domenica 22 febbraio 2009

-_-

Come on...I don't need genius to have ego time.

giovedì 12 febbraio 2009

RATATOUILLE

si chiamano Mus muscullus, quelli che avevo io erano domestici, non selvatici. mi pare di avere già raccontato delle mie battaglie contro i topi, ma ora vorrei fare un discorso più compiuto. all'ora e nel momento della nefasta scoperta, iniziai le mie ricerche per ben equipaggiarmi nella lotta contro i topi. avvenne che, recatomi in un centro commerciale, scesi nel seminterrato, (il faidaté è sempre nel seminterrato), mi avvicinai agli scaffali delle trappole per i topi ed iniziai a farmi un'idea. un personaggio sinistro mi si avvicinò, un commesso. Parlava un francese sbiascicato fra i denti sporgenti e nello stesso momento l'occhio destro gli si chiudeva leggermente, quasi a dimostrazione dello sforzo di concentrazione che compiva. mi disse in tutta franchezza che le trappole classiche non servivano a niente. mi appuntai mentalmente di metterne un paio in una ipotetica scatola del tempo dove si mettono le cassette "misto angelo" o "misto giocala" insieme a tutte le cose che non si usano più. Fui attratto dall' estetica della classica trappola per topi, quella con la molla per intenderci, ne compèrai comunque due piccoline e graziose, credevo bene facessero arredamento. mentre pensavo a questo, il barbuto commesso continuava a parlarmi ed il tono di quello che diceva era sempre più apocalittico. "si muovono per i continenti, sono dapperttutto, si migliorano e si modificano geneticamente, nessuna trappola sarà la soluzione, esse diventano subito obsolete". "per ogni topo che vedi alle sue spalle vi è una colonia di almeno 100 topi""l'unica soluzione sono i gatti, io ne avevo tre che mi uccisero tutti e 15 i ratti che allevavo quando abitavo in campagna",mi dispiace gli dissi, con un mezzo sorriso, ma lui era troppo concentrato in quello che diceva, l'occhio destro ormai era chiuso. Io dissi che allora avrei preso un gatto, ma lui mi avvertì che un gatto è un gatto, che vive una decina d'anni, che mi doveva piacere avere un gatto se lo volevo, non era un elettrodomestico. il suo discorso non faceva una piega. mentre stava per finire la sua entusiastica dissertazione sui ratti ed i topi, la mia ragazza lo caricò oltremodo e definitivamente raccontandogli di un gruppo di topi i quali, mi pare in Cina, rimasero bloccati in un tubo e la parte della colonia libera portava loro cibo, e quei topi incastrati a furia di stare incastrati e mangiare erano diventati di dimensioni spropositate, nella mia testa l'immagine di splinter, il maestro delle tartarughe ninja. mi propose una colla per topi che consisteva in un rettangolo nero 15x30 cm fatto di una materia apiccicosa, avvertendomi che sulle istruzioni era scritto che il topo catturato moriva dopo pochi minuti per arresto cardiaco, per la paura. Lui mi disse che era vero, che morivano, ma, e qui fece una pausa aprendo e chiudendo l'occhio destro, quasi per permerttersi di respirare, très lentement (molto lentamente). iniziò poi a sorridere, provava piacere nel parlare di topi, nell'ascoltare storie sui topi, ad un certo punto lui stesso mi è sembrato un topo gigante, con il gilet modello brico, un topo gigante più gigante del maestro splinter. ce ne andammo, comprai ciò che mi aveva consigliato, non potevo non farlo, avevo trovato il maniaco dei topi vestito da commesso. Le trappole funzionarono uccidendo tre dei 100 topi che erano nel mio palazzo, anche se, applicando con rigore la teoria del commesso topo gigante, sarebbero dovuti essere trecento e così all'infinito, comunque questi sono solo dettagli. erano dei topi piccolissimi, sembravano anche puliti e la storia che morivano très lentement ovviamente era vera. Una notte ne catturai uno, lo misi in una busta tutto attaccato al rettangolo nero e lo piazzai fuori dalla porta. mi rimisi a dormire. tuttavia, nonstannte il muro, nonostante la porta chiusa, nel silenzio della notte sentivo i gemiti di agonia del piccolo topo. mi accanii contro la busta finché non ottenni il silenzio come risposta. Il giorno dopo mi svegliai, trovai in cucina il terzo ed ultimo topo che ero riuscito a catturare, era in silenzio, vivo e bloccato sulla colla nera con le quattro zampe ed il muso. sollevai la trappola e guardai negli occhi il topo, aveva la stessa faccia del commesso topo gigante, aveva persino l'occhio destro semi chiuso. non ebbi dubbi che quel giorno al centro commerciale avevo parlato con il capostipite di quella colonia. Sicuramente era stato cacciato via,spedito nel mondo degli umani, esiliato dalla colonia di allora perché si era scopato tutte le tope femmine, anche quelle sposate e, adesso che tutta la sua progenie era nata, la colonia era composta solo da suoi figli, trecento figli di zoccola e lui, senza accorgersene, per la sola ripicca di vendicarsi contro coloro che lo avevano cacciato, li stava piano piano uccidendo tutti.

