lunedì 28 aprile 2008

un semplice fiocco al collo ovvero fenomenologia dei pensieri applicata alla vita

sotto questa tramontana capricciosa mi copro il collo con un foulard antico ed ambiguo. le persone sono legate da mille relazioni, non voglio richiamare la teoria dei sei gradi di separazione, ma se ci si fa caso prima di parlare, anche solo un'esclamazione fuori posto piuò avere conseguenze impensabili e sopratuuto a catena, dipende dal tessuto sociale in cui ti ritrovi. una semplice riflessione, forse banale e scontata, ma ne ho bisogno per sentire il cervello che funziona, che continua a girare in maniera cosciente: l'istinto stimolato dalla primavera rischia di assorbire tutte le mie energie mentali. per quanto bello sia abbandonarsi e lasciarsi trasportare, capire che siamo tutti legati attraverso dei foulards-alcuni di seta, griffati, alcuni bucati vecchi e sfibrati-mi risulta necessario. immergo i miei pensieri in un mare fatto di onde di foulards che ondeggiano ai soffi della tramontana, che si afflosciano sotto il caldo scirocco che inebria di umidità le foglie ed i boccioli nuovi. non voglio che smetta di muoversi questo mare, non voglio essere bravo a capire quando è tempo di aspettare, voglio rimanere così, con la smania di fare le cose, la fretta che non me le fa venire bene. l'autocontrollo e la programmazione che ha a che fare con la vita pratica uccide la vita pratica, la rende un cruciverba delle prime pagine della settimana enigmistica. la capacità di emozionarsi non ha filtri o ragioni di grandezza. mi rende felice sapere che per ironia della sorte, in una famiglia composta da cane femmina, madre, padre e tre figli maschi, la cagna faccia pipì alzando una gamba comne i cani maschi per la disperazione della madre di famiglia, mi piace prendere una spremuta d'arancia e mntre sto uscendo chiedere il conto e ricevere come rispostra che è stato già pagato dal signore che è appena uscito, mi piace pensare che non ho mai fatto un telegramma e quando mi è stato detto che se ne sarebbero occupati ho avuto quasi un sollievo, mi piace pensare che forse non avrei dovuto dire a quello di questa cosa o della taòaltra ma che alla fine gliel'ho detto e chi se ne frega, staremo a vedere..
sono pensieri da piccolo uomo? làddove i giudizi di valore tra piccoli e grandi uomini appartengono sicuramente ai primi e certo non ai secondi mi astengo dal rispondere. esiste una prosa musicale della vita che ha a che fare con il rosso dei pomodori pachini che odorano di terra ed i carciofi sott'olio, esiste uyna poesia della vita che ha a che fare con l'amore verso una creatura divina, o0gnuno di noi dovrebbe averne una, io credo di averla trovata, tra l'altro insigni mi hanno detto, riferendosi al ceppo familiare, che noi la si ha in vena la poesia, a me è scappato da ridere al pensiero di ciò che mi scorre in vena adesso. credo manchi una coerenza di fondo in quello che sto scrivendo, ma proprio non riesaco a staccare le dita dalla tastiera, i foulards hanno rotto le dighe dei pensieri, un fruscio setoso e piacevole continua a prodursi, non voglio arrestarlo, non voglio controllarlo. si dice che la musica non sia altro che un insieme di regole che rispettano una cosa che si chiama armonia, che la stessa armonia può avere delle applicazioni alla vita. pensate di applicare le regole dell'armonia e della musica alò comportamento che si tiene nei momenti di noia, io già vedo i sorrisi sgangherati dei vecchieti risvegliati dal torpore della loro malattia mentre aspettanoi il loro turno in ambulatorio dal loro medico curante, già vedo un intero vagone della metropolitana insensibile alla deferenza ma sensibile alla vita qui ed ora, una fila nell'ufficio della posta che balla l'hully gully, una station wagon in coda nelkla quale la famiglia al completo continua a ridere e parlare non-curante dei micro avanzamenti della fila davanti a loro, un giovane ragazzo che capisce e finisce di battere le proprie gonfie dita su di una tastiera i cui tasti non stanno mai a loro pèosto, un lettore che giunge alla fine di ciò che sta leggendo.

mercoledì 23 aprile 2008

memoria breve, III


le mani gonfie sotto il sole, la pelle piacevolmente riscaldata e nella mente ancora l'armonia della natura di villa borghese e lo scricchiolìo dei sassi sotto l'incedere dei passi lento e fluido, trasportato dai colori che riverberano nell'aria. diverse intensità di verde ed il soffitto immenso, cielo. una nuvola offusca il sole ma i colori rimangono intensi, romani, ad ogni angolo di questa città di cui non conosco niente ricevo la piacevole sensazione di qualcosa di profondo ed indefinito, qualcosa ma non so esattamente cosa: mi sento vivo e non solo vivente, basta un niente per aprire la porta della bocca dello stomaco, una foglia un sorriso un bar una scala una vigilessa un urlo un caffé una birra uno sbuffo.. Sia da bisimare o meno sento l'esigenza di comunicare e di condividere tutto questo attraverso un cellulare.
mi guardo intorno e registro le mie emozioni, i miei pensieri le mie riflessioni che si fermano in suoerficie, nonostante i crampi all'avambraccio mentre scrivo a penna, i rigurgiti di acidità che sfociano in legggeri conati di vomito, i crampi ai polpacci mentre dormo per la prima volta in una casa su di un letto comodissimo, sono pur sempre stato risvegliato da un sole in piena forma, un cielo azzurro come solo l'azzurro del cielo può essere, ho preso il caffè con un amico ho riso fumato e mangiato, ho atteso, ho realizzato che potrei essere innamorato di tutto ciò che faccio.

