lunedì 23 novembre 2009

la meccanica sociale è un misunderstanding ovvero agosto ed adamo

Agosto non si dava pace.
Gli piaceva credere all’idea dell’esistenza di un albero di ulivo grande quanto un baobab. il capo albero che comanda su tutta la vegetazione e che le ordina di produrre nell’aria, a mezzo di fotosintesi clorofilliana e secondo il suo arbitrio, sostanze che ora assopiscono i sensi e bloccano il cervello sulla superficialità, ora esaltano quel meraviglioso essere che è un uomo pensante.
Non era la prima volta che un’idea di questo tipo attraversava la sua mente. Era abituato a pensare a cose che lo sollevassero in qualche modo da qualsiasi responsabilità, che gli permettessero di dire “non è colpa mia”.
Ma la stessa ragione che lo portava ad elaborare questa idea, non gli permetteva di liberarsene: era rinchiuso in un circolo vizioso di autogiudicamento del tipo perché-sei-così? E-se-ti-domandi-che-sei-così-vuol-dire-già-che-sei-così!?
“devo pensare a cose che mi danno piacere.. che mi danno piacere e mi fanno sentire appagato. Gli sembrava di essere vicino ad una svolta, ma ad ogni porta che riusciva ad aprire se ne presentavano delle altre “ma cos’è che mi dà piacere? Che mi fa contento, dov’è finita quella calma che si spandeva dal centro del petto irradiando di tranquillità e piacevolezza tutti gli arti per il solo fatto di essere degli arti?”..”perché le mie sopracciglia non si rilassano?” “devo cercare la pace nelle discipline orientali? -Con tutto il rispetto delle discipline orientali ovviamente-si affrettò a farfugliare fra le labbra come qualcuno che parla da solo per strada senza neanche avere la scusa di un auricolare nell’orecchio. era importante per lui non offendere a causa della sua ignoranza.

Adamo era dall’altra parte della strada, camminava nella sua testa, un deserto di sabbia fra cui giacevano qua e là fossili di neuroni. “stasera devo andarci, metterò la mia camicia con i polsini bianchi e chi se ne frega del caldo, i polsini bianchi, se la camicia è nera, fanno figo…guarda questa come mi ha guardato! Lo sapevo già che spaccavo grazie…devo camminare più scocciato, più menefreghista, si è così che si fa bravo bravo” Si fermò di scatto per guardarsi nel riflesso del suo volto emesso dal finestrino dell’auto, una faccia anonima contornata da capelli scuri a spazzola, una faccia da centomila facce. “si sono ok” pensò “ma non capisco come mai a volte mi accorgo solo io di certe cose…guarda quello come cammina e quell’altro come lo guardano, guarda agosto com’è bravo a sembrare scocciato, lui si che è figo, le donne impazziscono tutte per lui, è bravissimo a recitare la parte di quello con la testa fra le nuvole, devo imparare da lui”.
Evidentemente nella concezione del mondo di adamo, gli uomini erano tutti uguali - cosa che da un certo punto di vista dovrebbe essere vera - si distinguevano per la capacità che avevano di interpretare situazioni standard della vita; mi spiego, il successo sociale, che per lui era la vita, dipendeva dalle capacità di fare ciò che era ben considerato di volta in volta, indipendentemente dalle contingenze, dai sentimenti propri, dalle personali inclinazioni, gusti e culture. Le contingenze, i sentimenti propri, le personali inclinazioni, i gusti e le culture erano degli accessori intercambiabili e variabili e soggetti a multiproprietà che servivano all’occorrenza per giustificare la miglior interpretazione attesa in una particolare situazione (come le virgole che avrei dovuto usare per questa frase…) lui non era cosciente di questo, sarebbe stato più mediato nei comportamenti se avesse avuto una capacità di astrazione che gli permettesse simili pensieri. “ricorda di dare tre baci, è così che si fa ora”
-Ciao agosto, che combini di bello- gli disse adamo avvicinandosi per baciarlo ben tre volte.
-Oi adamo che piacere- aveva risposto pensando al fatto che adamo fosse stato ingiusto con le sue guance alle quali aveva dato un numero di baci differente, tuttavia una persona sorridente e felice in una giornata così è sempre la benvenuta. Scostandosi si era guardato nel vetro del finestrino per assicurarsi che le sue guance fossero uguali.
“guarda con che non chalance si guarda allo specchio!? per controllarsi i capelli sicuramente, chissà come fa ad avere questo effetto spettinato, come si chiamava quella cosa autovped? Me la devo comprare” pensò con stupore adamo. “devo entrare nel bar con lui così mi vedranno tutti”
-Birretta? Chiese
-Why not!- sibilò agosto ottenendo uno sguardo allibito di adamo.
“ainoc…deve essere un giuoco di parole da ricordare…ma si, tipo caino, traditore che mi vuoi fare bere, è più figo di dire perché no” pensava adamo mentre felice come una pasqua entrava nel bar abbondantemente frequentato.
Agosto si sedette ad un tavolo presso un albero, adamo registrò subito l’informazione eleggendo quel tavo lcome il-miglior-tavolo, senza pensare ai benefici dell’ombra.
-Che mi racconti di bello? Iniziò adamo dopo aver fatto toccare la propria bottiglia con quella di agosto seduto di fronte.
Agosto non rispose subito, era impegnato a cercare un verbo che in italiano, a parte brindare, indicasse l’azione di urtarsi fra i contenitori di bevanda alcholica possibilmente in vetro.
Adamo attese ostentando finta tranquillità, era così che si faceva, senza fretta, e che diamine!
-caro adamo è una giornata un po’ del cazzo, sei la prima persona sorridente che ho incontrato oggi- cercò di riassumere agosto.
- beh io sorrido di mio, non ho tempo di pensare a quello che fa la gente, dentro di me è tutto un uolkin progress- Aveva risposto adamo auto-complimentandosi per i suoni di ciò che aveva detto.
Agosto non ascoltò veramente, il profumo dei gerani lo aveva distratto, tuttavia sorrise di rimando, per cortesia, per gratitudine quasi, dopo tutto era stato invitato.“come diamine fa questa persona che ho davanti ad essere così felice, ride, ammicca, ok con quelle sopracciglia rifatte è un po’ ridicolo come quasi tutti in questo posto, ma non ero io che poco fa criticavo l’estetica non riflettuta qualunque cosa essa voglia dire ed inizio a pensare che non voglia dir nulla?”
Dall’altro lato del tavolo adamo cercava un argomento di conversazione che stimolasse il suo nuovo compagno. decise di raccontargli, inventandoselo di sana pianta e senza neanche cercare degli appigli per sostenere la sua storia, che era innamorato.
-ok, visto che siamo alla seconda birra, te lo posso dire, sono cotto di una che ho incontrato ieri sera in piazza, una straniera, ci siamo messi fitti fitti a parlare tutta la sera e quando l’ho salutata mi ha spinto in un vicolino ed abbiamo fatto l’amore in piedi. Ora quando cammino mi sembra di volare.
-beh mi sembra giusto che tu abbia questo bel sorriso stampato in faccia, ora capisco tutto.

