venerdì 29 gennaio 2010

allungamento muscolare

delle volte mi domando perche' rido o perche' sono di cattivo umore. altre volte mi concedo tranquillamente al mio umore, altre volte ci combatto e non riesco mai a trovare il bandolo della matassa. ruisultato: sopracciglia corrugate, insiofferenza etcetera etcetera.

l'altra sera, in fase di convivio, mi è venuta in mente una cosa che, se debitamente elaborata, potrebbe essere la soluzione a piu' o meno tutti i problemi dell'umanita':
fare streching al cervello.

mi spiego, non si tratta di fare streching concretamente a quella massa affascinante, che mi fa pensare a frankenstein, e che sta o dovrebbe stare nella scatola cranica di ognuno di noi - a proposito, quando si parla di frankestein ci si riferisce normalmente al dottore e non al tipo tutto cucito, difatti il romanzo che sta all'inizio della sua mitificazione si chiama dottor frankeistein, l'uomo cucito è la creatura - dunque dicevo che non si tratta di fare streching alla materia grigia, che poi, secondo me, non è grigia ma rosa.

l'affermazione va dunque precisata.

lo streching del cervello fa si che, invece di dire ogni volta cio' che ho detto sopra a porposito frankeinstein mentre si parla di frankestein se qualcuno chiama frankestein riferendosi alla creatura, si tace e si "allunga" il concetto di frankestein.

si tratta, infatti, piu' specificamente di di streching concettuale.

ed allora, per fare un esmpio: israele non esiste lo si accetta come israele che in realta' esiste praticando un po' di streching sul tricipide surale (il polpaccio ndr) del concetto di esistenza.

si comincia con piccole cose, nessuno all'inizio è capce di toccarsi le punte dei piedi allungando i flessori delle gambe, ma con la pratica si migliora.

ovviamente tutto va preso con le molle ed accettando le dovute eccezioni che si decidono in maniera del tutto arbitraria e con specifico riferimento alle offese personali: se ti dicono un bel po' di volte che sei stronzo o per il gentil sesso puttana, beh devi almeno ammettere che su quei concetti c'è una contrattura, uno stiramento o peggio uno strappo e quindi conviene non praticare lo streching per un tot per far passare l'infortunio.

saluti.

giovedì 28 gennaio 2010

unconscious delivery and viceversa

quella notte non aveva tanta voglia di andare a dormire, indugiava davanti alla finestra aspirando dall'ennesima sigaretta della buona notte tirate profonde ed annoiate, ripetendo a se stesso che dopo si sarebbe infilato sotto le coperte. aldilà del vetro, il palazzo di fronte mostrava il suo interno attraverso le poche finestre illuminate: una sala non meglio identificata con un armadio, uno studio con scrivania in vetro e lampada hi-tech, una cucina vuota nella quale passava e spassava una giovane donna con un pigiama bianco. immaginare qualunque cosa su quegli ambienti e le persone che vi potevano abitare poteva essere un valido biglietto d'entrata per il luna park dei sogni. tuttavia l'immaginazione non partiva, o0ccorreva un'altra sigaretta della buona notte.

arresosi, spense distrattamente la cicca della sigaretta praticamente inalata in poche tirate, svuoto' il tutto nel sacchetto della spazzatura e si dedico' ad una lettura per "prendere sonno" (occupazione fra le piu' tristi in natura).

era cosciente del fatto che ogni qualvolta aveva una disputa con se stesso era quasi sempre l'altro a vincere e, in una situazione come quella, dopo innumerevoli indulgenze sempre con se stesso, non poteva lasciargliela di nuovo vinta. si alzo' di scatto per lavarsi i denti, perche' quando ci vuole ci vuole cazzo! si sentiva un eroe per aver vinto almeno una volta una sterile battaglia, seppur igienica, con se stesso.

oltre allo strano odore dell'asciugamano, gli parve come di ricordarsi di quel giochino che si fa con i pacchetti di sigarette: la fontana di fumo. si stacca il bollino del monopolio (spesso utilizzato poi dal gentil sesso come banconota nelle transazioni fra bambole e/o barbie adulte), si solleva un po' la mutanda del pacchetto praticando un buchino su uno dei vertici e vi si infila per meta' il bollino del monopolio arrotolato su se stesso. si da' la fiamma all'estremita' che esce fuori e una cascata di fumo scende dall'altra estrmita' infilata nella mutanda di plastica. tutto cio' voleva dire odore o puzza di bruciato.

