venerdì 21 maggio 2010

mi manca un Mi, o forse è La minore

stasera o stamattina, non fa poi tanta differenza, vorrei parlare del mio rapporto di amore odio con le biblioteche.

le ragioni di odio surclassano quelle dell'amore in quantità, ma il secondo è un sentimento più nobile e quindi, anche se in minoranza, oppone una forte resistenza qualitativa.

partiamo dal presupposto che se sei in una biblioteca per dovere sei già scazzato.

ve ne sono alcune, abbastanza grandi, nelle quali se cerchi un libro per consultazione o addirittura per prenderlo in prestito, devi rispettare degli orari del tipo entro le e venti di ogni ora devi richiedere il testo che ti serve ed a e venti dell'ora successiva ti sarà consegnato tra le mani. le biblioteche più sofisticate, quelle che se la tirano, hanno addirittura un tabellone con i numerini che si illuminano e, se il numero che hai tra le mani che ti è stato dato al momento della richiesta si illumina, vuol dire che devi recarti al bancone per ritirarlo.

altre invece, meno esagerate, propongono la stessa qualità bibliografica ma richiedono di andarti a prendere da solo i volumi ricercati fra gli scaffali che si distendono davanti a te, a perdita d'occhio, come ordinati e selvaggi pannelli solari.
ora se le biblioteche del primo tipo ti spezzano il ritmo, quelle del secondo hanno anche loro i loro lati negativi.

ciò che voglio raccontarvi ha a che fare con le biblioteche del secondo tipo.

tradizione vuole che quando ricerchi un volume devi recarti alla apposita colonnina informatica della banca dati per interrogare il sistema e vedere se il volume che ti interessa è presente oppure, altre volte, per saggiare semplicemente l'offerta della biblioteca rispetto all'argomento che devi o, nelle migliori delle ipotesi che non appartengono a questo mondo sensibile, vuoi trattare.

capita che trovi il volume che ti interessa e devi giusto o stamparti la pagina, ma la coda alle stampanti è sempre consistente, oppure riportare sul primo pezzo di carta che ti ritrovi gli estremi di ciò che cerchi, sovente una serie di numeri e lettere abbastanza incomprensibili. capita a volte che il suddetto pezzo di carta non sia nelle prossime vicinanze del tuo corpo ed allora trascrivi l'identificativo sulle mani, sudate in maniera direttamente proporzionale allo scazzamento, ed è difficile, visto il presupposto da cui siamo partiti, che esse non siano sudate.

sei accurato, riporti tutto od almeno credi, ti rechi allo scaffale dopo una ventina di minuti di passeggiata disorientata fra volumi di tutto il mondo e ti accorgi che alle coordinate che hai riportato sulla tua mano corrispondono una cosa come cinquanta volumi. tenti la fortuna, capisci di non essere fortunato, ti accorgi della grandezza dell'impresa che hai intrapreso, e ti rechi sconfitto nuovamente verso la colonnina della banca dati.

scopri abbastanza contrariato che sarebbe bastato ricordarsi di riportare "J KOT" e avresti già avuto il tuo volume tra le mani. Altre volte succede con l'anno che, non si sa per quale connessione sinoptica il tuo cervello ha deciso che sia 2004 ed invece il volume che cerchi è del 2005.

dopo la verifica, trionfante ti rechi allo scaffale e scorri aiutandoti con l'indice i volumi alla ricerca di CA/CH blblblà J KOT. ovviamente il volume che ricerchi non c'è ed è il terzo che cerchi e che non è fra gli scaffali. provi non perderti d'animo, esci a fumare una sigaretta di decompressione, lasci che la riflessione, classica di chi scopre che qualcuno stia potendo fare la stessa cosa che stai facendo tu ed offensiva del proprio ego per un difetto di unicità che può derivare dalla possibile replica di ciò che fai per il tramite di qualcun altro, ti sfiori debolmente senza lasciare troppo il segno.

rientri dal cortile riservato alle sigarette con il solo volume trovato sui quattro ricercati e ti incammini verso il tuo banco ricoperto di fogli come un puzzle da comporre.

