalle birre.
Adamo un po’ basito pensò che avrebbe dovuto quanto prima riproporre l’interruzione del discorso a mezzo alzata dalla sedia alla che-me-ne-fotto, perché gli era sembrata una cosa figa, dopo tutto le parole sono solo parole, i gesti fanno di più. “magari voleva dirmi che queste cose così rimangono così, che non c’è bisogno di parlarne?”.
Guardandosi allo specchio agosto si era accorto di essere un po’ alticcio, però andava meglio, fare quattro chiacchiere, incontrare qualcuno che gli parlava d’amore era una fortuna, avrebbe voluto continuare il discorso, si affrettò verso il tavolo.
-allora la rivedrai? Chiese
- partiva oggi, sono cose così agosto, cosa vuoi che ti dica!? Disse adamo avendo cura di tenere l’orlo della bottiglia vicino alle labbra in un atteggiamento affettato e pensando di aver trovato una sintonia con l’interlocutore.
“le pene d’amor” pensò agosto e sorrise un po’ malinconico.
“mi sorride, è fatta, siamo amici” pensò adamo.
-mi hanno invitato ad una festa stasera, visto che CI CAPIAMO io te, ci facciamo un salto?
-Why not? Rispose agosto
“sì, deve essere per forza qualcosa che ha a che fare con caino, la perdizione ed il peccato, me la devo ricordare questa, “ainoc!” pensò adamo.
Un po’ barcollando uscirono dal bar, si strinsero la mano con l’intesa di rivedersi dopo. Si divisero e alla distanza di cento metri, splendida metafora della vicinanza di due esseri, adamo, autopuntandosi l’indice contro, gli urlò –ainoc!.. voleva dirgli che era un birbante, un peccatore e che lo portava ad una festa.
Agosto sorrise cordialmente e, per l'ennesima volta senza aver capito, si avviò verso casa con i suoi pensieri alleggeriti dall’alchol.

giovedì 12 novembre 2009

terzo giovedì di novembre

ebbene me ne sono di nuovo dimenticato.
recandomi a casa in fine di
una giornata, per riparare,
mi sono fermato in un'enoteca chiedendo del vino novello.
risposta: il vino novello è pronto ogni anno il terzo giovedì
del mese di novembre.

ho ringraziato e me ne sono uscito. nonostante
la soffiata di un amico,
nonostante la recidività della dimenticanza §§§, il senso di colpa mi si è affievolito.

domenica 8 novembre 2009

hooks theory, to erpes

during the winter, actually at the beginning of the autumn, in geographical places where the climate is very humid (sic full of humid), environmental conditions are perfect for the headache birth. Here we want to talk about an unusual headache that you can easily describe trough the image of a lot of hooks litterally hooked up at the base of the head, just at the end of the neck, where hair starts its covering. the higher is the point of the hook penetration the worser is the pain. there are no particular remedies against "hooks". personal cases are very different. it is admitted that, in male patient, ejaculation (what ever is the method used)can reduce the intensity of hooks pressure and, as a natural consequence, the pain. there are no significant effects of anti-inflammatory drugs. in some cases, it is admitted that thc therapy can give the illusion of unhooking the hooks but, on the other hand, it is so dangerous because it can increase the pain after the thc effect. so, if you want to avoid this possibility, you have to keep the thc level at a certain standard level until you are reduced at a double electrons brain. of course life style has a preminent importance in the chances of pathology appearing (alchool, biorhythm regularity, sexual life, friends' intelligence, "home salubriosness", dealer and so on) . in the worse cases, "hooks" go with temple razor-blade that, at the time of the present essay, are still something of unknown.

martedì 3 novembre 2009

Yvette

di notte, quando ci sono un pò di nuvole ma non troppo fitte e la luna non descrive ancora la sua circonferenza, le luci dei centri abitati si riflettono in un rossiccio nel cielo. sembra come se il colore un pò sfumato si sia incastrato fra i vapori. rosso di sera pensi, in barba alle connessioni temporali che vorrebbero l'applicazione del noto detto al momento del crepuscolo. il giorno dopo, puntualmente, un naubifragio si abbatte su un asfalto incapace di riflettere le luci e le ombre, perché non vi sono ne luci ne ombre, semplicemente una coltre uniforme e grigia che avvolge tutto.
mi guardo negli specchietti delle macchine e nei vetri di dapperttutto per trovare una rassicurazione cromatica di me stesso.
a metà giornata va meglio, oramai è fatta, una volta partiti il movimento continua per inerzia. quando è sera, poi, non senti più la differenza, ti accorgi che il tuo corpo e la tua mente reagiscono, in maniera spontanea ed indipendente dalla tua volontà, a stimoli pratici che provengono da un passato molto più che prossimo. mi riscopro fuori da un negozio con in tasca il contratto di affitto della mia nuova cucina elettrica: ha quattro fuochi ed un forno con il grill.