usci' dal bagno semi inquieto e ando' a controllare nella sala. aprendo la porta una nuvola di fumo gli fece lacrimare gli occhi, la fonte della fontana era il sacco della spazzatura, la fonte della fontana era stata qualche sigaretta non spenta bene. cerco' di intervenire attraverso una serie di azioni: prendere il sacchetto fumante e gettarlo nel lavandino dle bagno mentre piccoli carboni ardenti di carta e plastica cadevano durante il tragitto sulla moquette immacolata, fece scorrere l'acqua nel sacchetto causando un aumento delle emissioni di fumo, se ne accorse e rovescio' tutto il contenuto del sacchetto nel water, tiro' lo sciaqquone otturando evidentemente il tutto. intanto la moquette aveva preso fuoco a chiazze, la sala era un campo di grano a cui era stato messo fuoco per renderlo piu' fertile. effettivamente il fuoco aveva fertilizzato le sue azioni, che erano diventate piu' veloci, meno melliflue, piu' adatte a meritarsi di andare dormire. riempi' un secchiello d'acqwua e lo rovescio' per terra, apri' tutte le finestre per far uscire il fumo di cui oramai non sentiva neanche piu' l'odore.

rimase in piedi, immobile con la vera sigaretta della buona notte fra le mani, a guardare l'appartamento praticmaente devastato piu' dalle sue azioni che dal fuoco in se'. i campi di battaglia dell'800 avevano sicuramente qualcosa in comune con il suo soggiorno. spense la sigaretta a metà e si infilo' velocemente nel letto. appena chiuse gli occhi napoleone in persona gli metteva fra le mani un foglio munito di sigillo cerato: doveva unirsi all'esercito francese per la campagna di russia, "speriamo di non fare troppi danni" penso', poi si addormento' dimenticandosi di tutto cio' che era successo, come avviene per i sogni quando ci si risveglia al mattino.

martedì 26 gennaio 2010

naturaldurante

farraginoso il tempo non scivola via.
l'aria è fredda ed il cielo
usa le nuvole come coperte.
qua sotto io ed altra gente
continuiamo il nostro teatro
fra mani che odorano di sigarette
e spicci che tintinnano nelle tasche.

domenica 24 gennaio 2010

Sia una progressione di X che va da 1 a n

Ero in biblioteca che cercavo di combinare qualcosa. sono stato poi distratto da due ragazzine giunte e sedutesi qualche posto affianco al mio. soprassiedo sulla descrizione particolareggiata dell'aspetto e dell'abbigliamento, usero' giusto tre aggettivi riferibili indistintamente ed illogicamente ora all'aspetto ora all'abbigliamento: ricercato, gusto non troppo esagerato, costoso.

passano i minuti, una di loro prima di incominciare le grandi fatiche esce fuori, si mette a fumare una sigaretta in maniera contemplativa, guarada il cielo grigio e la bottiglia di the alla pesca che tiene in mano; chissà quante cose vuole ancora.

l'altra sembra piu' volenterosa, cincischia meno ed ha una montatura degli occhiali da vista quasi magnetica.

dopo circa un'ora interamente dedicata, in maniera scocciata, a, nell'ordine: blackbarry, disposizione in perfettamente sistematica di matite e penne e righelli sul tavolo da lavoro ed emissioni cicliche di aria dalla bocca dopo aver rigonfiato le guance, arriva una loro amichetta. questi è stata meno fortunata nell'aspetto, i greci avrebbero detto che la forma non era riuscita ad imporsi perfettamente nella materia.

le tre ragazze, che decido su due piedi di collocare temporalmente fra il primo ed il secondo anno di universita', escono fuori, fumano una sigaretta di pausa nel cortile aldilà del vetro che è di fronte a me. ridacchiano, si toccano molto i capelli stirati di fresco la mattina e fumano come nei film, semichiudendo gli occhi ad ogni tiro con espressione profonda e di godimento impostato.

