venerdì 12 settembre 2008
beroza!
una sera come le altre, forse di metà agosto, la sabbia poco illuminata da una notte di luna crecente, appena nata. ho ricordi confusi di facce e bicchieri in plastica che si vuotano lasciando al loro interno del lime e del ghiaccio, giusto per pemettere di calibrare meglio il lancio verso la pattumiera. "a capocchia!" m i dice qualcosa, le tempie ed i capelli madidi di sudore, (che sembra che sei fatto anche se non è vero, mi dice una mia amica), danze scriteriate e sorrisi abbozzati, scompaiono le remore sotto la pioggia d'alchool, inizia l'illusione fatua del divertimento. tu non te lo ricordi ma in terza media impazzivi per me, anche questo mi dice qualcosa, qualcuno ha inventato il braccialetto, qualcun'altro ha deciso che il miglior posto dove allisciarsi i capelli con aria annoiata e scambiarsi reciproci complimenti sulla tenuta del make-up, è il dance-floor. non c'è tempo per riflettere. presto presto un'altra bottiglia, presto una sigaretta, dove sarà il bagno? che pezzo.. bella musica stasera.. ciao di dove sei? cosa fai? ah interessante...ma vai a fare delle pugnette, ma va a cagher... si insomma ha suonato bene diciamo...che fame...ma dove hai parcheggiato?...Inizia a fare freschetto, vorrei riprendermi, non vorrei sbiscicare mente parlo, contegno cazzo! resta poca gente, ovviamente si sentono tutti amici, ma davvero amici, tipo condivisione del pane la domenica, tra scambi di promesse ed appuntamenti per i prossimi eventi degli sgoccioli estivi. sbuffo e mi poggio su una pedana tenendomi la testa tra le mani per recuperare fiato, "te mieni?", un secondo per realizzare la richiesta e ad un tratto, dopo aver ben aspirato, un magnifico esemplare dell'essere umano ancora integro,dalla discutibile costituzione fisica, si spoglia e si getta nel mare, un bagno nell'alba che spunta tra gli sguardi sbigottiti degli astanti del cool, e non fa nulla se ho sovrapposto delle serate, sarà stato l'alchool, ma ogni considerazione è vana, il premio freschezza dell'estate 2008 è stato conferito, all'unanimità.
giovedì 4 settembre 2008
della bruma sulla cappotta
in una giornata di scirocco l'aria ti si appiccica addosso. dopo un risveglio un pò sudato, apprezzi davanti allo specchio del bagnetto incorniciato da ripiani di plastica - tanto è la casa del mare- le rughe sulle guancie che segnano il tuo volto. il cervello non parte, ti senti ovattato come le nuvole folte e scure che disegnano delle linee curve nel cielo evidenziandone l'azzurro sullo sfondo. aria calda ed afosa, umida ed appiccicaticcia sulla pelle, sui capelli, sui pensieri. è colpa del tempo, è colpa dell'aria, il cervello fatica sempre di più, dalle orecchie esce quasi del vapore, il caffè è troppo caldo, la brioche troppo secca e l'acqua troppo fredda, forse anche troppo frizzante. la svolta pomeridiana, il cielo ripulito, la centrale e i raggi del sole ben visibili, ma il cervello continua a sbuffare, procede lentamente lungo i binari di una giornata marittima, l'aria che scioglie l'orizzonte smette di soffiare, ciò che resta è una quiete comunque calda. continui a chiederti il perché della sonnoloenza e della svogliatezza, dài la colpa alla sera prima, a qualsiasi cosa, anche alla chitarra che risulta sempre scordata, per non parlare della voce. è tutta colpa dello scirocco, concludi un circolo di pensieri, ma il colore del mare è ipnotizzante, si vedono abbozzi di onde gonfie, destinate a mai infrangersi perché abortite a metà strada, creano al massimo delle piccole schiumette che fanno pensare ai riccioli a forma di occhielli di un maglione mentre lo si scuce tirandone il filo, rabbrivisici e poi sorridi pensando che sia di lana.
