mercoledì 28 novembre 2007

maille a mezzanotte

mi sono svegliato ed ho chiuso il divanoletto. quando sono andato a letto ho aperto il divanoletto. il divanoletto è diventato come la barba, mi accompagna nelle nottate, lo abbandono la mattina, ma molto spesso non lo abbandono, come molto spesso non mi faccio la barba. domani è una giornata da barba da fare o da divano letto da lasciare. l'unica possibilità che ho per uscire da questo circolo di parole è dormire sul divanoletto chiuso e fare la barba adesso. ma infatti, poi se pensa...

sabato 24 novembre 2007

double face

ho avuto un attacco di nervosismo, una sorta di "cadere le braccia" di fronte all'impossibilità di riuscire a risolvere una situazione con dei piccoli piccoli topi, nella piccola piccola casa mia con la grande grande finestra sul cortile. mi sono seduto sul divano pieno di sconforto, ho acceso una parisienne che però non vendono a parigi, ho parlato al telefono e mi sono rilassato. quando la mia mente si è svuotata da pensieri piccoli, pelosi e poco igienici, perchè l'emozione trasmessa da una voce non ha lasciato loro più spazio, tutto mi è sembrato più chiaro, mi sono rilassato; solo e nel silenzio mi sono ricordato che mentre tornavo a casa in metropolitana, a un certo punto è andata via la corrente, il treno si è fermato e sono rimasto bloccato senza luce nel tunnel per qualche minuto: io, gli estranei ancora più indistinguibili senza la luce e la mia musica nelle orecchie. una voce in sottofondo e ho tolto le cuffiette, dei suoni francesi ed incomprensibili. ho chiesto delucidazioni: un black-out, qualcuno si era buttato sui binari mi hanno detto. poi tutto si è riacceso, il treno è ripartito e la musica è ricominciata nelle mie orecchie. era tutto talmente inverosimile che ancora una volta mi ero voltato dall'altra parte.
non capisco, proprio non mi raccapezzo, o la coperta è troppo corta o esiste sempre il rovescio della medaglia oppure esiste un'altra medaglia. in ogni caso è una conseguenza del movimento, non abbiamo il telecomando per premere pause (letto come si scrive perchè è così che lo leggevi da piccolo sul telecomando del videoregistratore). riesco a fermarmi davanti allo specchio, ma vedo me e non tutto quello che c'è intorno. molti aspetti della vita assomigliano a riflessi deformati: quando sei in una casa degli specchi ed alcune immagini ti fanno ridere, altre ti spaventano e preferisci non guardarle, come fai quando c'è qualcuno per terra che ti chiede qualcosa o semplicemente soffre in silenzio senza il lusso di quel peccato mortale che è l'autocommiserazione. passi avanti o ti giri dall'altra parte, arrivi al massimo allo slow (di solito una funzionalità divisa a metà con il pulsante pause) ma poi tutto riprende alla velocità normale.
ricordo che il bagaglio culturale minimo richiesto ad un bambino per riuscire ad orientarsi nella casa degli specchi consisteva nel sapere di dover guardare per terra, vi erano delle linee che indicavano la presenza degli specchi o di passaggi liberi, facendo così, giocando sporco, si riusciva ad uscire in poco tempo dalla giostra, in modo velocissimo e senza sbattersi rischiando di farsi male. si usciva felici delle proprie abilità e soprattutto di averle dimostrate, ma allo stesso tempo poveri di emozioni della propria esperienza.

giovedì 22 novembre 2007

la fine dell'assedio

noto con piacere l'apprensione per il mio stato fisico da parte degli Amici.
ho appena concluso una battaglia decisiva contro i topi, piccoli.
per lor è stata una Caporetto, per me poteva essere una waterloo ma tutto è andato bene. ho sbaragliato l'assedio, ho avutpo accesso a nuove provviste. manca solo la chiusura degli scioperi perchè aziz abita lontano.il vostro affezionato vi saluta.

sabato 17 novembre 2007

secondo caffé, serré

buongiorno, un bel sabato mattina: c'è il solein cielo e non c'è il mal di testa nell'aria,ci sono gli occhi appiccicaticci e gonfietti, la voce un pò bassa quasi rauca che mi piace tanto. ho ancora il sonno poggiato sulle guance ed il buon umore che mi tira su gli zigomi. il cervello ha iniziato da poco la giornata ed i pensieri si rotolano ancora nelle coperte bisbigliando "ancora cinque minuti, cinque minuti soli per piacere.."

venerdì 16 novembre 2007

ai blocchi-pronti-partenza-via!

