domenica 18 aprile 2010

i cieli e la terra sono pieni della tua gloria

da un annetto a questa parte ho sviluppato la sindrome da biglietto aereo on line. è più forte di me, non riesco a cliccare su quel maledetto "confirm" se tra l'acquisto ed il momento del volo intercorrono dei tempi superiori a due giorni.

mi sono impegnato, ho provato a pianificare anche e soprattutto perché questa sindrome mi ha causato e mi causa delle spese maggiori, e non di poco. mi consolo almeno con le valigie occupandomene, ovviamente, all'ultimo secondo.

poco tempo fa si è presentata un'occasione da non lasciarsi sfuggire per provare a guarire dall'insana ed antieconomica sindrome: seppi con un mese di anticipo che alla tal data avrei dovuto necessariamente essere nel tal luogo alla tal ora con un grado di certezza molto alto. bene, mi dissi cercando fra i siti delle varie compagnie aeree la migliore soluzione come comodità e prezzo. bene, mi dissi dopo aver inserito il numero di carta di credito ed il CVV negli appositi riquadri. mi feci coraggio e cliccai su quel "confirm", la banca mi chiese come informazione di sicurezza la data di nascita, la inserii con le mani tremanti, tutto emozionato dall'impresa che stavo compiendo: avevo comprato un biglietto aereo con quasi un mese d'anticipo, e non un biglietto normale, ma a/r. potevo ritenermi guarito?

la data si avvicinava ed io ero soddisfatto del mio affare.
ad un certo punto salta fuori una nube da un vulcano islandese dal nome impronunciabile. è altamente probabile che a causa di questa nube tutti i miei sforzi di guarire dalla sindrome vengano vanificati: non si vola almeno fino a lunedì! mi resta qualche giorno per affidarmi alla tanto cara incertezza, ma in cuor mio so che ricadrò nella sindrome dall'altezza di diecimila piedi.

da una breve ricerca che non vuole essere ne pretendere di essere scientifica, ma relativamente fondata, scopro che, in passato, l'attività vulcanica dell'isola islandese ha contribuito molto ad i vari eventi storici del continente europeo. l'ultimo episodio in ordine di tempo risale ad un eruzione del 1783. un altro vulcano d'islanda, con un nome più pronunciabile stavolta, Laki, iniziò ad eruttare da alcune fessure a causa del contatto della lava con le acque sotterranee ed emise un sacco di fumo misurato con unità di misura mai sentite nelle quali la parola 'tonnellata' figura talvolta, ma è un parametro che va moltiplicato a dei numeri con più di 3 zeri. questa nube gigante, relativamente più consistente di quella che staziona attualmente sul vecchio continente, ma più piccola di quella causata dall'eruzione di altro vulcano dal nome di battesimo impronunciabile nel 934 d.C., stazionando per i successivi tre quattro anni nell'atmosfera, si mise a modificare il clima interponendosi fra la crosta terrestre ed il sole. l'estate del 1783 smise di essere estate, l'inverno che le succedette fu storicamente uno dei più freddi mai registrati, anche in nord America.
Tutte queste modificazioni della temperatura ebbero gravissime conseguenze sui raccolti e l'agricoltura del tempo. molte nazioni riuscirono a tirare avanti grazie alle scorte alimentari. Nel 1788, però, la storia della francia si incrocia con quella del vulcano Laki. la penuria delle derrate alimentari contribuì in maniera significativa al fervore rivoluzionario dell'allora ancora per poco monarchia francese. in un anno, infatti, nel 1789, scoppiò la rivoluzione francese di un popolo affamato di cibo e di libertà.

non voglio andare oltre, altrimenti totino, caro amico, non legge tutto il post, dice che sono un pò troppo lunghi e non gli va di leggerli completamente.
arrivo al punto allora: se l'unica volta che supero il mio complesso da biglietto on line si presenta un evento geologico-atmosferico che non si verificava da più di duecento anni e che affonda le sue radici in uno degli avvenimenti maggiori della storia dell'uomo moderno e che renderà vano il mio sforzo terapeutico e con ogni probabilità mi obbligherà al pippone ferroviario mai fatto prima - ed in quel caso mio cugino angeloantuan mi farà un baffo (aivoglia ad andare su e giù da pordenone)- chi cazzo mai farà, se non per me stesso almeno per rispetto verso l'umanità,
un biglietto d'aereo con più di due giorni di anticipo sulla partenza?

se le cose dovessero andare come è molto probabile che vadano, un mezzo gaudio c'è da qualche parte: io e luigi XVI abbiamo qualcosa in comune.

