la parola esatta per descrivere la giornata di oggi è una: canicola. una parola che solo a pronunciarla ti fa sudare. per trovare refrigerio, se di refrigerio si può parlare, occorre immergersi nelle placide, calme, limpide e soprattutto calde- come se qualcuno avesse dimenticato di spegnere lo scaldabagno - acque del litorale di casa.
seduto sull'arenile a spendere il pomeriggio e dilettarmi nella celebre arte di perder tempo, ho avuto un embrione di coscienza di due cose che, senza alcuna presunzione, ma per il semplice piacere di condividere quanto ho ascoltato, vado ad illustrare.
i) il cockney è un linguaggio, o una lingua, tipico di londra, dei quartieri dell'est - i cui nomi mi sono stati detti ma evidentemente non li ho ritenuti - utilizzato dai banditi per non farsi capire dai polizziotti. la regola base di questo chiamiamolo dialetto, consiste nell' utilizzare due parole, l'ultima delle quali ha un suono simile a quello della parola che si vuole dire: e.g. apple-peers per dire up-stairs o, come la regola descritta, semplicemente stairs. un altro esempio che mi è stato portato è una battutta di locked and stocked, two smoking barrel, il film di guy richie, lo stesso che si è reso colpevole artefice di un remake pessimo ed inguardabile del film "travolti da un insolito destino su di un'isola deserta nell'azzurro mare di agosto", avete presente? beh, nel film di cui sopra, un buon film, contrariamente a quanto si possa dire del rifacimento di cui sempre sopra, vi è una scena in cui per dire che ci si va a fare una birra giù al pub, occorre fare un giro di parole in cockney che significa pressappoco andiamo giù da gregory; o magari mi sto confondendo, credo sia il contrario, cioé "andiamo a farci due birre" per dire "andiamo a rompere il collo a gregory", anyway, la storia che occorra dire due parole per dirne una, mi è sembrata molto interessante. quanto sto per dirvi e cioé la mia riflessione pseudo filosofica sull'argomento, l'ho tenuta per me, per ovvia mancanza degli strumenti linguistici d'oltremanica, durante il dialogo sulla spiaggia con il curioso conversatore che mi informava di quanto vi informo:
Il fatto che si debba pensare a due parole per dirne una sarebbe una metafora della semplicità moderna e della capacità di complicarsi la vita per fare le cose semplici, un assurdo logico insomma, un paradosso. Ragionare per paradossi fa bene alla mente.
ii) tutta la mia conoscenza in materia botanico-vegetale è stata spazzata via da una semplice affermazione che ha causato una serie di conseguenze culturali che mi hanno tolto letteralmente la terra da sotto i piedi, perché di terra e di radici si tratta.
una semplice affermazione ed è successo l'irreparabile, come quando per sbaglio si dice qualcosa e si finisce per scannarsi a vicenda, e ci si trova davanti ad una realtà che non si conosceva. "ho mangiato delle albicocche in giardino e poi ho messo i semi nella terra" questa la frase incriminata.
Ho scoperto le seguenti nozioni:
1)Quei semi, come tutti quelli delle specie arboree e gli arbusti (sulla seconda parola ho miei dubbi),sono dei potenziali alberi o cespugli "selvaggi" che non daranno frutti;
2)L'albero può essere scomposto verticalmente in due parti: radici e tronco, rami o chioma. Le due parti sono indipendenti [si v. 4)];
3)Per ottenere un albero di albicocche dovrei far crescere l'esemplare selvatico e poi procedere con un innesto;
3)l'innesto è una sorta di trapianto che può avvenire in svariate maniere [si v. infra 5)]. si tratta di inserire un pezzettino dell'albero che produce frutti veri e, già innestato, nell'albero saltato fuori dal mio seme di albicocca;
4) con l'innesto, da un albero nato da un seme di albicocca si possono ottenere più tipi di frutti, per esempio ciliege, pesche e albicocche tute insieme in un albero ( credo però esistano delle regole di compatibilità [si. v. infra]). Infatti, se si proviene da una cultura rurale come la mia, ci si ricorda che l'albero del nonno produceva limoni, arance, manderini e, a volte, anche pompelmi, tutti i tipi di agrumi insomma.
5)una delle procedure più comuni di innesto è quella a "scudetto". essa prende il nome dalla forma del pezzettino, prelevato dalla corteccia o dal germoglio dell'albero che produce frutti veri, che si inserisce all'interno di un ramo dell'albero da innestare. lo si inserisce praticando un taglio a T sulla corteccia dell'albero "ospitante", avendo cura che non resti aria fra il pezzo inserito e la parte che lo ospita, in modo che la linfa proveniente dall'apparato delle radici e che sale dal tronco, passi attraverso i due tessuti uniti dalle mani dell'uomo;
6) ed allora com'è cominciato tutto?
vi è una spiegazione su questo, ma personalmente sono stanco di battere le dita sulla tastiera e, forse, anche voi di leggere
mercoledì 17 giugno 2009
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