mercoledì 29 ottobre 2008

fiori gialli di rughetta selvatica

un gallo bianco lungo il ciglio della strada che zompetta per rientrare aldilà della bassa rete, il canto delicato e talvolta acuto degli uccelli di campagna, ci siamo, sono uscito dal centro abitato.

il pomeriggio è tiepido ed il cielo leggermente velato, il sole disegna delle macchie di leopardo sul terreno sul quale spuntano maestosi i centenari alberi di ulivo. fra le foglie i raggi, visti in controluce, formano delle stelle brillanti che colorano di sfumature il verde delle foglie. l'erba spontanea che ricopre tutti i terreni pare arredare meglio la campagna e la terra sotto i piedi è morbida, accogliente.

metto la mano nel taschino ed inizio a prendere foto di ciò che mi circonda. i tronchi contorti formano dei buchi attraverso i quali si può guardare il mondo da un'altra prospettiva, il silenzio interiore è interrotto da sensazioni di piacevolezza ed armonia.
l'odore della campagna mi riporta alla "rimesa" della casa dei nonni. continuo a camminare e mi accorgo che le piante di fichi d'india, rinsecchite, quasi si inchinano ossequiosamente al mio passaggio solitario.


mi viene da pensare a quando riguarderò le foto, a come un così bel momento resterà un ricordo beffardo, quasi vile nel suo silenzio immobile e privo di odori.

Questa mattina- mentre mi recavo in quel palazzo dal quale le parole escono fuori dalle finestre, come fossero note di uno spartito ripetuto all'infinito che si staccano dal foglio, esse si staccano dai fogli, vincono la resistenza dei timbri e dei fermacarte, lettere volanti, una ciminiera di parole come il fumo che esce fuori dalla centrale a carbone visibile lungo il corso della strada, formano dei vortici sopra il cielo del grande edificio sul quale si legge "palazzo di giustizia"- mi hanno chiesto "ma cosa ti dà constatare il patrimonio, cioè perché?" ho risposto "lo faccio perché mi dà piacere, perché ti nobilita l'animo, credo". ho ottenuto come risposta un sorriso silenzioso, poi, tra me e me ho pensato che con la nobiltà d'animo non ci paghi neanche le marche da bollo! .

sabato 25 ottobre 2008

il colore delle caramelle mou

nella piazza centrale, lungo uno dei lati di essa, il cartello "sala da barba", con calligrafia pubblicitaria d'altri tempi nero su bianco, salta subito agli occhi, è quasi vetusto. una tenda a treccioline di spago lascia intravedere le sedie da barbiere e le sagome degli abitués, al centro della sala una figura quasi maestosa piegata sul cliente con i gomiti verso l'alto. sposto la tenda con il dorso delle mani e esordisco con un timido buonasera, affronto gli sguardi indagatori dei presenti, ho l'impressione di aver interrotto qualcosa, di aver rovinato l'armonia, persino quella figura che intravedevo da fuori, cambiando la sua posizione eterna, ora mi squadra. non ha l'ombra di un pelo sul volto, ha movimenti rapidi e precisi anche nel camminare, una ruga in mezzo agli occhi tra fronte e naso, gli conferisce l'espressione seria e sicura di colui che fa la barba agli altri. indossa il grembiule da lavoro e la pelle, dal pomo di adamo, scende in una cascata, due flussi di epidermide scivolano fino alla base del collo strozzato da una cravatta nera con cerchietti rossi e dorati, l'impressione, rafforzata dal labbro superiore appuntito, è che abbia fuori la testa dal guscio, come una tartaruga. lo sguardo è intenso insieme al colore castano degli occhi, sulla mano destra un anello in oro giallo troneggia sull'anulare, fra qualche minuto intravederò lo scintillare di quell'anello mentre il rasoio scorrerà sulla mia faccia. i capelli sparuti dal colore candido, come fili di nuvole stanno sul capo rotondo. la luce al neon tenuto da una catena che si biforca scendendo verso il basso, illumina la stanza: un lato composto da specchi ampi, di fronte due sedie da lavoro, il soffitto a volta, alto ed immobile, la radiocronaca delle partite di serie b conferisce all'ambiente un suo tempo, un cliente seduto attende il suo turno sfogliando "cronaca vera" e cerca di esporre la teoria secondo la quale l'ora legale sortisce effetto su chi studia e non su chi va ib campagna. resto in rispettoso silenzio ascoltando e osservando lo spettacolo di autenticità che mi si compie davanti agli occhi.
mentre mi rilassavo col capo riversato all'indietro, così come le pupille negli occhi socchiusi. i piedi sul poggia-piedi alto e comodo, una domanda mi è giunta come una lama di ghigliottina sulla nuca, mi ha riattaccato alla realtà che avevo abbandonato pensando di essere chissà dove e chissà in che anno-"sei forestiero?"- scuoto il capo in senso negativo-"e a chi sei figlio?".