venerdì 16 aprile 2010

certificazione

di professione faccio il distributore di certificati verbali di complimenti. mi occupo di far stare bene la gente, a volte sinceramente, altre prendendola per il culo.

la teoria del complimento fa bene all'umanità ed io la professo in ogni dì, in ogni dove e nelle lingue che me lo permettono. fa bene sentirsi dire ciò che si vorrebbe ascoltare, fa bene rovesciare i punti di vista altrui e provocare un sorriso.

non è un lavoro che rende da un punto di vista economico, né a me poiché lo faccio gratis, né allo stato in cui la esercito poiché non vi sono marche da bollo da pagare. anche se ho innumerevoli anni di carriera alle spalle, non posso chiedere "la disoccupazione" quando non sono in vena, non posso mettermi in malattia e, qualora mosso dalla coscienza volessi comunque lavorare da malato, non avrebbe tanto senso: i medici non hanno bisogno di certificazioni verbali di complimenti, ne hanno piene le orecchie.

ciò che mi turba, invece, sono le autocertificazioni.

detto questo, vi lascio che ho da lavorare: vi amo tutti, siete fantastici!

lunedì 12 aprile 2010

costa morena

Caro diario,

sono in una terra in fermento, tutto si muove. sembrerebbe che anche le pietroline che compongono l'asfalto non hanno più voglia di restare dove sono, cioè nell'asfalto per terra, e vorrebbero cambiare posizione nel mondo urbano dei compaesani.

si sente da un lato una spinta forte ed emozionante nella quale alcuni sperano, dall'altro un pò di rassegnazione per quel blob che, incorporando le proprie vittime ad ogni suo passaggio, diviene sempre più grande.

volevo anche dirti, caro e stimato diario sempre pronto ad ascoltarmi, che l'altro giorno mi sono avventurato sulla costa a nord della centrale federico secondo di cerano. se mai dovesse capitarti, facci un giro, è quasi un dovere che si ha nei confronti della propria residenza. non c'è un granché da vedere, si tratta di una "no mans land", impianti chimici e scarichi molesti che scaricano molestamente nel mare sostanze che, se ricordo bene, mi è stato detto chiamarsi mutagene, nel senso che a contatto con altre forme di vita ne modificano i loro geni, e poi è tutto un casino.

ettari ed ettari di terra abbandonati insieme ai loro casolari per i quali non sapere il nome mi fa un pò vergogna; eppure io vengo da questa terra, io ce l'ho una terra! troppo grande la tentazione di immaginare come fosse fiorente e bella un tempo..

stranamente ascoltavo in macchina un pezzo che mi diceva "se t'inoltrerai/lungo le calate/dei vecchi moli", beh, mi sono inoltrato, ho visto una laguna, tanti isolotti che sarebbero potuti essere meravigliosi, ma invece colonizzati da attrezzature, macchinari, impianti, moli e pescatori che pescano in quei moli con tanto di interdizione alla pesca, alla mollusco coltura (in sostanza cozze), alla balneazione e, in alcune zone, anche alla respirazione dell'aria.

cartelli con divieti d'accesso in zone militari, telecamere sicuramente non funzionanti, desolazione, una palla rossa che a ovest inizia ad arrossirsi dipingendo uno dei tramonti più macabri cui abbia mai assistito.

tanta gente lavora dentro questi impianti tipo detroit, tanta gente magari non è poi così felice di lavorarci dentro. la spinta del sistema sta portando le aziende a ricominciare il ciclo di sviluppo in territori che ancora non lo conoscono, tipo albania o senegal, quasi a dire che qui non c'è più molto da fare, non conviene più produrre. ringraziamoli, hanno elevato il nostro standard economico pro-capite e martoriato la nostra costa facendo qualcosa alla cazzo di cane. la questione è più o meno sempre la stessa, pensarci prima.

bref, non voglio cadere nei soliti giri di parole, caro e stimato diario perchè sono cosciente che in quel caso smetteresti di essere il mio diario, volevo essere sicuro di lasciare un segno da qualche parte di ciò che ho visto, possibilmente stimolare la curiosità di qualcuno a spingersi verso quei luoghi.

da parte mia, non l'avevo mai fatto in 26 anni di vita ed adesso che ho incartato tutte queste parole, posso finalmente concludere con quelle semanticamente più adatte:
scioccante-sconvolgente-macabro-che fa innervosire-che ci mette a confronto con l'impotenza di fare qualcosa- offeso-raggirato- si promette si mantiene a volte- scombussolante-nascosto- sterminato- sgarrupato- incolto-ribrezzo- incazzato- andate a fare in culo tutti, ma proprio tutti!