è tardi, hai l'illuminazione di fotocopiare le parti che ti interessano perché, ovviamente, è quasi impossibile che il libro che ti interessi non sia escluso dal prestito. comunque ciò che importa è che, nell'eventualità avessi potuto prenderlo in prestito, avresti comunque dovuto lasciare le pagine immacolate ed intonse, perché sei una persona civile ed hai rispetto per i posteri che poseranno sulle medesime pagine i loro occhi ed attiveranno le loro meningi per effetto degli stimoli visivi suscitati dalla combinazione di segni stampati sulle medesime pagine. ti auto-convinci della validità e necessità di fotocopiare le parti del libro che ti interessano.

ti alzi soddisfatto noncurante dell'orario e di qualsiasi riflessione sull'impiego effettivo del tempo, dopo tutto anche le partite di calcio durano 90 minuti ma il tempo effettivo di gioco non supera mai i 40 minuti.

entri nello stanzino della fotocopiatrice ed hai l'impressione di essere in un film di sergio leone dalla colonna sonora che risuona fintamente nelle orecchie e si materializza nei sibili della tua bocca semiaperta.
ti fai coraggio, apprezzi la grandezza del libro che hai fra le mani e decidi bene di impostare il mostro meccanico con una riduzione della pagina al 93%, basterà ti dici. invece scopri che no. concedi alla tua pazienza altri 6 punti percentuali e ti accorgi di nuovo che non basta, mancano sempre delle lettere. decidi di tributare alle mancate potenzialità della fotocopiatrice qualche decimo della tua vista in cambio di una riduzione al 70%. ti senti offeso di controllare, basterà ti dici di nuovo imponendoti di non controllare! fai le trenta pagine di fotocopie che ti servono e, solo alla fine, dopo circa 45 minuti passati davanti all'infernale aggeggio, scopri che le pagina fotocopiate, oltre che scarsamente leggibili per via della risoluzione, mancano sistematicamente delle prime 4 lettere di ogni riga in senso verticale.

provi a mantenere la calma e ti dici, a quel punto, che hai il diritto di mandare tutto a cagare e di rimandare le operazioni al giorno dopo confidando nel fatto che la notte porta consiglio e visualizzandoti il mattino dopo, alle otto in punto, fresco di letto, nuovo lì: tutto andrà per il verso senza nessun problema, perché a quel punto avrai più esperienza.

capita spesso che gli esseri umani si dicano lo farò domani, e la cosa non sorprende, ma il fatto che lo facciano fiduciosi che il giorno dopo tutto sarà diverso è abbastanza irrazionale, fatto sta che funziona.

te ne vai ed hai una gran bella festa cui presenziare quella sera e, anche se la riduci al 70%, sarà altamente improbabile che la mattina dopo, alle otto in punto, sarai di nuovo lì, perché fondamentalmente è in dubbio anche il solo fatto che ti sveglierai, il giorno dopo, di mattina.

e come recita rossella 'hoara- e segnalo che all'estero il suo personaggio si chiama scarlett -: dopo tutto, domani, è un altro giorno.

lunedì 17 maggio 2010

rassegna rassegnata, nessune dimissioni

ammetto di essere rimasto un pò deluso, gli occhi appiccicati e il caffé sul fuoco, mentre le pagine di repubblica, corriere, il sole ed il giornale (è bene sempre avere una visione più ampia), apparivano sullo schermo.

il governo non è caduto, ma giuro che ieri sera, dai titoli sembrava un buon preludio, ma nulla.

campeggiavano dappertutto titoli ed immagini sull'Afghanistan: non ho le competenze e la preparazione per parlarne e quindi ci stendo sopra un rispettoso e preoccupato no comment.
Ero interessato soprattutto alle questioni interne ed ho trovato qualche sporadica referenza ad una storia di pensioni ed alla ritardata possibilità di affaciarvisi dentro, sarebbero queste le finestre, e vorrei sottolineare che "porte" forse sarebbe stato più appropriato, ma meno figo. lo scudetto all'inter, ma non ne vale più la pena di guardare le fotostorie del campionato o addirittura le immagini perché durante il campionato se ne fa indigestione, non voglio entrare nel merito di discussioni sportive che francamente mi annoiano. l'euro e la sensibilità emozionale dei mercati, perché questo è il problema e questa è la sua delizia, il fatto che la gente pensi che se si immettono dei fantastiliardi per rattoppare una situazione che sta degenerando sia una cosa che dura un giorno, o che dico, tre ore.