sabato 12 luglio 2008
di un pomeriggio sudato su di un divano usato e fuori stagione
inizia così certe volte: con un lento pulsare alla base del cranio, si espande alle tempie quando ormai è troppo tardi. tutto ciò dopo qualche lavoretto mattutino, o meglio pomeridiano del primo pomeriggio, libri spostati da qua e messi là, poi andranno da un'altra parte. ho l'abitudine di segnare luogo e data sulla prima pagina dei libri quando li compro, dovrò iniziare a scrivere, sui prossimi libri che acquisterò, che questa abitudine mi piace e non voglio perderla per un motivo semplice: lasciare il segno è bello. ovviamente quando riscopri le scritte guardandoci hai qualche ricordo che ti torna in mente, ma questa è la parte superficiale della storia. mi piace pensare a me che lascio il segno su qualcosa che ritroverò, mi piace pensarmi mentre l'ho fatto e, mentre lo faccio, pensare a quando lo rivedrò per caso. non è solo una mania, un altro vezzo del genere "amelie" e che non ha un perché, è qualcosa che cerco di non far sembrare importante, impegno la mente in un pomeriggio settentrionale, afoso e mal sintonizzato. le realtà pensate o immaginate ti emozionano comunque anche se sei rinchiuso in casa a parlare con i muri. Gli stessi muri che hanno visto tante persone e tante cose passare, hanno sentito profumi di donna e puzza di scarpe, fos-spaltai, sono stati ricoperti di poster e poi denudati, grattati dipinti e ridipinti, ridipinti ancora. stanze e pavimenti che mi danno l'impressione di sentirmi in uno spazio mio, vestiti vecchi e nuovi, scarpe senza lacci, borse e borsoni, quaderni ricoperti dalla polvere del primo anno di università. e poi ancora polvere tanta polvere, dio solo sa quanta polvere hanno visto questi muri. dimenticavo le scale, i quattro semplici piani lungo i quali ho trasportato in su ed in giù ogni sorta di genere alimentare, elettrodomestico o pezzo da arredo-design. ho trasportato alcolici, droga, me stesso vestito in vario modo e me stesso nudo in certi casi,me stesso con le sigarette in tasca, una sigaretta fra le dita, senza sigarette, con un mozzicone di qualunque cosa in bocca ad aspirarne gli ultimi tiri. ancora mi diverto, mentre salgo e scendo, a sputare sui pianerottoli dei condomini poco graditi e a lasciare il masticante sul passamano, proprio all'inizio di ogni rampa dove, secondo i miei calcoli, è più probabile che si posi la mano della vittima. guarda un pò di cosa sono finito a parlare, mi sono perso in digressioni...dicevo che inizia così il mal di testa forte, così forte da non farti sopportare l'aria "libiamo ne' lieti calici" della traviata. allora spegni anche lo stereo e cerchi di trovare un pò di spazio nel cartone dei cd, anche loro da là finiranno da un'altra parte, ma non hanno tanti segni, se vogliamo escludere le poco nobili copertine scritte a mano di quelli masterizzati, dunque poche pippe mentali sulla storia dei segni, una al giorno, nel pomeriggio caldo, è più che sufficiente. Mi sembra quasi indegno di voler racchiudere ciò che è successo fra queste mura con qualche riga, solo perché questo pomeriggio mi gira di scrivere della casa in cui ho abitato un certo numero di anni. sì, quasi indegno, per certe cose è molto più bello e poetico conservare degli schizzi, è lì che risiede l'intuizione, l'idea prima che si ha di qualcosa, ciò che si esterna di noi ma che è ancora semilavorato, il subfornitore inconscio del conscio, così la sparo grossa e non ne parliamo più!
