sabato 31 ottobre 2009

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prima o poi qualcosa di piü corposo sull'iconografia cristiana mi verrà in mente.

tempo di lamapadine

devo confessare che le persone losche qui si notano subito perché emanano tensione. e non parlo della tensione che spesso emana un rispettabile ed onorato amico di cui qualcuno potrà intuire l'identità. parlo di una tensione da losco, da persona che fa una cosa che non si potrebbe fare.

sto per arrivare a casa, per la strada uno scooter super elaborato ed in moto - la marmitta arrows mi fa tornare in mente periodi ricchi di acne - aspetta con qualcuno seduto con mezza gamba sopra. teso, biondo ed ingelatinato. ha un giubbotto di jeans da persona dell'est. passo e lo guardo, gli sorrido perché mi fa pena da quanto è teso. mentre sto per inserire il codice per entrare nel palazzo, giunge sparata un audi ottanta - anche lei ricca di ricordi, ognuno di noi ha o dovrebbe avere dei souvenirs legati ad un audi ottanta - si infila in un anfratto che sarebbe l'entrata di un garage, ma, meraviglia delle meraviglie, resta ferma ed accesa lì. il tipo dell'est balza sullo scooter e raggiunge la macchina che fa finta di entrare in un garage. il rumore della marmitta è assordante. qualcosa passa attraverso il finestrino aperto dell'audi ottanta ed il ragazzo fila via, diritto, con il rumore dello scooter che lo precede di svariati metri. ci prendo gusto e torno indietro dall'altra parte dell'isolato. il ragazzo ha fatto il giro e lo incrocio proprio all'angolo, mi guarda terrorizzato ed abbassa la visiera di un casco integrale che, indossato stando su uno scooter del tipo formula 50 (credo si chiamasse o si chiami così se ne esistono ancora e mi sia permesso di dire che si tratta di uno dei prodotti di locomozione a motore dall'estetica peggiore che abbia mai visto) dà come l'impressione di un calzino bianco sotto uno smoking nero.
in tutto questo mi è sfuggita l'audi ottanta che , ovviamente e nella maniera più tesa e più losca che si possa immaginare, ha sgommato e sfrizionato andando via dopo aver effettuato un non meglio identificato scambio che, in realtà, mi è sembrato più un atto unilaterale di ricezione, teso. me ne ritorno verso casa.
all'angolo una ferrari gto - tipo la macchina dell'uomo tigre quando è naoto date - è mal parcheggiata con una ruota sul marciapiede, neanche fosse una regata o una ritmo. ne discende un uomo di mezza età, capelli bianchi simil-pettinati, scia di profumo che ancora cerco nelle profumerie degli aeroporti. chiude lo sportello con le chiavi, infatti le ritmo mi pare non abbiano la chiusura centralizzata con il telecomando e credo neanche le ferrari gto. cammina con non-chalance dopo aver parcheggiato alla che cazzo me ne fotto una macchina non proprio comune come se fosse la feccia delle macchine comuni. si infila la giacca mentre cammina. gli passo accanto e percepisco quanto è rilassato. un sorriso mi si stampa sul volto.

venerdì 23 ottobre 2009

di una sera

quella sera non era calata l'umidità, ma l'aria era diventata comunque piü densa. le foglie degli alberi avevano perso il loro colore, persino le occhiaie delle persone si erano inspessite. era come se tutto fosse diventato piü pesante, come se la forza di gravità avesse aumentato la sua pressione sulle cose e sulle persone. rientrando in casa a fatica per l'attrito dell'aria, passando sopra un ponte, notai un uomo, la cui figura e modo di abbigliarsi inducevano a pensare che fosse distinto. si sporgeva lungo il passamano. aveva un'espressione preoccupata e, anche vedendolo da lontano, dubitavo che fosse li' per compiere l'insano gesto. sotto al ponte la strada passava a non piü di 5 metri. volendo, per suicidarsi, ci si poteva scegliere un posto ben migliore. era una delle migliori rappresentazioni del dispiacere, affacciato ed attento a ciö che accadeva di sotto. spinto dalla medesima curiosità ho sbirciato anch'io: una splendida ragazza seduta in una macchina, lato guidatore, sportello aperto e luce dell'abitacolo che rifletteva i suoi capelli biondi e lunghi; di fuori un giovane ragazzo con il viso del senso di colpa e con nessuna particolare altra caratteristica. in quegli attimi non successe nulla di diverso dal silenzio. non riuscii ad interessarmene. l'uomo distinto invece ascoltava anche se non vi era nulla da ascoltare. come la faccia di una nonna o una madre che guarda in tv qualcosa di spiacevole che accade a persone di cui ignora praticamente tutto a parte l'aspetto fisico, l'uomo aveva la faccia preoccupata come reazione da spettatore a ciö che era successo poco prima - poiché sicuramente qualcosa era successo oltre al silenzio di cui ero stato testimone, lo si percepiva, o, ed il dubbio mi sfiorö per una frazione di secondo, forse era un'illusione dovuta alla maggiore densità dell'ariai. mi allontanai, come se mi fosse stato concesso di sbirciare un pö e null'altro, come se una vocina dentro di me, senza alcuna plausibile ragione, mi avesse detto "ora basta, allontanati, non ne hai il permesso". l'uomo, che a quel punto, nonostante il cappello e la sciarpa, aveva cessato di essere distinto ai miei occhi, mi guardö un attimo in maniera anonima, senza cercare una complicità. poi perö scosse il capo in segno di disapprovazione. sul mio viso il nulla dipinto su di un'espressione che accennava la sorpresa. lui rimase li', immobile. io mi allontanai e, dopo un centinaio di metri, già pensavo alle mie occupazioni casalinghe sperando che l'aria tornasse rarefatta quand'anche rinchiusa tra quattro mura. mi voltai prima di svoltare e l'uomo era ancora li', sul parapetto.
il giorno dopo, passando fuori da un'edicola, la cronaca esponeva la notizia dell'omicidio di un uomo sulla tentina sotto quel ponte.