venerdì 9 aprile 2010

il catetere

gli succedeva sempre al momento di mettere i calzini, sentiva suonare il claxon là fuori. era quasi pronto, metteva le scarpe e scorreva via attraverso la porta andando incontro ad una macchina con almeno tre persone dentro.

andava a fare un giro.

non vi è mai stata espressione che racchiudesse così tanti significati in così poche parole (cinque per l'esattezza, ammettendo che "a" e "un" siano due parole).

mentre passava per, forse, la terza volta dallo stesso punto della circonvallazione - tangenziale per chi ci segue da agglomerati urbani abbastanza consistenti - intravide la luce accesa di uno stabile sulla destra, verso il paese. capì che si trattava dell'ospedale, vide la stanza diafana con un tavolino-tipo-ospedale, due sedie e due infermiere incarne. la bionda diceva alla bruna che per fare un buon risotto agli asparagi occorreva cuocere il riso aggiungendo gradualmente il brodo fatto dai gambi inutilizzati degli asparagi .

erano nel reparto rianimazione, avevano il turno di notte e vegliavano su quattro corpi che impugnavano medicalmente il trapezio della vita e volteggiavano sopra il baratro della morte, senza rete di protezione.

la mattina prima, al tipo del letto numero due, avevano tolto il catetere, un aggeggio che si infila nell'uretra e quando si fa pipì il liquido scivola via direttamente in una bustina contieni-pipì posta per terra.
il tipo del letto numero due, quella stessa mattina, aveva RIcominciato ad assumere acqua allo stesso modo dei suoi simili e cioè bevendola.

il tipo del letto numero due, invece di chiamare con il campanello l'infermiere perchè gli portasse il pappagalo ogniqualvolta avesse avuto bisogno di svuotarsi la vescica, si pisciava addosso copiosamente. ciò avvenne almeno quattro volte nell'arco della quella mattinata.

il primario del reparto, per risolvere il problema prettamente urinario del tipo del letto numero due, pensò bene di attaccare al presto rianimato pene del tipo del letto numero due un preservativo modificato, nel senso che era collegato ad un filo che a sua volta era collegato ad una sacca contieni-pipì posta per terra. l'ingegnoso sistema aveva funzionato fino al momento in cui il nostro affezionato passava per, forse, la terza volta dallo stesso punto della circonvallazione e, guardando verso la finestra dell'ospedale, si chiedeva se, a quel dato punto della storia, l'infermiera si sarebbe incazzata disgustata oppure no.

l'infermiera bionda stava concludendo la sua dissertazione sul miglior modo di cucinare un risotto agli asparagi raccomandandosi alla sua interlocutrice di aggiungere il parmigiano a fine cottura, oramai a fuoco spento, così si sarebbe solidarmente e solidamente aggiunto agli asparagi. il led del letto numero due aveva incominciato a lampeggiare in quel momento. le due infermiere si recarono nella sala e videro che il lenzuolo del tipo del letto numero due era rigonfio come se questi fosse stato incinta. l'infermiera bruna tolse il lenzuolo e vide un corpo smagrito, ed un pallone pieno di liquido che aveva come base un presto rianimato pene. quel pallone sarebbe potuto essere rosa gusto fragola, così avrebbe dato un pò di colore a quella stanza. toccò non abbastanza delicatamente la sfera rigonfia, causò uno scossone ed il tutto scoppiò in una pioggia dorata sul suo volto e sul suo camice. l'altra infermiera, la maga del risotto agli asparagi, si lanciò in una grassa risata inusuale per quel luogo, come inusuale era il fatto che un'infermiera si prendesse un decimo di ettolitro di pipì in faccia perché non aveva ben maneggiato un preservativo rosa gusto fragola generosamente attaccato ad un presto rianimato pene di un presto rianimato corpo. per uno strano istinto animalesco, l'infermiera bagnata si passò la lingua sulle labbra sentendo un gusto acre, la pipì del tipo del letto numero due.
disse alla collega, fra i singhiozzi di una risata nervosa, che probabilmente il tipo del letto numero due aveva mangiato il suo risotto.

poteva essere una buona conclusione, pensò ad un semaforo rosso e deserto. ma non lo soddisfaceva poi tanto. allo stesso modo di quando si va a fare un giro carichi di speranze quasi sicuramente disattese, aveva sperato, vedendo quella finestra illuminata, che gli sarebbe potuto venire in mente un finale migliore per quella storia di pipì ma, evidentemente, si trattava di un'altra quasi sicuramente disattesa speranza.