adesso vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi fra qualche giorno, saltare il tempo o magari saltare lo spazio in poco tempo. vorrei che smettesse questo mal di testa e rinfrescarmi la gola con un bel boccale di birra ghiacciata, questa si che è una bella parola, ghiacciata, lo ridico ancora, ghiacciata, chissà che non mi aiuti a passare dal tardo pomeriggio ad una serata di brezza, una brezza così fresca da farmi andare a cercare una maglia in un altro scatolone pieno di vestiti, quei vestiti che con me hanno salito e sceso le scale di via cimabue.
adesso vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi fra qualche giorno, saltare il tempo o magari saltare lo spazio in poco tempo. vorrei che smettesse questo mal di testa e rinfrescarmi la gola con un bel boccale di birra ghiacciata, questa si che è una bella parola, ghiacciata, lo ridico ancora, ghiacciata, chissà che non mi aiuti a passare dal tardo pomeriggio ad una serata di brezza, una brezza così fresca da farmi andare a cercare una maglia in un altro scatolone pieno di vestiti, quei vestiti che con me hanno salito e sceso le scale di via cimabue.
martedì 1 luglio 2008
pesto, non alla genovese

per ritornare in tema di sopracciglia corrugate e giusto per trovare un argomento originale, vi dico che il caldo mi uccide. sento la calura che spazia nella mia mente vuota ed inerme a ciò che succede fuori. il sudore aiuta a concentrare, l'ho detto in passato, ma se nella testa non hai neanche l'embrione di un pensiero, il caldo serve a ben poco. lo puoi giusto usare come capro espiatorio, ecco, per tutto è sempre e solo colpa del caldo. ora provo a mangiare qualcosa che non sia acqua frizzante.
lunedì 16 giugno 2008
essere superstiziosi porta sfortuna
il vento grecale spira da est, il vento grecale fa sbattere le porte e muovere le tende della mia casa al mare. vi confido che morivo dalla voglia di ingerire degli antibiotici, una sorta di nostalgia malsana che mi perseguita. eccomi accontentato, ogni dodici ore una pastiglia di media dimensione passerà per l'esofago e si discioglierà nel mio stomaco. quando hai un'infezione pare sia questa la procedura. poi, però, senti dentro qualcosa che assomiglia ad una preparazione di un temporale, ti vorresti sfogare, ci provi urlando ma nessun risultato. ho capito che il segreto sta nel saper piangere, anche per nessun motivo cosciente, infatti non c'entrrerebbe un beneamato piangere adesso, proprio adesso. "ciao che fai?" "beh vado a farmi un pianto", oppure "che si fa stasera?" "dai andiamo a svuotare insieme ed allegramente le nostre sacche delle lacrime, comunque esse si chiamino e soprattutto senza nessun motivo". il pianto è l'orgasmo dell' anima, è il momento in cui la si lascia con gli ultimi tre bottoni della camicia sbottonati, a mostrare il petto villoso e sguarnito, non più adorno di un crocifisso che quando si era piccoli forse era d'oro, ma era quasi sempre oro finto, pura rappresentazione di una educazione religiosa acquisita senza spirito critico perchè non lo si aveva ancora. in tutto questo le spracciglia sono fondamentali, sempre ben aggrottate a trattenere, e sopratutto guai se non sono ben spennacchiate e disegnate finemente! pare ci sia un'epidemia delle sopracciglia, povere ed indifese vengono saccheggiate dalle pinzette dell'estetista noncurante dello scempio che sta compiendo, con il consenso del povero sottoposto e per di più a pagamento. grazie a questi particolari che noto sulla maggioranza degli abitanti di sesso maschile, in età pubere, di questa landa, in cui la radio si sintonizza solo su due stazioni(ed una di queste è radio maria), risco a farmi grasse risate, fino a far sfogare le mie lacrime che scendono sorridendo tra i solchi profondi che si formano sul viso a causa del riso. alziamo i calici signori, il lecce è in serie A e non importa come, l'importante è il risultato.
