il paesaggio schiarito lo aveva ingannato. l'abbigliamento si era rivelato in tutta la sua leggerezza al contatto con la temperatura esterna: il sole c'era ma era come di carta, non scaldava. aveva pensato che la sensazione era simile a quella che si prova sollevando un pezzo di marmo di polistirolo.
Mise le mani insensibili nelle tasche neanche fossero degli arti estranei, e si incamminò verso una giornata tutta da scoprire.
ben presto si rese conto che ci sarebbe stato ben poco da scoprire, si sarebbe trattato di un giorno da disadattato. gliene ne capitava almeno uno ogni tre ricariche di cellulare, quindi, a seconda della nazione in cui si trovava, ogni sei o sessanta giorni lavorativi.
al primo sorriso spacciato sinceramente si accorse che il fatto stesso di averlo spacciato aveva causato nel suo destinatario una certa dose di diffidenza. rifletté sul fatto che i sorrisi forse andavano offerti pubblicamente invece di essere spacciati.
poi ci si era messo anche il multimat, strano aggeggio che sostituisce un impiegato di una banca che, senza neanche avvertirlo, si era inghiottito la sua carta.
si era immaginato lo stomaco del multimat: una stanza meccanica dove le tessere bancomat si depositavano come strati di pasta sfoglia tutte tremanti sotto gli occhi dei secondini a transistors. grazie a questa immagine, un mezzo gaudio si fece strada nella sua mente pensando al destino economicamente comune dei proprietari di ciò che, oramai, non era altro che un insieme di strati di pasta sfoglia ripieni di crema al microchip.
ebbe la certezza della giornata da disadattato quando tutta una serie di domande che si affacciavano al balcone dei suoi pensieri mettevano fuori giusto la testa, uno sguardo fugace alla fredda realtà, e poi si ritraevano fra le calde sinapsi.
pensò che forse le giornate da disadattato sono inversamente proporzionali al senso critico e che, paradossalmente, i pregiudizi potevano salvarlo offrendogli una soffice coperta in cui arrotolarsi fino all'arrivo della primavera.
andava di fretta, dimenticava cose fondamentali, ritornava indietro. desiderava il divano.
finalmente in fondo alla giornata rientrò, aprì la scatoletta magica per dare un taglio netto a quel 5 marzo che persino il cellulare gli segnalava come il 6, e scoprì, restando zen, che fra gli attrezzi gliene mancava uno, non sufficiente e pur tuttavia necessario, almeno il tabacchi era giusto sotto casa..
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1 commento:
quei giorni da disadattato sembrano interminabili, ma per fortuna o purtroppo prima o poi finiscono come tutte le cose. e allora, magari il giorno dopo ti rendi conto che non é male quel gusto dolce-amaro che ti lasciano. il bello di un giorno simile è che puoi quasi sentirti in credito con il mondo. ...E forse non é neanche così assurdo pensare una cosa del genere ogni tanto, pur essendo uno di quelli in debito. In debito con gli altri forse, ma col proprio destino? comunque la vita normalmente non lo permette...quindi meglio non sentirsi in credito mai e "godersi" quelle giornate da disadattato. :)
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