Permettetemi ora di lasciare per qualche riga i due stimati protagonisti con la loro terza birra a mezz’aria per sottolinearvi in maniera molto sintetica l’ingenuità di Agosto e la sua credulità, l’assenza di capacità critica nei confronti delle persone con cui si confronta. Questa assenza è una del genere di ragioni per le quali agosto, dopo aver capito in ritardo l’attendibilità di un racconto o un messaggio non verbale comunicato da una situazione, si impegna ad elaborare teorie del tipo il-grande-ulivo-baobab-re-della-vegetazione, per non dire a se stesso che era stato un coglione patentato nell’ aver creduto a ciò che gli era stato detto o non aver capito ciò che era successo. Per quanto fosse notoria la sua intelligenza.
Accadeva tutto nella sua testa, ma non era granché tagliato per il mestiere di vivere. A volte però era fortunato.

- avrai modo di rivederla? Chiese agosto scolando la piccola bottiglietta ricoperta di bruma e ricordandosi che brindare si potrebbe dire anche tintinnare.
Vi fu un attimo di silenzio nel quale adamo si impose di non rispondere per sembrare calmo, agosto pensò che il silenzio fosse la risposta e si alzò per svuotare la vescica riempita dalle birre.
Adamo un po’ basito pensò che avrebbe dovuto quanto prima riproporre l’interruzione del discorso a mezzo alzata dalla sedia alla che-me-ne-fotto, perché gli era sembrata una cosa figa, dopo tutto le parole sono solo parole, i gesti fanno di più. “magari voleva dirmi che queste cose così rimangono così, che non c’è bisogno di parlarne?”.
Guardandosi allo specchio agosto si era accorto di essere un po’ alticcio, però andava meglio, fare quattro chiacchiere, incontrare qualcuno che gli parlava d’amore era una fortuna, avrebbe voluto continuare il discorso, si affrettò verso il tavolo.
-allora la rivedrai? Chiese
- partiva oggi, sono cose così agosto, cosa vuoi che ti dica!? Disse adamo avendo cura di tenere l’orlo della bottiglia vicino alle labbra in un atteggiamento affettato e pensando di aver trovato una sintonia con l’interlocutore.
“le pene d’amor” pensò agosto e sorrise un po’ malinconico.
“mi sorride, è fatta, siamo amici” pensò adamo.
-mi hanno invitato ad una festa stasera, visto che CI CAPIAMO io te, ci facciamo un salto?
-Why not? Rispose agosto
“sì, deve essere per forza qualcosa che ha a che fare con caino, la perdizione ed il peccato, me la devo ricordare questa, “ainoc!” pensò adamo.
Un po’ barcollando uscirono dal bar, si strinsero la mano con l’intesa di rivedersi dopo. Si divisero e alla distanza di cento metri, splendida metafora della vicinanza di due esseri, adamo, autopuntandosi l’indice contro, gli urlò –ainoc!.. voleva dirgli che era un birbante, un peccatore e che lo portava ad una festa.
Agosto sorrise cordialmente e, per l'ennesima volta senza aver capito, si avviò verso casa con i suoi pensieri alleggeriti dall’alchol.

1 commento:

Anonimo ha detto...

superpippa con lo strascico. NdA