domenica 18 maggio 2008

la martinella


in una giornata di constatazione del patrimonio, in giro per le proprietà, è facile che la mente spicchi il volo. MI hanno detto che le nostre unità di misura della suoperficie per i fondi agricoli risalgono al medioevo, quando gruppi di persone si riunivano per decidere quanto si dovesse indicare, in termini di lunghezza e larghezza, con una parola inventata. poi ho scoperto che le piante di alloro nelle case non sono un buon presagio ed allo stesso tempo che i boccioli della stutua di apollo e dafne del canova suonano, fischiano se colpiti da soffi d'aria. il sole ha continuato a splendere, la mente ha continuato a vagare in questi paesaggi ripetitivi ma mai uguali. provo ad immaginare questi posti nel passato, le immagini le elaboro in bianco e nero , forse per quell'odioso limite della nostra generazione abituata a pensare così perché limitata dalle immagini di uno schermo, o dai colori delle foto trovate nei cassetti o esposte nella casa dei nonni: chi prima poteva vedere le foto solo in bianco e nero magari immaginava comunque a colori il passato degli altri. mentre si scorre lungo gli ulivi e i vigneti, le filare sempre più dritte e parallele,
sorpassiamo lungo il ciglio di una strada troppo stretta un calesse con un cavallo vero ed a bordo un uomo grassotto che è il ritratto della salute con le gote rubizze ed il sorriso stampato sulla faccia. vago ancora con la mente ma vengo distratto, ci siamo fermati e si mima e ci si muove si recita parlando di ciò che potrebbe esserci dove non c'è e ciò che, con quello che c'è, non potrebbe farsi.
alberi di mandorlo non ancora pronti, ma già buoni: le mandorle quando non sono mature contengono, sotto il morbido e voluttuoso guscio verde e la tenera corrazza lignea, un frutto fatto di gelatina, fresca freschissima, credo anche ringiovanente e anche se me lo sto inventando adesso penso sia vero, semplicemente perché ci credo.
vi sono delle piante di fave, qua e là sparse senza alcun criterio, ma in questo periodo pare sia un pò troppo tardi, sono ingrassate e le fave ingrassate non hanno gusto, esempio di regola della natura che verbalmente si traduce con un poco nobile il troppo stroppia, e la natura è quanto di più nobile ci sia.
arrivo in fondo alla giornata troppo stanco, ho bisogno di riposare, mi stendo su di un non molto comodo divano tra le mura di stanze che trasudano antichità,lo si può vedere da una torcia a dinamo e dalle lire ordinatamente appese alla parete che che si ricongiunge con le altre in un soffitto a stella. già le stelle, nel giardino dei limoni vicino ad un camino di una camera che fu, e che ora non è più, degli amici mangiano e bevono, ridono e continuano ad immaginare. un bougan ville risplende di fucsia nella notte che diviene fonda.

venerdì 16 maggio 2008

uno spaccato

sono convinto di avere più charme quando ho la barba. ho capito che è la convinzione che conta. ero in fila alla cassa di quel crocevia di culture che si chiama lidl ed ho notato un uomo, dichiaratamente indossava un parrucchino di qualità discutibile, che gesticolava e si muoveva, sorrideva ed ammiccava ed in tutta la sua ridicolaggine, mentre contava fino al centesimo e ad alta voce con qualche inflessione vicina ad una lingua vagamente inglese gli spicci del conto, mi ha dato un sorriso interiore. nelle orecchie avevo una canzone di Dalla ed il momento è stato "toccante", la strofa era "il silenzio m'ingrossava la cappella ho fatto le scale tre alla volta mi son steso sul divano ho chiuso un poco gli occhi e con dolcezza è partita la mia mano.