mi volto per guardare i posti vuoti che hanno lasciato qualche sedia affianco a me, mille cose stazionano sul tavolo: è tutto in perfetto ordine, utensili da scrittura, portatili,libri, fotocopie, tutti ordinati e giacenti in silenzio sotto l'ombra di una torre: il tubetto di crema nivea hand anti-age.

vorrei tanto dire lor che non sono altro che il valore attuale di future donne depresse che, nella peggiore delle ipotesi, tenderanno al suicidio o quantomeno all'alcolismo, che in futuro riceveranno cicli progressivi di cose e sensazioni per diventare cosi', che sto imparando ad usare una formula che, se ci metti dentro i valori giusti, ti permette di dire fra quanto tempo cio' accadra', che non è colpa loro se la nivea hand anti age sara' la loro compagna di vita, che non è colpa loro tout court.

poi esito, realizzo di avere buttato via il pomeriggio e mi viene in mente, come al risveglio da una nottata sudata, che, se andassi a dire loro quello che ho pensato, potrebbero, anzi senza il condizionale potranno e lo faranno, dire benissimamente di farmi bellamente, ostinatamente, piacevolmente, tristemente, meravigliosamente, timidamente ed avverbialmente-chi-piu'-ne-ha-piu'-ne-metta, i cazzi miei.

venerdì 22 gennaio 2010

garçon de café

mi ricordo, si decisamente mi ricordo di sale affollate, gradini a cui stare attenti e piatti nelle mani, scale su cui salire e scendere per entrare ed uscire da una cantina incasinata e ricolma di bottiglie di vini impolverate, la cella frigorifera da chiudere ed ogni volta, compulsivamente, pensare di dover riscendere magari in compagnia per controllare di aver ben chiuso.

un gran vociare, urla, simil-gags, il cd ha terminato le tracce, riplay. insieme alla musica la favola ricomincia e tutto risplende e la camicia inizia a bagnarsi di sudore e la gola a reclamare liquidi bianchi o rossi purché buoni. tavolo 12, tavolo madonna, tavolo margarina, il 18 è appartato, ma a fighe come siamo messi? che dici nevica? 6 o 7? quanto è buono il paul roger, foss che foss.

ogni volta una specie di emozione. poi una rilassatezza di fondo perchè tanto non può succedere nulla di male, al massimo una ricca e decorosa figura di merda; ma il genio è sempre da qualche parte, acquattato sotto un fazzoletto caduto, dietro la colonna, in cucina, nell'orto o in una rosa su una torta che reclamava invece candeline.

ricordo sagome con braccia alzate, piccole danze e bicchieri di cristallo, tagli fra le dita e fazzoletti insanguinati. sigarette, quante sigarette dentro e fuori, liquori alla liquirizia e grappe ma solo alla fine, e come si chiamava quel ruhm, zakapa forse, gentilmente ed inavvertitamente versato sui capelli di una donna ben vestita.

martino, chapeau!

un' atmosfera fluttuante nella sala, aria densa fatta di sorrisi che si staccano dai visi dei compiaciuti commensali per aleggiare come coltri fumose di buon umore etilico.
un filetto nature, i coltelli al 4bis, sbarazzare il tavolo garage.

si, sbarazziamo, la rosa all'uscita è stata già data, chiudiamo i portoni, mangiamo qualcosa che fra qualche ora e qualche bicchiere, forse, banderas mi darà un passaggio.

mi ricordo, si decisamente mi ricordo anche di altre cose, che però, a costo di andare a cagher e fer delle pugnet, non posso dire.

giovedì 21 gennaio 2010

centro uin cerco di gravità permanente II

..allora dicevo, anzi vi dico di incominciare dal post di sotto prima di leggere questo, é facile, ho usato dei numeri progressivi romani per dare un ordine, solo che è impossibile invertire l'ordine in cui si postano.

adamo era andato presso l'ufficio "pensieri smarriti" perché aveva un disperato bisgno di pensieri. lo sportello al primo piano era chiuso, adamo si diresse di nuovo verso l'ascensore per andare ad un piano qualsiasi, per fare cio' che si chiama bighellonare.