giovedì 5 febbraio 2009

emmesse!

anche se non mi piace iniziare con questa frase, mi tocca perché è la verità:
quando ero piccolo ero abituato a vedere delle cose che oggi mi sembrano assurde, ma mi lasciano un pò l'amaro in bocca per l'autenticità che di questi tempi scarseggia, sarà anche questo colpa della super mega crisi finanziaria, della "recensione" ho sentito dire. quando ero piccolo, di fronte a casa mia al mare vi era e vi è un porticciolo, un molo turistico direi oggi, ma quando ero piccolo lo chiamavo porticciolo. ebbene questo porticciolo era una infrastruttura al servizio del contrabbando di sigarette. loro, i contrabbandieri, i miei idoli quando ero piccolo, scaricavano scatoloni di kim, chesterfield e marlboro 05 tre quattro volte al giorno. era normalissimo che nella calma e nella canicola di un primo pomeriggio di agosto qualcosa nell'aria si muovesse, si iniziasse a vedere qualcuno affrettare i passi, guardare verso il mare, poi si sentissero i rombi delle alfa giulietta che arrivavano sparate e che chiudevano il passaggio delle strade qualunque cosa vi fosse in mezzo. io e la mia famiglia, come tutte le altre famiglie residenti in estate in quella marina, ce ne stavamo in veranda a guardare questo spettacolo che dava una sensazione simile a quella che si prova quando ci si trova a vedere del flashmob. arrivava lo scafo, intanto un furgone si piazzava all'imbocco del molo,si gettavano le corde per l'ormeggio, urla rombi e bestemmie gratuite riempivano le mie orecchie, per me era musica. ricordo perfettamente che una volta, mentre si svolgevano le operazioni prodromiche allo scarico delle sigarette, al centro della strada serrata da una golf gti e una alfa giulietta, rimase bloccato un camion che vendeva latte: l'immagine che ho è quella di una persona vestita di bianco con i capelli semi lunghi sulle spalle che, con un fare da capo - ed effettivamente si rivelò poi il capo di quella squadra di scarico, lo so perché altrimenti mia sorella non se ne sarebbe innamorata- che in piedi sulla cappotta della sua alfetta spremeva una confezione in tetrapack di latte nella bocca, la pressione era troppa e dunque rivoli di latte scendevano lungo tutto il suo corpo di bianco vestito, ed era bianco su bianco bagnato, ed urla ed applausi e clacson. ricordo anche che quando ormai mi sentivo più grande, ma sempre quando ero piccolo, nel momento in cui si svolgeva lo scarico delle sigarette e magari i miei genitori non erano in casa, non me ne stavo sotto la veranda, mettevo al collo una collana d'oro rubata a mia madre, perché altrimenti non potevi essere uno diloro, e mi mettevo sul molo insieme ai contrabbandieri di professione ed a quelli che lavoravano alla giornata, come nei cantieri edili, loro disposti a catena che si lanciavano scatoloni di sigarette e li spostavano dalla stiva dello scafo, neanche a dirlo a sigaretta, al vano del furgone iveco, io che tenevo con tutta la mia forza una delle cime ruvide e zuppe di acqua salata, formica che partecipava all'ormeggio. La paga era ovviamente in stecche di sigarette, io, ultimate le operazioni, me ne tornavo zompettando in veranda con una stecca di kim che mettevo sul tavolo per mia madre che accettava, perchè non le dicevo che me l'ero guadagnata, ma che l'avevo trovata tra le barche di fronte, era d'altronde del tutto plausibile, fra le barche di fronte a casa si trovava di tutto: scarpe, borsoni pieni di panette di marjuana inzuppate d'acqua, coperte, mi disse una volte mio cugino anche fucili con i quali sparava i suoi amici che poi resuscitavano. d'inverno le sigarette le portava in casa mina, la famme de menage, una donna che era sempre seguita da una colonna sonora di canzoni napoletane. veniva per lavorare e portava con cadenze regolari due stecche di kim avvolte in carta da giornale. oggi mina non fa più la femme de menage, forse è alla germania insieme a suo marito che forse hanno scarcerato. quando cambiammo femme de menage io pensavo perché mia madre ad un certo punto si mise a fumare rothmans slim che per me non potevano essere di contrabbando perché erano slim. ricordo che quando ero piccolo da grande volevo fare il contrabbandiere, ricordo che si giocava a sigarette, una evoluzione dell'acchiappa acchiappa che consisteva nel darsi l'immunità dalla cattura pronunciando una marca di sigarette immediatamente prima di essere toccati, la più comoda era emmesse. Si giocava con i walkie-talkie a contrabbandieri e finanza, non a guardie e ladri, la differenza stava ovviamente nello stile e, soprattutto, che nessuno voleva mai fare la finanza.

prologo

ieri sera quasi postavo qualcosa, giuro che ce l'avevo pronta nella testa, poi è passato un pò fino ad arrivare a casa, un altro pò per sistemare il giaciglio, l'impedimento più grande era poi il segnale internet monco.