lunedì 12 maggio 2008

rigato o meglio: a strisce orizzontali


scivolavo lungo la strada principale dopo aver litigato con lo stereo che non legge i dischi masterizzati, ho notato una coppietta che noto sovente in queste mie sortite cicliche e regolari, rilassanti e riposanti, in quel del mio paese. immediatamente mi si è fissato un sorriso sulla faccia, forse un pò dovuto ad altro a seguito di attraversamento dell'ennesima campagna fiorita, scorgendo queste figure lei rotondetta come un birillo che finisce con un fondo rotondo, lui mastodontico in tenuta aderente e pettinatura al millimetro, il tutto condito da andatura spaccascialla (significato intuibile perché parola onomatopeica). "a volte non sai ascoltare" mi è stato detto, ho dato ragione, forse è vero mi sono detto. il giorno dopo sono stato ad ascoltare ogni rumore, il fischio della macchina che causa gentili urla dei passanti "la cinghia!", il ronfare del cane, il silenzio a cui non sei più abituato. poi sono passato ad ascoltare le persone, forse alcune semplicemente sentirle, mi sono imposto di fare caso a quello che mi veniva detto da chiunque, con il pensiero ho schiaffeggiato più volte la mano della coscienza irrispettosa che ha cercato di abbandonarmi premendo il pulsante del pilota automatico di me stesso. ho continuato ad ascoltare, risultati altalenanti, ma ho concluso che alla fine non ne vale tanto la pena,un filtro serve sempre; capitano quelle giornate in cui si è fissati in qualco9sa, esse rimarranno solo delle giornate isolate e quelle fissazioni solo delle fissazioni di una giornata. oggi, mi viene da dire finalmente, è nuvolo, occorre rimettersi a lavoro, con tutto il suo corredo di caffé e concentrazione dovuta al "lo devo fare". un dubbio mi si sta presentando nella testa, mentre deglutisco ansiosamente con la voglia di testare lo stato di salute delle mie mucose esofagee, mentre con la punta delle dita tolgo dalle palbebre questa materia giallina che non ho mai capito come sia possibile che si formi, mentre penso a dei seni, mentre penso a mio nonno, mentre penso a dei disegni che ormai mi hanno deluso, al succo e polpa alla mela e alla fave ingrappate, al marrone ed al prosecco, alla mancanza, alla poco educata carne di montone, allo spreco ed alla vocazione, alle maestranze al denaro al sole al mare al cane a de andré, alla mono alla stupida emozione che mi ha preso ieri mentre passeggiavo con le mani occupate da un bicchiere ed una sigaretta, sbaglio oggi se ascolto me stesso?

lunedì 5 maggio 2008

I love you maryanna

oggi il sole viene e va, chissà quanti stamane lo hanno guardato, quanti hanno guardato la pioggia questa notte ovunque essa ci sia stata, e quanti hanno il privilegio di guardare lo smalto rosa- poco uniforme a causa dlla doccia- su delle mani esili e bianche che carezzano il tuo corpo. poi ho pensato a quanti guardandosi allo specchio hanno contratto i muscoli della faccia in quell'espressione che si fa quando ci si guarda in faccia sapendo di essere soli, o comunque non esposti al giudizio degli altri. pensieri sterili ed innocui che mi fanno riflettere che lui là, o io qua, o quell'altro ovunque egli sia, un giorno potrò essere io o viceversa, una linea trasversale ci attraversa a noi tutti su questa terra. molte frasi finiscono con uno scaramantico "non può mai dirsi", ma tutta il nostro impegno nel fare le cose, nel trovare la giusta dose di caffè ed acqua per ottenere una miscela che ci faccia schioccare la lingua dal gusto e dalla soddisfazione -questa vuole essere una metafora perché è chiaro che molti hanno la macchinetta con le cialde e nel caso del caffé non possono farci niente, viene fuori così e basta- è orientata e tende per natura a farci dire di qualcosa, a evitare il non può dirsi. converrete però, affezionati miei, se vi dico quanto è bella alcune volte l'incertezza, quanto è bella l'incertezza quand'anche nelle acque sicure e calme di un lago di emozioni, profondo e limpido che ti ci puoi specchiare dentro e, ancora una volta, fare piccole smorfie con la faccia che si raggrinza sotto le leggere onde di emozioni che increspano la superficie acquosa.