era entrato nell'ascensore, una ragazza seria e torva, potremmo dire bella ma un po' anonima, immaginatevela la compagna di scuola timida con i capelli lunghi ed il dolcevita sotto un maglione dal colore meno vivo possibile, con qualche anno in piu' e vestita un po' meglio, quasi slanciata. adamo vedendola alzo' subito il baricentro della sua postura e fece un'espressione abbastanza difficile da esprimere a parole, si tratta di quelle espressioni che si assumono automaticamente quando si sa di essere ripresi. sorrise lei, sorrise lui. le chiese a che piano andasse, ma visto che lei ci pensava non glielo poteva dire. di rimando lui non riusciva a capire a che piano volesse andare perche' letteralmente non aveva un piano nella testa, aveva smarrito i pensieri.aveva premuto il pulsante del terzo piano, dopo qialche secondo l'ascensore si era bloccato.

siamo di fornte a due persone chiuse in un ascensore bloccato dal destino. lei non puo' esprimere i suoi pensieri, lui non ne ha.
sono come due vasi, uno di vetro e vuoto, l'altro di porcellana bianca e stracolmo.

nell'immobilita' e nel silenzio dell'ascensore adamo aveva chiesto ad ines se era una che non parlava molto di suo oppure era timida. ines aveva detto che parlava ma non ce la faceva ad esprimere le cose che pensava, quindi se voleva parlare doveva parlare di niente. adamo le aveva detto che era uno specialista del niente, che tutti gli dicevano che era un apersona vuota e che lui ne andava fiero. nel momento in cui lo diceva pero' i pensieri inciominciarono ad accumularsi nella testa eun'idea brillante gli salto' fuori dalla bocca: le disse di provare a pensare all'opposto di cio' che le veniva di pensare. ines pensando che lui dicesse per scherzare invece che seriamente incomincio' a pensare al contrario. poi penso' che quello che le era stato detto fosse serio ed incomincio' a ridere ed a sciogliersi: cercava di non pensare al fatto di essere felice in modo da non dover essere costretta a non esprimerlo. adamo era sulla cresta dell'onda, la testa gli si era riempita subito di immagini porno che avevano come sfondo l'ascensore in cui si trovava, l'ufficio "pensieri smarriti" non gli serviva piu'. le aveva detto che era una persona talmente vuota che era andato all'ufficio "pensieri smarriti" per trovare qualcosa.
poi aveva incominciato ad essere baldanzoso, le aveva messo le braccia intorno al corpo irrgidito per simulare il panico, ines pensava al funerale della nonna in modo da poter ridere. l'ambiente nell'ascensore era piacevole, lei non vedeva l'ora di uscire in modo da dire che non voleva che quel momento finisse perché forse aveva trovato la chiave per, seepur a fatica, comunicare i suoi contro-pensieri. ines volle spingersi oltre, penso' di essere omosessuale ed incomincio' a baciarlo, penso', come gia' pensava a 15 anni, che il sesso orale le faccesse schifo, penso' che non le piaceva fare l'amore con uno sconosciuto in un ascensore che gli aveva dato la chiave della sua vita in mano.
questi momenti durarono 10 minuti infiniti per adamo ceh continuava a guardarsi nella striscia dello specchio per vedersi mentre faceva quello che faceva ed autocaricarsi.
i tecnici rimisero in moto l'ascensore ed Adamo Checanto ed Ines Primibilepensiero, un po' spettinati e rossi in viso si diressero verso la loro vita insieme sotto gli sguardi sorridenti dei perspicaci a-scensoristi.

epilogo
Ines, dopo aver appreso perfettamente la tecnica del contro-pensiero scopri' di essere ninfomane. Adamo, dal lato suo, scopri' di essere cornuto.