venerdì 24 ottobre 2008

safari

prorpio l'altro giorno, mentre mi chiedevo come fossero fatte le camelie, ho avuto una specie di illuminazione. il gentil sesso ha questa visione delle cose ma non ne è cosciente, occorre dunque spiegarlo. il colore dei capelli di una donna è legato a doppio filo con il suo intestino. le leggiadre fanciulle non producono feci, esse sono intimamente convinte di espellere dal proprio corpo entità vegetali odorose, fiori per intendersi, ma questo lo ammettono solo dopo essersi cintrerate dietro la bugia che, semplicemente, loro non defecano. mi sarebbe piaciuto avere un pensiero riguardo la questione già da bambino, solo per vedere che tipo di fiori espellessero mia madre o mia sorella o magari le mie cugine, che coprono più o meno lo spettro dei colori di capelli possibili, tuttavia questa è una conquista che mi trovo a sistematizzare solo durante il mio glorioso 25esimo anno di età. dicevo che l'intestino di una donna è legato a doppio filo con il colore dei suoi capelli, o viceversa,il risultato sarebbe lo stesso, è il colore dei capelli, comunque, la variabile indipendente. dunque ho subito pensato che, nonostante non abbia mai visto come sia fatta una camelia, anzi fino a poco tempo fa pensavo fossero quelle spille con profili a mezzo rilievo, bianchi o crema su sfondo rosa antico, di donne con acconciatura ottocentesca -spero di aver reso l'idea-, le bionde espellano per via anale delle camelie bianche e, durante i riposi stellati, delle belle di notte che si aprono al contatto con l'acqua del water; mi sono chiesto che tipo di fiore potessero espellere le rosse, mi sono venuti in mente i glicini fuctsia, se esistono; le castane sicuramente dei tulipani di vari colori, per via delle sfumature che i tulipani hanno sulla punta dei petali, per una questione di riflessi; le brune delle violette a forma di campana. prendete la mia teoria per buona, ma se una notte vi svegliate e lasciate per qualche minuto la vostra partner rossa nel letto per recarvi al bagno e vi trovate un profumo di rose, dovete prendervela ed unicamente ed esclusivamente con la "mamma te li fiuri".

venerdì 17 ottobre 2008

un capocollo da capogiro

è proprio mentre gli occhi stanno per chiudersi o faticano ad aprirsi che sta quella sensazione di ovattato, quella sensazione che ti permette di pensare, riflettere, anche giudicare con un certo distacco: le cose che ti fanno felice ti lasciano indifferente e le cose che ti fanno soffrire si comportano nella stessa maniera. tuttavia ti dà buon umore, appena chiudi gli occhi, perché piombi in un sonno profondo con un leggero sorriso sulla faccia, emetti dei suoni muti con la bocca chiusa e ti stringi al cuscino, ed anche il giorno dopo, quando, riemergendo da sogni confusi e mattutini il cui ricordo si perde non appena si esce dal torpore, ci si risveglia piano piano, si esce dal limbo sorridendo, contenti della prestazione onirica, pronti per la giornata, ancora per un'oretta si cercherà il ricordo del sogno che ti stava piacendo, ancora per dieci miunuti si gusterà il café raffreddato del mattino, ancora una volta il piede sinistro sarà il primo a posarsi per terra insieme alle immancabili gocce di urina che, in preda ad una crisi, fuoriusciranno dalla trraiettoria cercando una morte più onorevole che non sia nel cesso.

venerdì 10 ottobre 2008

una chitarra da portar via

esiste il sole anche a berlino, è un piaere scoprirlo mentre hai la sensazione del calore sulla faccia. esistono anche e soprattutto dei momenti nei quali, come un fiume inarrestabile, le emozioni ti saltano fuori dalla bocca, dal naso dagli occhi e dalla pelle. è un piacere svegliarsi la mattina e sinteirsi dire che iil cuore batte piano, lentamente e differentemente dal solito, dalle mattine nelle quali aprivi gli occhi ed un tamburo minimal ti batteva nel petto, gli occhi sbarrati e le mani mai ferme, il sangue come una perrier ora è divenuto champagne, non tante bollicine, ma una sola ed elegante, parte dal fondo dell'anima e si dissolve in un sorriso nel momento in cui comincia il giorno.