sabato 19 aprile 2008

brain storming


si preferisce il sabato alla domenica soprattutto perché il giorno dopo non si va a lavorare. Lavoro lavoro lavoro, i muri di questa città non parlano d'altro, vociare di corpi ben vestiti, brunch and brand, sunglasses watta sgeps, tutto un pò branché, sotto la pioggia battente, stimolatori di riflessioni di tipo commerciale ai limiti dell'inconscio posizionati ad ogni angolo, così tanto eccesso da sembrare una parodia dell'eccesso, il divano con le onde rosse e le foto, i tacchi e le pozzanghere, gli ombrelli, una patina opaca ma a tratti splendente sui colori di una serata da pedone, stipato in ambienti di presunto design dove anche le persone sono vestite da arredamento di quel certo tipo di arredamento. mi aggiro per le strade affollate di mediolanum con il freno a mano del cervello ben tirato aldilà della porta delle mie orecchie un gran vocio difficile da indere: dai facciamo che ci vediamo direttamente là ti faccio sapere per gli inviti, si un diverso concept perché poi dipende anche dal target, dai punta a domani, uh uh uh uh, necessito di cibo, kebabbaro e quanto è brutta questa parola.

giovedì 17 aprile 2008

dal vostro affezionato

dal corrispondente estero arrivano importanti notizie, quella principale è che quando in italia c'è il sole, non esiste nessun altro posto migliore in europa.
mentre ero davanti ad un foglio leggermente scarbocchiato ho notato che delle linee creavano un triangolo rettangolo. una grandissima idea mi è balenata nella mente ancora semi-addormentata: il Teorema di Pitagora. Semplice e semplicissimo, formula splendidamente ricordata dai miei neuroni piu' anziani, enunciato a menadito e conseguente autoesaltazione. un piccolo neo, una piccola macchietta ha iniziato a farsi avanti: come la mettiamo con la dimostzrazione? il tempo ha iniziato a scorrere, lo sgurdo fisso sul foglio, la domanda ha iniziato ad avere dei contorni kafkiani, le pulsazioni sono aumentate, i conati di vomito si sono affacciati alla base della gola in corrispondenza all'aumento del nervosismo dovuto all'incapacità di comprensione. da grande cittadino del mondo ben calato nell'epoca contemporanea quale sono, ho provato a bagnarmi nel fiume digitale del sapere di wikipedia, a stento sono riuscito ad uscirmene, a causa delle correnti di spiegazioni che davano tutto per scontato ho rischiato di annegare. mi sono imbattuto su di un'altra pagina "l'immediatezza della spiegazione permette una facile comprensione del teorema ai ragazzi di tredici anni" un tonfo al cuore mi ha preso, ho cercato rifugio in me stesso e sto scrivendo adesso queste cose per sentirmi meglio, per starmene tranquillo con me al riparo da ipotenusa e cateti in caduta libera, zavorre legate all'autostima, preferisco le ali dell'ignoranza, preferisco l'ingenuità e la brevità, dé' molto per scontato, ho votato berlusconi.

giovedì 10 aprile 2008

papaya, essiccata

ho dimenticato di ricordare il compleanno del blog, non che abbia una particolare importanza, era il 27 marzo 2007, gran bel post di debutto. ognuno festeggia quello che ha e quello che fa. non ho dati da snocciolare, tempistiche e ricorrenze particolari, la scusa dell'anno del blog mi serve per girarmi un attimo indietro e guardare la strada dietro di me, la linea di mezzadria un pò vintage, le ciocche di capelli biondi che volteggiano nell'aria, pezzi di carta più o meno bollata, rubrica telefonica ridotta di oltre la metà, fioriture d'animo da riso ed occhi lucenti di vita, risveglio di lobi in letargo, letture sparse ed eventuali, sapori nuovi, odore di treni, parole nuove e di recente kili nuovi. oggi non c'è il sole, oggi la casa è tutta sporca, scappo via, prendo un biglietto di prima e me ne torno giù, prendo un biglietto low e me ne vado ancora più su dell'alt'italia, prendo le banche dati e le faccio saltare in aria, prendo me stesso e lo infilo sotto la doccia, anche se è un bluff, alleluja alleluja!

mercoledì 9 aprile 2008

la vita è fatta te carta

le dita battono a stento sui tasti e le palpebre cadenti incedono davanti agli occhi, in mezzo ai fischi che strisciano nelle orecchie sento come una baraonda, un frastuono basso e continuo nella stanza, tutto questo accade nell'attesa che il frigo attacchi con il suo ronzio. momenti notturni di stalli cristallizzati sul divano, a gambe orizzontali con i piedi che ti si addormentano dopo pochi minuti: ho strinto più di 500 mani in questi giorni, ho sorriso falsamente e con cordialità, ho guardato valutato ed aguzzato, riflettuto con fulmini di pensieri eterei, con il formaggio tra i denti mi sono sorpreso dello sputa-vino, della sua funzione e del fatto che fosse utilizzato spesso. poi vediamo, direi che non finisce qui, c'è qualcos'altro, sicuramente qualcos'altro c'è, ma prometto che vado a dormire, ci penso e poi non ve lo dico.