centro un cerco di gravità permanente I

di fatto, in parecchie situazioni non sa come comportarsi. per esempio, si puo' mandare affanculo qualcuno che prende l'ascensore insieme a te ma sale o, ancora peggio, scende di un solo piano? ed è scorretto prenderlo per il culo con chi rimane nell'ascensore una volta che questi, che sicuramente soffrirà di acido lattico cronico pur senza far niente, se ne é uscito? ed ancora, è sintomo di squilibrio mentale prendere per il culo l'uomo di cui sopra se, pur non essendo rimasto nessuno nell'ascensore, si parla da soli con una striscia di specchio a fare da interlocutore? dando un giudizio sui dubbi comportamentali espressi, si capirà che tipo di persona è Ines Primibilepensiero. Ha un nome significativo, parla molto, all'occorrenza sputa, ma rarissimante esprime pensieri, piu' che altro da' fiato alla bocca. non so se è perchè non abbia pensieri o semplicemente perchè non li vuole esprimere, fatto sta che, incontrando adamo in ascensore, ha inespresso il pensiero di mandarlo affanculo perché questi si era reso colpevole di usare il meccnaismo principalmente antigravitazionale per salire di un solo piano e, per di piu', parlando al telefono.
ancora non lo sanno, ma tra di loro scoppierà un'amore folle, vissuto intensamente per quasi 10 minuti, fra il primo ed il terzo piano, bloccati in un ascensore.
questo principalmente perchè ines, qualunque sia la causa, non esprime pensieri, adamo semplicemente e sicuramente non ne ha.
l'ambiente tutto cromato, ines splendente ma torva ed adamo al solito con camicia nera e colletto bianco. era passato presso l'ufficio "pensieri smarriti" visto che aveva un disperato bisognbo di pensieri per riempirsi la testa e... scusate ma il fatto è che proprio adesso non posso continuare a raccontarvi la storia, mi ha chiamato un mio amico che vuole assolutamente vedermi, dice che mi deve parlare della sua decisione di diventare modella. giuro che gli esprimero' tutti i miei pensieri e, se non ne avro', me li inventero' e, se non riusciro' ad invertarmeli, provero' un'oretta di meditazione in ascensore.

(to be continued)

mercoledì 20 gennaio 2010

..........

A- sei cambiato!
O-ma che dici tu sei cambiata!
A-beh fortunatamente si cambia con il tempo..
O-ed allora perché io non dovevo cambiare?
A-allora è vero che sei cambiato!comunque tutto quello che so è che prima non era cosi'..
O- beh ci credo che prima non era cosi', perchè se fosse tutto uguale non riusciresti neanche a capire come era prima, sono cose che emergono per differenza..
A-si ma secondo me io sono cambiata perchè per come sei diventato tu dovevo cambiare per forza di cose, altrimenti..
O-altrimenti cosa?
A- no niente..
O- no niente cosa? o tu ammetti che si cambia e la discussione che stiâmo facendo non ha senso o dici che non si cambia ed allora sei tu che sei cambiata..
A-comunque le persone non cambiano e, soprattutto, non si cambiano..
O- ah questa è quella che preferisco..
A- quale?
O- quella delle persone che non cambiano e soprattutto non si cambiano..
A- ce l'avevo scritta sulla smemoranda blu con la scritta bianca in seconda media..*
O-io non avevo un diario, ma piu' segretarie che mi informavano sulle cose da fare..a proposito fammi guardare un attimo in agenda..si non mi sbagliavo, c'è scritto fare l'amore con te, proprio oggi guarda, ma non te lo chiedo perchè tanto mi dirai di no vista la discussione..
A- stronzo..
O- tanto non ne avevo voglia..
A- peccato, io si!
O- in quest caso allora..
A- si ma adesso non mi va piu'
O- sei cambiata!
A- no, tu sei cambiato..

O-ok sono cambiato, ma adesso facciamo l'amore?
A-non aspettavo altro...

lunedì 18 gennaio 2010

chicchi di verita' (con l'accento e non l'apostrofo)

e te ne dimentichi puntualmente e ti ritrovi con le dita tremolanti sospese sulla tastiera, il cuore che ti sconquassa il torace neanche stessi per andare ad un after di un after di un after che tipo è lunedi' mattina e quando eri uscito di casa era venerdi' sera ed ancora non sei tornato.

in fatto di caffé (leggasi di caffeina) non esistono distinzioni fra droghe leggere e droghe pesanti (leggasi caffé leggeri e caffé pesanti). ed è chiaro che, davanti ad una bevanda marroncina, pensi, dall'alto dell'esperienza del caffè quarta importato in quantità industriali, 'questo è leggero', vado tranquillo. assumi vari bicchieroni di caffe' annaqquato, fai quasi la scena di gustartelo mentre cammini con un bicchiere di cartone in mano della grandezza di un gin&tonic fatto in un bicchiere da mojito.

ed è vero, vai tranquillo per un po'. ma passata un'oretta dall'ultima assunzione, senti salire qualcosa, ti agiti, ti deconcentri, i pensieri che sfrecciano troppo veloci si scontrano e bloccano il traffico nel cervello (mi verrebbe da descirvere una cosa del tipo siamo fatti cosi', ma forse basta l'input).

in casi come questi, il massimo dell'indulgenza verso se stessi è dirsi : 'ok non è giornata'. se te lo dici diventi prodigo (di indulgenza) ed inizi a sprecarla, ne usi un po', non troppa, per gli altri, ne usi un po', troppa, per te anche nel caso in cui, per esempio, ti sbagli sul tempo di permanenza esatto del biscotto nel latte per evitare che questi si rompa.

