venerdì 5 febbraio 2010

la comunione

una domenica, come ogni domenica, aguinaldo almunya de araujo si recò ad ascoltare la funzione religiosa. era cattolico da sempre, possiamo dire che era stato l'unico caso di embrione battezzato al mondo, forse era stato battezzato anche prima di essere concepito, aldilà di qualunque problematica bioetica.

sul comodino affianco al letto del suo appartamento erano disposte in maniera ordinata, affianco all'abat-jour, la Bibbia usurata e la Harvard business review di novembre. lavorava nel back office di una banca, cercava di essere un buon cattolico ed un buon economista, aveva detto uscendo dalla chiesa ad una donna della sua stessa nazionalità.

Abelarda santos de la passion, cosi' si chiamava, costringeva i suoi piedi e le sue caviglie gonfie in un paio di scarpe che accennavano dei timidi tacchi e mostravano i costretti alluci verdi macchiati di smalto fucsia. i fianchi larghi iniziavano dove il grasso del tronco vi si posava arrotolandosi su se stesso, i capelli un pò arruffati, corti, la pelle rugosa. portava male i suoi anni, le macchiette micotiche sulle mani, gonfie anche loro, testimoniavano un lavorio costante di quegli arti.

mi occupo di pulizie in tutto il quartiere, aveva affermato ad aguinaldo almunya de araujo che, giovane e bello, ben profumato, la guardava con la nostalgia e la compassione con cui si guardano le donne che ti ricordano le figure femminili che ti hanno allevato sin da quando eri in fasce: i grossi seni, la temperatura corporea sotto i 36 gradi, gli avambracci uno più grosso dell'altro, un senso di femminilità che traspariva solo in certe espressioni di vergogna che si intravedevano dagli occhi, come qualcosa che risaliva fuori dall'acqua per prendere respiro ed evitare di affogare in quel mare di intraprendenza e praticità che la vita le aveva imposto.

abelarda gli faceva tornare in mente l'età delle prime comunioni, quell'avvicinarsi in fila davanti al sacerdote, la mano destra sotto e la sinistra sopra, a coppa, "amen" si doveva rispondere all'annuncio del prete sulla vera identità celata dietro al disco bianco. mettere in bocca l'ostia e tornare al proprio posto con espressione seria, perché così si doveva fare, mettersi in ginocchio e poggiare la fronte contro le mani giunte, gli occhi contratti nello sforzo del pentimento, in realtà non sapeva cosa si pensasse in quei momenti, non poteva a quell'età, cercava di imitare gli altri, soprattutto le donne anziane che avevano l'aria di sapere davvero cosa stessero facendo. in quei momenti lui non riusciva a pensare ad altro che a togliersi con la lingua l'ostia che si era incollata perfettamente al palato; alla fine si arrendeva, approfittava del momento in cui tutti guardavano dentro di loro per coprirsi la bocca con una mano e infilare l'indice dell'altra nella bocca e staccare l'ostia incollata sul palato. il tutto con espressione seria, intensa, da comunione.

più precisamente mi occupo di tenere pulite tutte le case delle donne che esercitano la professione più antica nel quartiere, aveva precisato con un certo tono di soddisfazione per le dimensioni della sua attività abelarda, facendo ritornare alla realtà aguinaldo che quasi sentiva ancora l'odore dell'incenso nelle narici e nelle orecchie il suono della campanella che annunciava il mistero della fede.

alla successiva domanda di un aguinaldo alla ricerca di dati più precisi, abelarda aveva risposto dettagliatamente che c'erano venti abitazioni, ma francamente non sapeva quante puttane. e per caso abelarda sapeva anche dirgli in quali palazzi si trovavano queste abitazioni che lei sicuramente teneva pulitissime? certamente che poteva, abelarda era una donna organizzata, toccava delle buone cifre mensili, cosa pensava?

una volta elencati i palazzi con l'ausilio dei nomi degli esercizi commerciali come punti di riferimento ed annesso spreco di vocali che accompagnavano le consonanti finali delle parole, aguinaldo capì che nel suo palazzo vi erano due abitazioni usate per accoppiamenti a pagamento, una delle due era esattamente al piano di sopra dal suo, ancora più esattamente sopra il suo appartamento.

la notizia lo inquietò. un certo tipo di pensieri incominciarono a farsi strada nella sua mente, fra il rosario della mattina e l'ingresso in ufficio, e poi, soprattutto, durante il tragitto di ritorno, dall'ufficio a casa. l'idea di poter incontrare la donna dell'appartamento di sopra lo metteva in agitazione.

dopo qualche settimana di esitazioni ed origliamenti, decise fermamente di andare a chiedere del sale alla donna di sopra, voleva vederla. era sera, poco prima di cena. montò le scale facendo i gradini tre alla volta ed arrivò innanzi alla porta. dall'altro lato giungevano dei suoni, dei gemiti che volevano essere di piacere, veri o finti poco importava.

aguinaldo si pietrificò, il pugno a pochi millimetri dalla porta, senza bussare, la bocca semi aperta e secca, le pulsazioni che acceleravano e qualcosa che si gonfiava nei pantaloni.

il desiderio si affacciò prorompente nel suo corpo. si sarebbe dato un'ora e mezzo e sarebbe ritornato su; per il sale non faceva niente, la scatola a casa era piena. e come l'avrebbe messa con dio, la bibbia, il peccato, la comunione, l'economia, la madonna e tutto il resto? forse, e lo pensò davvero, vergognandosi un pò, non faceva niente, dopotutto anche di loro ne aveva le scatole piene e, per concludere degnamente il suo ragionamento, si disse quella frase che mette a tacere ogni tipo di coscienza, anche la più restia ai compromessi, "solo una volta, solo per questa volta, poi non lo rifarò più".

2 commenti:

paglia' ha detto...

questi due racconti mi ricordano tanto la poetica del fanciullino del caro pascoli...isn't it....ahah

chiara ha detto...

sembra di sentirla abelarda che elenca i nomi dei palazzi con annesso spreco di vocali che accompagnano le consonanti finali delle parole!bella la riflessione su che cosa bisogna pensare subito dopo la comunione...è capitato anche a me di scrutare le vecchiette provando ad immaginarlo!;)