venerdì 13 giugno 2008
l'insidia del nocciolo di oliva
dopo un blocco ti ritrovi mezzo sudaticcio, hai nello stomaco un sacco di roba e l'alcool deleterio del pranzo inizia a battere nelle tempie. caldo, molto caldo, ti attanaglia tutto il corpo, la ferita continua a grondare sangue prorpio quando pensavi che si fosse richiusa, tutta colpa di Yves! l'altro giorno chiedevo a mia sorella se le piace usare i punti esclamativi negli sms, mi ha detto di no, io ho confermato il suo no. ho avutio una sensazione strana nel battere sulla tastiera il punto esclamativo, quasi ad alzare la voce per farmi sentire. invece non ne ho nessuna voglia, sono stato vittima delle regole apprese nei primi anni di scuola. non ne ho nessuna voglia perché sto passando dei giorni placidi di tempo denso, niente foulards al collo ancora, poco stress, ma non perché le cose da fare non ci siano, semplicemente perché non mi va, semplicemente perché, qui, le stagioni hanno il tempo delle stagioni, come deve essere. persino l'arrivo di un temporale, annunciato dai boati di luce ed il fragore che ne segue da lantono, è rallentato, come diviene rallentata la mi a andatura in macchina, mentre con la testa girata su di un lato, sento qualcoisa dentro guardando le scosse e sentendo l'acqua doppia sbattere contro il parabrezza facendoe da sottofondo alla boheme. mi ritrovo ora con un dente nuovo di zecca nella bocca, è un sogno per la mia lingua indugiarci sopra, accarezzarlo meraviìgliandosi della differenza con l'abitudine.
l'altro giorno ho visto una casa in campagna mezza sgarrupata, sono salito al piano superiore, ne ho visitato il piuano inferiore apprezxzando la grandezza dei camini, ho notato un pozzo sommerso dalla vegetazione. mi hanno detto che lì' è stato trovatop lo0 scheletro di un amante di una donna che venne ucciso dal marito di questi. delitto d'onore la parola usata più e più volte. faccio appena in tempo ad uccidere la banale idea della casa degli spiriti, mi rittrovo in mano un impacco di carta di riso e canapa, aspiro guardando l'orizzonte formato dal tetto di uliveti che sio stendono a perdita d'occhio, il delitto d'onore di un tempo che fu, l'orizzonte invece è sempre là, che tu abbia o meno l'onore, è sufficiente respirare sé per poterlo aspprezzare e resapirandolo ciò che hai dentro cresce. circolo di pensieri interrotto, il telefono suona, la mia mente già pensa "continuate pure a fare quello che state facendo, io me ne voglio sapere niente(!)"
l'altro giorno ho visto una casa in campagna mezza sgarrupata, sono salito al piano superiore, ne ho visitato il piuano inferiore apprezxzando la grandezza dei camini, ho notato un pozzo sommerso dalla vegetazione. mi hanno detto che lì' è stato trovatop lo0 scheletro di un amante di una donna che venne ucciso dal marito di questi. delitto d'onore la parola usata più e più volte. faccio appena in tempo ad uccidere la banale idea della casa degli spiriti, mi rittrovo in mano un impacco di carta di riso e canapa, aspiro guardando l'orizzonte formato dal tetto di uliveti che sio stendono a perdita d'occhio, il delitto d'onore di un tempo che fu, l'orizzonte invece è sempre là, che tu abbia o meno l'onore, è sufficiente respirare sé per poterlo aspprezzare e resapirandolo ciò che hai dentro cresce. circolo di pensieri interrotto, il telefono suona, la mia mente già pensa "continuate pure a fare quello che state facendo, io me ne voglio sapere niente(!)"