Visto che l'indulgenza è un bene da spenbdere con parsimonia, a volte è meglio prendersela con la caffeina (leggasi caffe').

venerdì 15 gennaio 2010

di una domenica di venerdì

un venerdì che in realtà è una domenica implica una serie di elementi, tutti al netto dell'accappatoio bianco.

la moka ha lavorato parecchio stamattina, il divano, prode compagno di avventure, non mi ha ancora abbandonato; in fase di delibera si è arrivati a discutere persino il punto dell'ordine del giorno che rappresenta sempre un proforma: varie ed eventuali.

ed allora niente scenette proforma, indulgo e prendo le 24 ore di oggi dalle tasche del tempo e le getto via dalla finestra: volteggiano nell'aria come pezzi di schedine gettate dagli spalti di uno stadio, la domenica.

mercoledì 13 gennaio 2010

nevica

a volte i conti non tornano. ma come è possibile che si facciano dei programmi e si apprezzi la loro qualità secondo i giorni di pausa o di vacanza che si hanno? ma per caso viviamo in un mondo sbagliato? siamo sbagliati noi? sono sbagliato io? ogni volta che si pensa a qualcosa poi c'è sempre un condizionale o un congiuntivo che si presenta, a volte anche un futuro anteriore o prossimo venturo nel quale la lampada di aladino o il suo abitante giocano un ruolo di primo piano.

perchè non posso essere contento di svegliarmi presto ed andare a sgobbare fisicamente o intellettualmente? e perchè qando sono contento di svegliarmi presto poi la sensazione è talmente fugace che dopo aver lavato la faccia scompare? perchè se ho freddo non vedo l'ora di essere a casa invece di vedere la bellezza di una città che si veste di bianco e nel momento in cui realizzo questo corto circuito dei pensieri è ormai troppo tardi? perchè c'è sempre qualcosa in noi, o in me, che ci fa o che mi fa essere o troppo indulgente o troppo intransigente? è colpa della mela che poi si sa che i meli non crescono nella terra promessa ed in realtà si trattava di una fica con tutte le conseguenze anatomico-erotiche che ne derivano?

c'est la vie, si puo' rispondere facendo bella figura.

è bello farsi delle domande per il gusto di farsele. è bello farsi delle domande che non hanno un gran senso in questo mondo. è tanto bello quanto inutile.

una mia amica, alla fine di ogni serata che comporta un debito con il futuro, mi dice spesso: ce ne possiamo tornare a casa, tanto stasera ci pagheranno lostesso!

benedetta ironia, benedetto mestiere di vivere...

lunedì 11 gennaio 2010

moltiplicatore

e così gli fu detto che non aveva capito un beneamato.

le scarpe ricoperte di neve, che tecnicamente vuoleva dire bagnate, come i doppi calzini che ci stavano dentro e come i piedi che a loro volta stavano dentro i calzini - se ci pensi, dal punto di vista degli oggetti, siamo tutti come delle matriosche - il cappello sulle 23, anche se non aveva visiera, e tutto il resto del paesaggio a fargli da sfondo. una cosa regolare, come ogni buon passante che si potesse rispettare, aveva anche le mani in tasca.
aveva delle telefonate da fare, ma si ostinava a giocherellare con le banconote che erano in tasca, di diverse divise, aggiungerei.