ho passato varie notizie in rassegna, alcune personalmente meno interessanti perché non apportavano nulla di nuovo a quello che già dicevano, thailandia, petrolio, nadal che batte federer a madrid, la nube che ha stancato, l'uranio in turchia ed il presidente iraniano che mi fa ribrezzo, ma è un diritto che si ha di fare ribrezzo agli altri, ed a volte anche a se stessi.

una cosa l'ho trovata di interessante, la natura umana ti riserva sempre delle sorprese, all'unanimità fra l'altro..

giovedì 13 maggio 2010

meterepatia, quanti neuroni mi porti via

come ogni spirito umano fa quando si protrae una situazione che sta, perdonate il termina ma ci sta, sul cazzo, mi chiedo se non sia una maledizione, se non ci sia in atto una congiura, se qualcuno o qualcosa ce l'abbia con me.

ora mi si dovrebbe spiegare come mai è da tre, dico tre, settimane che puntualmente al mattino, a qualunque ora, magari nel fine settimana nel pomeriggio, quando mi sveglio, vado per aprire la tenda, di cui vi parlerò fra breve, e scopro delle pozzanghere d'acqua sul balconcino, e mi incazzo, per poi terminare l'incazzatura volgendo gli occhi al cielo ed assumendo, senza nessuna aria di sorpresa, l'espressione facciale de "ma andate a cagare voi le nuvole e tutto il resto!".

una piccola parentesi sulle tende: quelle che ho qua sono una meraviglia della tecnica, dall'interno hai un braccio meccanico che ti permette di tirarle su o giù e, soprattutto, di cambiare l'angolazione delle strisce di cui sono composte, per fare entrare o meno la luce da fuori, con un semplice movimento rotatorio quando oramai sono completamente dipanate lungo la superficie della finestra e sono chiamate a svolgere la loro funzione di tende.
sto cercando sul vocabolario il nome di questo tipo di tende e gli affari di cui sono composte, ma non sto trovando nulla, proverò a descriverle: sono fatte da tante strisce di una lega non meglio identificata, abbastanza flessibile, e fra una striscia e l'altra intercorre dello spazio, l'unica cosa continua sono i fili alle due estremità. avete capito? il prototipo è quello delle case della nonna o, per i meno fortunati, delle proprie case, per l'uso del quale è necessario un corso intensivo perché l'inclinazione giusta per far ritornare giù la tenda è qualcosa che si può apprendere solo dopo anni ed anni di esperienza; al posto del mio attuale braccio meccanico ci sono due fili, a volte legati insieme alla fine da un nodo plurimo direttamente proporzionale al tempo di utilizzo ed inversamente proporzionale all'età delle mani che utilizzano la tenda. si faceva e si fa, perché ne esistono ancora, tutto attraverso quei due fili, tiri su, tiri giù, inclini, tutto in base all'angolo di apertura del tuo braccio rispetto al punto da cui discendono i due fili. altra cosa odiosa è rumore che produce lo strofinio delle strisce contro i muri nelle giornate di tramontana o forte scirocco, da accapponare la pelle. mi successo in passato di accanirmi contro quelle tende a mezzo pallonate, ma era tutto inutile, con un semplice tocco le strisce ritornavano uguali, il segreto stava e sta nel materiale (un materiale simile che mi viene in mente è: vi ricordate quei braccialetti semi-rigidi che a contatto con il polso si arrotolavano su se stessi e che probabilmente poi vennero interdetti dalle istituzioni europee perché ad un certo punto ci furono non so quanti bambini che si tagliavano fisso i polsi con le vene dentro e tutto il resto? insomma tipo così..). per me, comunque, il funzionamento di quelle tende rimane un mistero e, se qualcuno abita in case con quel tipo di tende, devo davvero fare uno sforzo per entrarci.