domenica 18 maggio 2008
la martinella
in una giornata di constatazione del patrimonio, in giro per le proprietà, è facile che la mente spicchi il volo. MI hanno detto che le nostre unità di misura della suoperficie per i fondi agricoli risalgono al medioevo, quando gruppi di persone si riunivano per decidere quanto si dovesse indicare, in termini di lunghezza e larghezza, con una parola inventata. poi ho scoperto che le piante di alloro nelle case non sono un buon presagio ed allo stesso tempo che i boccioli della stutua di apollo e dafne del canova suonano, fischiano se colpiti da soffi d'aria. il sole ha continuato a splendere, la mente ha continuato a vagare in questi paesaggi ripetitivi ma mai uguali. provo ad immaginare questi posti nel passato, le immagini le elaboro in bianco e nero , forse per quell'odioso limite della nostra generazione abituata a pensare così perché limitata dalle immagini di uno schermo, o dai colori delle foto trovate nei cassetti o esposte nella casa dei nonni: chi prima poteva vedere le foto solo in bianco e nero magari immaginava comunque a colori il passato degli altri. mentre si scorre lungo gli ulivi e i vigneti, le filare sempre più dritte e parallele,
sorpassiamo lungo il ciglio di una strada troppo stretta un calesse con un cavallo vero ed a bordo un uomo grassotto che è il ritratto della salute con le gote rubizze ed il sorriso stampato sulla faccia. vago ancora con la mente ma vengo distratto, ci siamo fermati e si mima e ci si muove si recita parlando di ciò che potrebbe esserci dove non c'è e ciò che, con quello che c'è, non potrebbe farsi.
alberi di mandorlo non ancora pronti, ma già buoni: le mandorle quando non sono mature contengono, sotto il morbido e voluttuoso guscio verde e la tenera corrazza lignea, un frutto fatto di gelatina, fresca freschissima, credo anche ringiovanente e anche se me lo sto inventando adesso penso sia vero, semplicemente perché ci credo.
vi sono delle piante di fave, qua e là sparse senza alcun criterio, ma in questo periodo pare sia un pò troppo tardi, sono ingrassate e le fave ingrassate non hanno gusto, esempio di regola della natura che verbalmente si traduce con un poco nobile il troppo stroppia, e la natura è quanto di più nobile ci sia.
arrivo in fondo alla giornata troppo stanco, ho bisogno di riposare, mi stendo su di un non molto comodo divano tra le mura di stanze che trasudano antichità,lo si può vedere da una torcia a dinamo e dalle lire ordinatamente appese alla parete che che si ricongiunge con le altre in un soffitto a stella. già le stelle, nel giardino dei limoni vicino ad un camino di una camera che fu, e che ora non è più, degli amici mangiano e bevono, ridono e continuano ad immaginare. un bougan ville risplende di fucsia nella notte che diviene fonda.
venerdì 16 maggio 2008
uno spaccato
sono convinto di avere più charme quando ho la barba. ho capito che è la convinzione che conta. ero in fila alla cassa di quel crocevia di culture che si chiama lidl ed ho notato un uomo, dichiaratamente indossava un parrucchino di qualità discutibile, che gesticolava e si muoveva, sorrideva ed ammiccava ed in tutta la sua ridicolaggine, mentre contava fino al centesimo e ad alta voce con qualche inflessione vicina ad una lingua vagamente inglese gli spicci del conto, mi ha dato un sorriso interiore. nelle orecchie avevo una canzone di Dalla ed il momento è stato "toccante", la strofa era "il silenzio m'ingrossava la cappella ho fatto le scale tre alla volta mi son steso sul divano ho chiuso un poco gli occhi e con dolcezza è partita la mia mano.