nel brusio che aleggia nei locali ci sono delle onde, costanti, graduali ma imprevedibili.
io nuoto tra queste onde, ora galleggio, ora cerco di respirare, qualche secondo mi sento affogare in mezzo al rumore indistinguibile e le folte nuvole di fumo sospese nell'aria, poi respiro accendendomi una sigaretta. sono sempre stato bravo o per lo meno decente nuotando a dorso, risulto un cumulo di schizzi e dunque velleitario negli altri stili. l'unico che cerco di imparare più o meno seriamente da qualche tempo è il delfino, ma purtroppo senza risultati soddisfacenti. questo post mi sembra la stessa cosa, un cumulo di schizzi, la velleità fatta parola scritta e incartata, come in quei giorni in cui la erre proprio non esce, rimane incagliata tra gola e palato, e la lingua quasi si incazza, perché certa della buona riuscita si sente come quei centometristi dopo una falsa partenza. allora mi sa che questa sera non mi coordino bene, la erre non scivola e qualcuno, magari io, è partito in anticipo.

lunedì 12 novembre 2007

avant que j'oublie

solo una domanda, ma san martino era ieri?

venerdì 9 novembre 2007

café progres


dunque, eccoci di nuovo, spostato per la necessità di internet sto passando al setaccio i cafè di rue bretagne, vicino al piccolo piccolo studio in cui abito.
ho preso da mangiare uno schifo di sandwich, bevo un verre di vino rosso generico, il posto è pieno ed ormai mi sono abituato al brusio di una lingua non madrelingua, ma possiamo dire quasi *. oggi ho riflettuto sulla quantità di tempo che si passa nei mezzi di trasporto, tutto è partito da una cosa che ha detto il tipo che mi affitta casa, originario di città del messico, città graaande, ma molto grande. mi ha detto che là un terzo della propria vita lo si passa muovendosi da un posto ad un altro. io per protesta oggi non ho preso la metropolitana, perchè se a quel tempo aggiungi le ore di sonno, che cazzo ti resta da vivere? da qui apprezzo tantissimo la gente con le occhiaie, non quelle adolescenziali dovute ad eccessive attività masturbatorie (che senza vergogna dico di conoscere)ma quelle della stanchezza e della mancanza di sonno, dovute alla troppa vita al netto dei mezzi di trasporto ed ovviamente del sonno. però, ora che ci penso, dormire non è proprio buttare via il tempo, bei sogni, bei risvegli, sono comunque belle emozioni, sensazioni, allora per concludere il circolo levando un inno alla contemporaneità di cui internet rappresenta la prova maggiore oggi, la stessa che mi ha portato in questo caffe, cambio idea, quelli con le occhiaie non li ammiro!

mercoledì 7 novembre 2007

peu importe s'il n'y ont pas l' accents

Peu importe s'il n'y a pas le soleil, si vous returnez à la maison et il y a le silence où il y avait tellement de vie. peu importe si vous etes ici et vous n'avez encore bien compris ce que vous y faites, laissez-faire, donnez-moi du pan au chocolat, une baguette de champagne, du saint marcellin et une bouteille de bourdeaux, je vous seduirai le monde!

venerdì 2 novembre 2007

un pomeriggio corto in un café


ho parlato con un tizio in u caffè, mi ha detto che la sua è una lingua piatta, sosteneva che l'italiano fosse musicale, ma mentre lo faceva gesticolava come un italiano e pronunciava delle vocali a caso, forse è così che percepiva la nostra lingua, insomma sembrava un italiano che parlava in italiano facendo finta di essere francese. c'è da dire che non è il primo a dirmelo.
la questione principale di questa storia, che in tutta la sua semplicità sembra ingarbugliata perchè quello dipende da me e non dalla storia, è che ad un certo punto questa persona ha ricominciato a dire le stesse cose, identiche, cambiava qualche consonante, qualche pernacchietta con le labbra (il massimo dell'enfasi parigina), ma gli argomenti erano sempre quelli. quello che mi ha stupito è stato quanto poco ci abbia messo questa persona a ricominciare a parlare delle stesse cose nella stessa maniera. di solito succede anche me, hai delle cose da raccontare perchè magari torni da qualche parte o è solo un pò di quotidianeità amplificata e, incontrando diverse persone, ridici le stesse cose, ma man mano le versioni diventano sempre migliori, conosci le pause, la respirazione, sono come tante brutte copie che alla fine arrivano ad una bella copia finale che, ben-intesi, alla fine di quel giorno o al massimo due dimenticherai. diciamo che per queste cose siamo come delle cassette, quelle del mangianastri, ognuno di noi ha una durata, poi occorre girare la cassetta. ovviamente vi sono le varianti aureverse e swith off, soprattutto con la gente che si conosce, e le altre che smuovono la pigrizia. in conclusione, non esagero col dire che in francia esistono cassette più corte di quelle da 46 (che per quel che ne so io, in italia sono il minimo), fino ad un massimo in termini minimi di 15 min.