Ritornando al discorso iniziale, digressioni permettendo:
cerco quindi di sbollentare l'incazzatura mattutina con il benessere causatomi dall'avere io delle tende semplici da usare, ma non basta, come non basta il caffé e tutto il resto. prima di gettarmi a piene meningi nella giornata, mi ripeto che non sono metereopatico, che se sono ostile verso il mondo non è perché è da tre settimane che non fa altro che piovere - che da un punto di vista logico è una situazione nella quale non cambia nulla come se da tre settimane ci fosse sempre il sole senza variazioni, ma il mito della logicità e della razionalità è tramontato con l'umanesimo, quindi lasciamolo stare nel passato - ma è perché, che ne so, ho dormito male: otto ore sono state troppe (altra spudorata cazzata che provo a ripetermi senza crederci tanto e che prima o poi la si dovrà finire con questa storie che il troppo sonno fa male!). Per di più non ho neanche la piccola consolazione del "tempo di permanenza esatto del biscotto del latte in modo che non si rompa e lo si perda irreparabilmente nella tazza" perché è un tipo di colazione invernale quella, il suo corrispettivo estivo, "il tempo di permanenza esatto della frisella nell'acqua in modo che non si sponzi troppo" è un'attività crepuscolare e, diciamocelo, che cazzo di crepuscolo è se è sempre tutto grigio? e poi, a quel punto, che consolazione è se sei quasi arrivato in fondo alla giornata?

oggi comunque qui è come se fosse domenica, si festeggia la pentecoste, una festa inizialmente ebraica e poi cristiana, una festa mobile come le tende, che cade dopo cinquanta giorni dalla pasqua e, visto che anche la pasqua è mobile, hai bisogno di una formula algebrica che tenga conto dell'altezza o della bassezza della pasqua per calcolare quando cadrà, tenendo ben presente che se la prima viene buona, verrà buona anche la seconda.

domenica 9 maggio 2010

sabato 1 maggio 2010

per fare tutto ci vuole un fiore


foto rizzo

pensavo ai fiori ed al modo in cui colorano il posto in cui sono. ne ho visti qua e là fra le aiuole cittadine, principalmente tulipani semi schiusi sparsi in gruppetti fragilmente uniti alla terra di vasi sopraelevati. hanno un modo strano di stare in piedi i fiori: più sono belli e più si piegano sotto il loro peso.
il vento li scuote ed il sole li scalda, poche narici si posano per sentirne l'odore e solo alcuni hanno un odore che possiamo percepire.

troppo facile e forse banale il parallelo con le persone: più ti sviluppi è più quello che fai aumenta il peso delle tue responsabilità. se cerchi di fiorire nella stagione o nel luogo sbagliato rischi di farti male, se non fiorisci perché non ti va di fiorire nessuno se ne accorge. se tutto è pronto per fiorire qualcosa può fare cortocircuito nel collegamento fra volere e potere.
l'unica differenza è che i fiori non hanno una coscienza per dirsi che avresti dovuto o potuto, non hanno una coscienza per portarsi dentro qualcosa che non si può fare e che vorresti fare ma in realtà non farai mai perché semplicemente non la puoi più fare. i fiori non parlano, i fiori rispondono alle leggi della natura ed alle sincere ingiustizie degli uomini, non a quelle travestite di giustizia cui noi dobbiamo rispondere.


le aiuole in cui ti ritrovi sono fondamentali, l'allevamento da cui provieni lo è parimenti. se ci pensi "aiuole" è l'unica parola che contiene tutte le vocali: un sistema finito: il mondo in cui viviamo.
ogni vocale è un elemento, così c'è anche spazio per il quinto elemento, che non ho mai capito cosa sia così come il sesto senso. a tal proposito i fiori femmina mi sapranno dire qualcosa. (related item)

ci sono molti, altri parallelismi da fare, ma forse non mi va di fiorire adesso, forse ho bisogno di acqua per continuare, forse il terreno non è adatto a questo tipo di fioritura e così via..

..dimenticavo un'ultima cosa, un'altra differenza mi pare, quella che mi piace di più:

i fiori odorano comunque, anche se non si lavano.