lunedì 12 maggio 2008
rigato o meglio: a strisce orizzontali

scivolavo lungo la strada principale dopo aver litigato con lo stereo che non legge i dischi masterizzati, ho notato una coppietta che noto sovente in queste mie sortite cicliche e regolari, rilassanti e riposanti, in quel del mio paese. immediatamente mi si è fissato un sorriso sulla faccia, forse un pò dovuto ad altro a seguito di attraversamento dell'ennesima campagna fiorita, scorgendo queste figure lei rotondetta come un birillo che finisce con un fondo rotondo, lui mastodontico in tenuta aderente e pettinatura al millimetro, il tutto condito da andatura spaccascialla (significato intuibile perché parola onomatopeica). "a volte non sai ascoltare" mi è stato detto, ho dato ragione, forse è vero mi sono detto. il giorno dopo sono stato ad ascoltare ogni rumore, il fischio della macchina che causa gentili urla dei passanti "la cinghia!", il ronfare del cane, il silenzio a cui non sei più abituato. poi sono passato ad ascoltare le persone, forse alcune semplicemente sentirle, mi sono imposto di fare caso a quello che mi veniva detto da chiunque, con il pensiero ho schiaffeggiato più volte la mano della coscienza irrispettosa che ha cercato di abbandonarmi premendo il pulsante del pilota automatico di me stesso. ho continuato ad ascoltare, risultati altalenanti, ma ho concluso che alla fine non ne vale tanto la pena,un filtro serve sempre; capitano quelle giornate in cui si è fissati in qualco9sa, esse rimarranno solo delle giornate isolate e quelle fissazioni solo delle fissazioni di una giornata. oggi, mi viene da dire finalmente, è nuvolo, occorre rimettersi a lavoro, con tutto il suo corredo di caffé e concentrazione dovuta al "lo devo fare". un dubbio mi si sta presentando nella testa, mentre deglutisco ansiosamente con la voglia di testare lo stato di salute delle mie mucose esofagee, mentre con la punta delle dita tolgo dalle palbebre questa materia giallina che non ho mai capito come sia possibile che si formi, mentre penso a dei seni, mentre penso a mio nonno, mentre penso a dei disegni che ormai mi hanno deluso, al succo e polpa alla mela e alla fave ingrappate, al marrone ed al prosecco, alla mancanza, alla poco educata carne di montone, allo spreco ed alla vocazione, alle maestranze al denaro al sole al mare al cane a de andré, alla mono alla stupida emozione che mi ha preso ieri mentre passeggiavo con le mani occupate da un bicchiere ed una sigaretta, sbaglio oggi se ascolto me stesso?
lunedì 5 maggio 2008
I love you maryanna
oggi il sole viene e va, chissà quanti stamane lo hanno guardato, quanti hanno guardato la pioggia questa notte ovunque essa ci sia stata, e quanti hanno il privilegio di guardare lo smalto rosa- poco uniforme a causa dlla doccia- su delle mani esili e bianche che carezzano il tuo corpo. poi ho pensato a quanti guardandosi allo specchio hanno contratto i muscoli della faccia in quell'espressione che si fa quando ci si guarda in faccia sapendo di essere soli, o comunque non esposti al giudizio degli altri. pensieri sterili ed innocui che mi fanno riflettere che lui là, o io qua, o quell'altro ovunque egli sia, un giorno potrò essere io o viceversa, una linea trasversale ci attraversa a noi tutti su questa terra. molte frasi finiscono con uno scaramantico "non può mai dirsi", ma tutta il nostro impegno nel fare le cose, nel trovare la giusta dose di caffè ed acqua per ottenere una miscela che ci faccia schioccare la lingua dal gusto e dalla soddisfazione -questa vuole essere una metafora perché è chiaro che molti hanno la macchinetta con le cialde e nel caso del caffé non possono farci niente, viene fuori così e basta- è orientata e tende per natura a farci dire di qualcosa, a evitare il non può dirsi. converrete però, affezionati miei, se vi dico quanto è bella alcune volte l'incertezza, quanto è bella l'incertezza quand'anche nelle acque sicure e calme di un lago di emozioni, profondo e limpido che ti ci puoi specchiare dentro e, ancora una volta, fare piccole smorfie con la faccia che si raggrinza sotto le leggere onde di emozioni che increspano la superficie acquosa.
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