giovedì 22 ottobre 2009

100 frenghi

sono una persona abbastanza equilibrata, o almeno credo di esserlo. essendo una mia personale percezione di me stesso, molto probabilmente non sarà vera, per la regola di esperienza che vuole che le nostre percezioni non corrispondano sempre alla realtà, ammesso che una realtà esista. ho iniziato con una semplice frase e sto rischiando di infognarmi in problemi metafisici (credo) piü grandi di me. keep it simple! dunque, dicevo di credere di essere una persona abbastanza equilibrata, ho un buon margine, un rach, di valutazione delle cose. e dicevo anche che probabilmente questa affermazione non è cosi' vera. in ogni caso, la novità da annunciare è che sono diventato intransigente in fatto di insalate. sto sviluppando una dipendenza per l'insalata, cosa abbastanza strana, e piü si sviluppa questa dipendenza, piü divento un purista. deve essere verde, niente cose strane tipo mais o uova sode dentro, altrimenti non avrei preso un'insalata. niente sesamo, - che dio ci scansi dal sesamo!- olive e cose che imbrattano il colore verde dell'insalata. le carote sono ammesse solo se tagliate alla julienne e poi, l'unica e grande eccezione che ammetto, è una salsa fatta di senape, olio e qualcos'altro; altrimenti solo olio e sale. se sono su al sud magari un pö d'aceto. l'unica giustificazione che riesco a darmi è che la rigidità sia una conseguenza elvetica dell'essere in Helvetia.
credo sia per la medesima ragione gli sbirri svizzeri fanno i verbali alla gente che non lavora e che va di fretta e che, soprattutto, è in bicicletta! giuro che non ci credo ancora, ma il foglio che mi ritrovo nella tasca è una verità storica incontestabile, altro che negazionismo!

giovedì 15 ottobre 2009

l'amicizia non ha calorie

con il sole che non scalda e le mani che si irrigidiscono diventa difficile pensare. si aggiunga a questo la moquette che mi si è piazzata sulla lingua. una moquette spessa, anni ottanta e credo neanche troppo pulita, causata dalle migliaia di millimilligrammi di pillole medicamentali che sono costretto ad ingurgitare per i capricci della mia faringe. Si aggiunga che solo tre giorni fa ho scoperto di non avere più le tonsille - e sia detto per inciso che secondo me tonsille si dovrebbe scrivere con la zeta, tonzille, ma vabé, non starò qui a tediarvi con le mie convinzioni semantico/linguistiche genuine o causate da problemi logopedico/infantili- e potete immaginare come ci si può sentire dopo aver scoperto di essere stati privati, senza saperlo, di una parte del proprio corpo; stronzi! ho pensato, poi ho detto vabé.
vesto un tuttavia in maniera invernale, perché mi è giunta voce che ormai su svariate longitudini e latitudini il termometro è andato giù, per dire che, nonostante tutti i si aggiunga che precedono, sono riusciuto ad enucleare una frase che vale soprattutto con un certo tipo di amiche tout-court, forse anche con le sorelle, con gli amici direi di no, ed è quella del titolo.

venerdì 9 ottobre 2009

vacuum

in fondo a una giornata, alla fine di una serata, a pochi passi dal letto. chissà cos'è quel piacere malsano che provo nel privarmi del sonno. chissà, o cosa sarà, come dice la canzone. oggi ho sentito parlare di Pascal, pare sia un uomo vissuto durante il 17esimo secolo che ha inventato, tra le altre cose (fra cui alcuni aforismi innocentemente finiti sui diari di scuola o colpevolmente citati da persone adulte nei vari social networks dei quali, lo ammetto, sono succube), il calcolo delle probabilità. grazie a lui, oggi, ogni nostra futura azione, basandosi sul passato, può essere trasformata in numeri, in probabilità che si verifichi, appunto. e più sono le cose del passato che si mettono in conto, più le probabilità che qualcosa si verifichi nel futuro sarà precisa. pensandoci bene, il futuro, come è stato detto dai filosofi (resto sul vago perché non saprei dire chi, ma qualcuno l'avrà pur detto) non è altro che un'astrazione, non esiste. adesso non esiste me stesso che fra pochi minuti deciderà di infilarsi nelle coperte e cercare di dormire, senza alcun motivo plausibile dico cercare, perché basterebbe semplicemente farlo. adesso non esiste me stesso che si accenderà una sigaretta prima di aver messo il punto a questo post. adesso non esisti tu che fra pochi secondi avrai finito di leggere alzando le sopracciglia ed inarcando le labbra in un'espressione incerta, come il futuro, che non esiste.

domenica 4 ottobre 2009

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quando succede succede, te ne accorgi ovviamente solo quando tutto è avvenuto e non puoi farci niente, non puoi tornare indietro. anche se ci sono tutte le spiegazioni possibili, tutte le ragioni per riderci su, per rendere plausibile quello che hai fatto. oramai la lettera scarlatta ti è stata cucita addosso, una grande C, mastodontica, fosforescente, la c di coglione.