la sensazione al tatto gli ricordava qualcosa. una casa con doppio ingresso, il mondo visto da una prospettiva più bassa, condannato, ancora per qualche anno, a non sapere cosa ci fosse sopra i tavoli senza salire in ginocchio sopra le sedie .
gli venne in mente, rosa e frusciante, una banconota delle allora 50 mila lire, o forse cento, non ricordava bene (erano tutte e due sul rosa, forse una rosa acceso e l'altra rosa antico, ma non era questo il punto).
camminava fra la neve dissociandosi, si vedeva che teneva in mano un paio di banconote del vecchio corso, era in una stanza grande della casa a doppio ingresso. aveva deciso che, lungi dall'essere carnevale con annesso accresciuto fabbisogno di coriandoli, quelle banconote andassero ridotte in molti pezzettini di banconote più piccoli. lo aveva fatto, ignaro di qualsiasi significato filosofico e/o economico del gesto, ma conscio della possibile incazzatura stellare dei grandi. i pezzi di 100 e 50 mila lire moltiplicati per scissione avevano fatto capolino sotto un tappeto di uno dei due ingressi, semplicemente per restare un pò lì finché le acque non si fossero calmate.
dopo un pò avrebbe annunciato al mondo la sua grande scoperta e sarebbe stato il primo bambino a vincere il nobel per l'economia.

le acque non si calmarono mai e, di fronte alle accuse della ragione vestita da adulto anni ottanta, aveva risposto alle incalzanti domande, anche loro vestite da "perché" anni ottanta, "COSI' DIVENTANO DI PIU'!".

tutto ciò non gli valse ovviamente un prematuro premio nobel per l'economia, ma gli fu detto subito, in modo da incominciare a fare i conti al più presto con la storia della sua vita, che non aveva capito un cazzo di un beneamato cazzo!

martedì 5 gennaio 2010

un prefestivo in tribunale

nei corridoi vuoti il rumore dei tacchi è piacevole. nei corridoi vuoti le porte chiuse e fatte di legno vuoto che ad ogni "toc-toc" pare cedere, sono come lo strumento di un' eco che si aggiunge al rumore dei tacchi. nei corridoi, ogni tanto una persona cammina e fa rumore con i tacchi e bussa alle porte fatte di legno vuoto che rimangono chiuse perchè la stanza aldilà della porta fatta di legno vuoto è vuota; porta nella mano destra una valigetta, vuota; espande le labbra, regge fra i denti un sorriso, vuoto.

lunedì 4 gennaio 2010

random

poi si finisce, ed io me la godo perché non ho ancora finito. mattina e caminetto sono delle realtà incontestabilmente vere. ciò che è restato è difficile da mettere a fuoco.
lo stronzo di telefono di un tempo, di un tempo sia come suoneria che come hardware, ha iniziato a suonare ad orario d'ufficio, senza che nessuno rispondesse, come in un ufficio.
addormentarsi non è facilissimo, ma la storia difficile è il RIaddormentarsi. ho immaginato le dita che entravano nei fori del telefono di un tempo, stronzo, 10 cifre composte in un'infinità di circa un minuto, ImmaginiamociConIlPrefissoInternazionale mi affretto a dire fra le labbra sottovoce. poi il cellulare mi avverte con voce suadente che "è ora di alzarsi" "per fare che?", gli rispondo.

negli ultimi giorni sfuocati e calorici ed etilici, non ho composto parecchi numeri: il classico caso delle persone, uomini e donne, che attraversano la tua vita e poi, a causa dalla stessa vita travestita da befana pigra, smetti di sentire.

ho acceso la tv made in italy per qualche minuto, banalità banale eccetto una cosa, una sola: pare che "la verità" abbia 28 anagrammi, tre dei quali sono "relativa" "evitarla" "vietarla".

un tempo, nel medioevo, le banalità si chiamavano diversamente, non so come, ma i luoghi comuni erano altre cose. erano come dei luoghi verbali che tutti conoscevano, invece di piazza santo oronzo, piazza a maggior ragione, per esempio. il luogo era l'argomento, che era comune perché lo si conosceva già.
spesso c'è gente che non perde neanche un secondo per dire "l'eccezione che convalida la regola", tutta compiaciuta di quello che ha detto. non lo sa, questa gente, che sta usando un luogo comune direi di secondo grado (luogo della regola e dell'eccezione e luogo comune nel significato di oggi), il che, secondo me, è grave.

nella misura in cui la banalità annoia, non mi piace. la noia in sé, però, mi piace.

poi scompongo, il linguaggio, la realtà, relativizzo, mi dissocio, rido ed ho paura.